Davanti alla chai house scorreva velocissimo un fiume ingrossato dalla pioggia di quella notte. Arrivava direttamente dalle montagne che avevo di fronte, un muro verde scuro impenetrabile. L’aria odorava a terra bagnata. Un cane magrissimo traverso’ la strada e si avvio’ verso il fiume. In cielo zero nuvole. In definitiva era una bella giornata.La strada saliva seguendo il fiume, a volte l’avevamo a destra a volte a sinistra e ogni tanto mi fermavo a fare un giro nel bosco per respirare l’aria bagnata. Speravo di vedere gli orsi bruni, ai quali mi avevano detto di stare attento, invece vidi solo capre di montagna con delle corna formidabili e anche in branchi numerosi. Arrivati in cima trovammo un altopiano dagli orizzonti lontanissimi davanti a noi. Il paesaggio diventava una savana con pozze di acqua piovana sparse qua e la’ con cespugli verdi ed erbe alte e la strada diventava progressivamente sempre piu’ un fondo di torrente circondato da colline verdeggianti. Andavamo piano cercando di evitare le buche piu’ profonde e le pietre piu’ grandi. Dopo qualche ora il verde era scomparso ed aveva lasciato il posto ad un paesaggio arido e deserto. Decidemmo passare la notte sull’altipiano, a meta’ fra il verde e il deserto. Montammo la tenda accanto ad un ruscello e lavai e disinfettai la frutta nella bacinella che avevo comprato in Turchia e dalla quale presto mi sarei separato. Avevamo pane e formaggio e uova sode per cena. Mi misi subito a cercare legna per fare un fuoco, la notte sarebbe stata fredda a 1500 metri.Dire che fu una notte stellata e’ dire poco.Rimasi sdraiato a terra guardando costellazioni e galassie che apparivano vicinissime finche’ cominciai a congelare e fu tempo di accendere il fuoco che basto’ a scaldarci prima di infilarsi nei sacchi a pelo.Fummo svegliati dalle trombe di un camion. Attraverso la finestrina della tenda vidi un camion rosso carico di uomini. Appena fuori tutti cominciarono a gridare e salutare e sbracciarsi e ridere per poi ripartire a gran velocita’. Gente strana ma simpatica. Fu l’unico mezzo che vedemmo durante tutta la traversata delle montagne.Finalmente nel pomeriggio la strada comincio’ a scendere e arrivammo in un paese, color del deserto con una mini moschea dalle maioliche turchesi. A parte il colore delle macchine (poche) e camion, il turchese delle moschee era l’unico colore che si vedeva in giro.La strada era migliorata ma guidare fra buche e sassi mi aveva stressato, il paese era carino e decidemmo di passarci la notte. Nel pomeriggio andai a visitare la moschea. All’ombra di uno degli archi del cortile centrale si teneva una lezione di Corano. Il maestro col turbante era seduto su uno sgabello con in mano il Corano, e una masnada di ragazzini erano seduti per terra e ripetevano ciò che il maestro diceva.” Hallah hu Akbar…Dio e’ il piu’ grande…” e i bambini ripetevano e cosi’ via. Erano carini, facevano tenerezza e a parte i loro gridolini c’era un gran silenzio.Fare benzina in Iran presenta un paio di difficolta’. Primo bisogna imparare i numeri arabi per non farsi fregare sul costo, secondo, e in certi casi piu’ difficile, bisogna trovare un benzinaio. Fu cosi’ la mattina dopo e per ottenere un po’ di benzina dovetti convincere il padrone dell’albergo di vendermene della sua. Infatti lui, previdente, aveva una riserva da parte ma non voleva separarsene. Alla fine ottenni una decina di litri pagati il doppio con i quali la 2CV avrebbe potuto fare il giro del mondo…A Shirvan ci fermammo a mangiare kebab e yogurt davanti alla solita platea di ragazzini straccioni e curiosi. Sulla piazzetta passavano donne coperte di nero a passo veloce. Le donne sembrava avessero sempre fretta mentre gli uomini sonnecchiavano fumando le loro pipe ad acqua. Il ragazzo del ristorante era simpatico, vestiva jeans e maglietta e cercava di farsi capire con un inglese minimo e molto linguaggio a gesti. Il linguaggio a gesti e’ una lingua internazionale, funziona ovunque.Anni fa stavo viaggiavo in Arizona con una coppia di sordomuti italiani. Ci fermammo in una rest area vicino Yuma e accanto al distributore di Coco Cola c’era una coppia di sordomuti americani. Subito li misi in contatto e cominciarono una lunga conversazione a gesti. Mi chiedevo come potevano capirsi. In fondo una coppia gesticolava in inglese e l’altra in italiano. Ma non era cosi’, si capivano benissimo.Molta gente durante i miei viaggia mi ha chiesti di dove venissi. Essere italiano sempre ha risvegliato curiosita’ e quasi sempre i miei interlocutori hanno qualcosa da dire. Sulla cucina per esempio “ spaghetti e pizza non ce li leva nessuno. La musica, tutti conoscono Volare oppure O sole mio, lo sport gli “azzurri”. Ma il ragazzo del ristorante mi guardo’ ridendo e disse “Italiano Mafia”. Ecco, pensai, di cosa siamo famosi…
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