Mi sveglio’ l’odore della carbonella accesa. Sulla spiaggia c’era una discreta attivita’, gli uomini stavano preparando i samovar e le donne riordinavano tende e tappeti. Prima di partire andai a salutare Arkady alle prese col suo samovar. C’era anche la bella figlia quindicenne che in perfetto inglese mi tradusse i consigli che il padre mi stava dando sulla strada da prendere.In pratica dovevo restare sulla costa fino al Golfo di Gorgan e poi passare le montagne di Alborz, la catena che corre lungo la curva sud del Mar Caspio e che lo separa dal resto dell’altipiano Iraniano. Il dislivello da superare era circa 1500 metri. Dovevo stare solo attento a Gorgan di non sbagliare strada perche’ rischiavo di arrivare al confine con l’Unione Sovietica e potevo aver problemi con i militari. In tutto poco piu’ di 900 chilometri per arrivare a Mashad. Calcolai un paio di giorni ma divennero quattro.Intanto il te’ era pronto e chiesi alla ragazza come mai parlasse cosi’ bene l’inglese. Studiava alla American High School a Teheran dove si parlava solo inglese. A quei tempi la presenza degli americani in Iran era notevole. Arkady voleva mandarla in una Universita’ in America e magari rimanerci a lavorare, continuando cosi’ l’emigrazione di un popolo senza terra. Fortunatamente oggigiorno esiste, anche se piccolo, lo Stato Armeno ma cinquanta anni fa era ancora territorio sovietico. Le augurai buona fortuna, spero che gliela abbia fatta e che le sia andata bene e chissà ora vive a New York ed e’ una mia vicina di casa…Viaggiare lungo il mare era rilassante. Passammo tutti i paesini della costa spesso lasciando la strada principale e percorrendo strade laterali sterrate e malandate. Fino ad arrivare al Golfo di Gorgan dove ci fermammo a salutare il mare, non lo avremmo rivisto per parecchio tempo. Mentre ero distratto in contemplazione dell’immenso alle mie spalle le montagne che progettavo attraversare si erano coperte di nuvole nere.La strada era ancora pianeggiante e potevo andare a una discreta velocità ma qualcosa non quadrava: le montagne. Invece di averle alla mia destra le avevo alle spalle e prima di capire che avevo sbagliato strada finii dritto davanti a un posto di blocco militare. La frontiera era a due passi e davanti a me vedevo una gran quantita’ di carri armati ed altri attrezzi militari, tutti in fila a perdita d’occhio.Cominciai a fare manovra per tornare indietro. Errore. Un gruppo di militari arrivo’ di corsa armati di mitra gridando cose incomprensibili. Fermi tutti! Controllo passaporti, occhiate sospettose nella 2CV, impossibile comunicare, abusi di potere, i passaporti finirono in tasca a uno di loro. Ci sedemmo sul ciglio della strada aspettando che decidessero che fare. Ad un certo punto uno parti’ in motocicletta, qualcosa si stava smuovendo.Dopo un’ora la moto ritorno’ con un passeggero. Quando scese gli altri si misero sull’attenti. Era arrivato il Gran Capo, ci guardo’ e disse: “Good morning”. Subito si fece dare i nostri passaporti a cui diede un’occhiata superficiale e comincio’ con le solite domande cercando di fare conversazione in inglese. Finalmente ci ridiede i passaporti. La storia era che avevo preso il bivio sbagliato ed eravamo capitati nel mezzo di una zona calda sorvegliata notte e giorno. Dall’altra parte del confine, non potevamo vederli ma c’erano file di carri armati sovietici a difendere la loro parte di zona calda, ma in realta’ era la guerra fredda. Fra una cosa e l’altra avevamo perso tre ore. Tornando indietro vidi che le nuvole nere erano avanzate e che presto il cielo si sarebbe coperto totalmente.Comincio’ a piovere. All’inizio qualche goccia ma presto divenne un temporale, le montagne erano completamente coperte ed era chiaro che la cosa sarebbe andata avanti un bel po’.La 2CV era una gran macchina ma i tergicristalli hanno sempre fatto schifo. La mia non era da meno e con quella pioggia si comportava malissimo. Ci fermammo in un paesino alla base delle montagne, la strada era diventata un torrente e i buchi di ruggine nella carrozzeria che erano stati un problema per la sabbia del deserto ora lo erano per l’acqua che veniva dalle montagne. Yin e Yang, pensai.Trovammo una chai house lungo la strada dove potevamo mangiare e dormire e li’ parcheggiai la 2CV.Piovve tutta la notte senza pausa. All’alba, le nuvole si trasferirono sul mare lasciando le montagne pulite e brillanti. La chai house era gia’ animata, gente seduta sui tappeti stava bevendo il te e mangiando naan e yogurt con frutta. Alcuni riso e carne. Dalla radio veniva della musica ogni tanto interrotta da una voce pesante e seria stile religioso. Cominciava a mancarmi Bob Dylan.
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