36 – VIAGGIO IN AFGHANISTAN Trentaseiesima puntata

La mattina seguente nel giardino del Band-e Amir c’erano tre tipi che non quadravano con la fauna locale, puliti e stirati, con i capelli corti, uno di loro aveva in testa un cappello da baseball dei Red Sox di Boston e gli occhiali da sole. Stavano parlando con un paio di ragazzi e uno di loro scattava fotografie senza guardare nel mirino ma semplicemente puntando la macchina fotografica qua e la’.Dissero di essere dei Peace Corps, una organizzazione di volontariato fondata da John Kennedy di aiuti per il terzo mondo che pero’ con il tempo era stata accusata di essere parte della CIA e di aver partecipato a nefandezze come la sterilizzazione delle donne indigene in Peru’ e Bolivia. Non so quanto di vero ci fosse in quelle notizie, ma per me quei tre potevano benissimo essere agenti della narcotici americana. L’improvvisa crescita del mercato di eroina e la numerosa presenza di americani a Kabul sicuramente non era passata inosservata all’ambasciata USA. Non che il problema non fosse mai esistito, gia’ dal ’66 erano arrivati i primi junkies, e da allora diversi ci avrebbero anche lasciato le penne come Billy Batman di San Francisco, uno dei fondatori del gruppo dei Diggers, che dopo essersi iniettato eroina si mise a pulire una pistola di quelle afghane e accidentalmente si sparo’ un colpo ferendosi ma era troppo fatto per reagire e fini’ per morire dissanguato. Cosi’ lo ricorda il poeta Beat Ira Cohen:“And Billy Batman, who made the best hash in the world,he dropped a loaded pistol in Kabul, shot himself in the balls,took some heroin and lay down to die.”A Kabul c’era il cimitero degli stranieri che alcuni chiamavano il cimitero hippie. La lista degli ospiti era lunga ma non tutti furono vittime dell’eroina, alcuni morirono in circostanze misteriose, uccisi dai banditi o incappati in incidenti stradali inverosimili attraversando il Khyber o il Salang Pass ma c’era anche una fossa comune per molti soldati inglesi uccisi durante le varie guerre Anglo-Afghane-Russe.AT ci aspettava in piscina bevendo una birra seduto sotto un ombrellino. Se non fosse stato per l’anello da pirata all’orecchio sinistro anche lui sembrava un agente della narcotici: capelli corti, occhiali RayBan, camicia bianca. A quel punto anche i tre americani dei Peace Corps potevano essere trafficanti. A Kabul le realta’ si sovrapponevano. Ordinammo una birra anche noi e gli raccontai dei tre tipi del Peace Corps. Non commento’, disse solo che lui sarebbe partito il giorno dopo per Kandahar e da li’ avrebbe continuato per Karachi.Quando arrivammo a Paghman le valige non erano pronte. Lasciammo AT discutere con i suoi soci e andammo a fare un giro del posto.Gli americani avevano scelto un bella casa fra gli alberi vicino ad un ruscello, con un giardino dove avevano appeso delle amache.Non so in quanti ci vivessero ma la casa era grande, una delle ville costruite verso il 1930, anni in cui Paghman era il luogo di vacanze dell’aristocrazia e alta borghesia di Kabul. Lo stile in generale era europeo anglo/franco/italiano. Questo perche’ il regnante dell’epoca, Re Amanullah, dopo un viaggio in Europa volle cambiare e “modernizzare” lo stile di vita degli afghani, costrui’ un palazzo a Paghman in stile europeo e trasformo’ la cittadina nella sua residenza. Cambio’ anche il modo di vestire e impose la moda europea inimicandosi i Pashtun religiosi conservatori e i commercianti dei Bazar. Cerco’ allora di reprimere violentemente la protesta ma alla fine fu destituito, salvo’ la testa per miracolo e fini’ in esilio, prima a Roma dove si alleo’ ai fascisti/nazisti dell’asse sperando di riprendersi cosi’ il trono di Kabul, anche se l’Afghanistan fu un paese neutrale, ma questo non successe comunque. Fini’ per stabilirsi a Zurigo dove passo’ il resto della sua vita.Il segno del suo passaggio pero’ era rimasto e c’era persino un parco con una ridicola copia dell’Arco di Trionfo di Parigi e qualche colonna del Foro Romano (copie). Il paese era attraversato dal Paghman River dal quale uscivano ruscelli che si propagavano per la valle rendendola verdissima, ma appena sopra il livello degli alberi le montagne erano brulle, pietrose e del solito color ocra. Piu’ in alto ancora c’erano le cime del Hindu Kush. Eravamo in una valle profondissima anche se a quasi 2000 metri di altitudine.Rientrando verso la casa passammo per una stradina fra gli alberi e il ruscello e camminando sentivamo avvicinarsi una musica di tamburi e clarinetti. Finalmente passata una curva apparve una piccola folla di gente. Davanti a tutti c’erano quelli che sembravano gli sposi, dietro venivano i musicisti e poi tutti i parenti ed amici. I musicisti ballavano intorno agli sposi in modo scherzoso e tutti sembrano divertirsi un bel po’. La sposa, giovanissima forse sedicenne, era vestita di bianco e verde e decorata con anelli e collane, anche lo sposo, vestito alla pakistana, era piuttosto giovane. Il resto delle donne erano vestite di tutti i colori truccate e tatuate, di tutte le eta’ e tutti camminavano al ritmo della musica. Il gruppo si fermo’ davanti a noi e i musicisti cominciarono a ballarci intorno suonando e gesticolando, la gente batteva le mani al ritmo, anche gli sposi. Cominciammo a battere le mani anche noi e questo duro’ una decina di minuti dopo di che continuarono per la loro strada. Erano Tajiks, che dopo i Pashtun era il gruppo etnico piu’ numeroso e forse il piu’ benestante in Afghanistan.Quell’incontro ci mise di buon umore ma quando arrivammo alla villa l’umore generale non era un gran che. Il materiale che stavano aspettando era appena arrivato e avrebbero dovuto lavorare tutta la notte per preparare le due Samsonite. Decidemmo di passare la notte li’.La cosa positiva fu che gli americani avevano buona musica, The Band, i Mamas and the Papas, Bob Dylan, i Rolling , i Lovin’ Spoonfull…Una delle ragazze stava finendo di ricamare una giacca jeans e la scritta psichedelica sulla schiena diceva “Kabul Kamel”…pensai che era un buon titolo se mai avessi deciso di scrivere qualcosa su quelle giornate.

  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0

I miei articoli

BREVE STORIA DEL PRIMO MAGGIO

    La Giornata internazionale dei lavoratori viene commemorata ogni 1 Maggio dalla sua istituzione nel 1889 dal Congresso Socialista dei Lavoratori della Seconda Internazionale.  Le

continua a leggere »

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

The maximum upload file size: 2 MB. You can upload: image, audio, video, document, spreadsheet, interactive, text, archive, code, other. Links to YouTube, Facebook, Twitter and other services inserted in the comment text will be automatically embedded.