Tornando all’hotel mi fermai alla Moschea Blu. C’era un parco con una fontana da cui si vedeva la Moschea. C’erano bande di ragazzini che giocavano e qualche cane che dormiva. Passavano uomini, sempre serissimi, impassibili, fumando con gli amici, tutti rigorosamente vestiti di nero. Passavano donne vestite con soprabiti leggeri lunghi fino alle caviglie molto austere e con i visi avvolti nei foulard colorati. Non proprio la donna classica islamica che si copre completamente, o quasi dipende dal paese, ma una donna piu’ occidentale.Il padre della patria turca, Ataturk, fu un generale dell’Impero Ottomano fino al suo sfacelo dopo la prima guerra mondiale. Alla fine della guerra riusci’ a formare la Repubblica Turca, e ne divenne il primo presidente. Era un rivoluzionario nazionalista, elimino’ l’alfabeto ottomano per l’alfabeto latino adattato al turco, si baso’ sulle costituzioni dei paesi europei per la nuova costituzione turca, e riconobbe i diritti civili e politici delle donne e anche il diritto di voto prima di molti paesi occidentali. Per questo le donne di Istambul apparivano piu’ occidentali ed emancipate, almeno esteriormente, delle donne di altri paesi islamici. Ma questa era Istambul, una grande citta’ cosmopolita con millenni di storia.In fondo al parco c’era la Moschea con tutte le cupole una sull’altra come bolle di sapone e i sei minareti altissimi. Il richiamo dell’architettura Islamica e’ potente. Nelle moschee sei solo con il tuo spirito, non ci sono immagini di santi che ti distraggono. Le moschee sono vuote e subito si ha la sensazione dello spazio e le decorazioni sono intricate ed astratte per farti perdere il senso della realta’.Una fila di carcerati incatenati fra di loro che venivano portati in galera attraverso’ il parco.In testa alla fila c’era un poliziotto e in fondo un altro con un fucile . I galeotti avevano l’uniforme grigia ed erano di tutte le eta’. Scene di questo tipo erano comuni a Istambul e non meravigliavano nessuno, i ragazzini continuavano a giocare, i cani a dormire e gli uomini facevano come se non avessero visto nulla. Chissa’ una donna si sarebbe potuta girare per pena perche’ i galeotti erano in uno stato pietoso. Pensai che finire in galera in Turchia doveva essere orribile. Tutte le prigioni lo sono, ma in Turchia di piu’.Per comprare del fumo pensavo chiedere in giro intorno al Pudding Shop e qualcosa si sarebbe trovato. A questo punto la mia memoria ha un vuoto e nella prossima scena mi trovo in un vicolo dietro al Pudding Shop contrattando con un turco che non ricordo come ho conosciuto, sul prezzo del fumo. Lui mi chiede quanto ne voglio, 30$. Lui dice di dargli i soldi e aspettarlo al Pudding Shop. No, allora niente, dico io… ci pensa poi dice: OK andiamo.Ci incamminammo verso il Sultan Ahmed e quando arrivammo al viale fermo’ un taxi , disse qualcosa in turco all’autista che parti’ a tutta velocita’. Passammo la Moschea Blu, Santa Sofia, il Topkapi e si mise sul Galata Bridge. Comiciai a pensare di aver commesso una follia, dove stavo andando? Chi era questo tipo? In una citta’ come Istambul…Ma chi me lo ha fatto fare? Finirai come quelli di stamattina..Il taxi si fermo’. Eravamo arrivati. Il tipo disse al taxista di aspettare ed entrammo in un edificio. Il quartiere aveva conosciuto tempi migliori, gli edifici primi 900 erano belli ma decrepiti e mal trattati. Come in un film le scale erano illuminate malissimo e facemmo diversi piani. Ad una porta il mio amico turco si fermo’ e busso’.Apri’ un uomo magrissimo e violaceo con occhi di chi non dorme mai. Fra i denti stringeva un bocchino di spuma bianca in cui fumava un pezzo di hashish . Socchiuse gli occhi e guardo’ prima me e poi il turco e ci fu un attimo di tensione. Cominciarono a discutere. Mi immaginavo cosa stessero dicendo, il tipo chiedeva chi fossi io, l’altro gli diceva che volevo comprare, il tipo diceva “ Te l’ho detto che devi venire da solo!” Eccetera eccetera discorsi di dealers… Alla fine ci fece entrare. A quel punto il turco mi chiese i soldi. Il padrone di casa mi fece entrare in una stanza illuminata da una lampadina che pendeva dal soffitto, mi indico’ un divano esparirono. Davanti a me c’ere un lettino con una donna sdraiata immobile, non dico morta ma quasi. Alla parete uno di quei tappeti decorativi di finta seta brillanti, che si vedono dappertutto da Istambul in poi, a colori assurdi rappresentava un cervo ferito con le frecce ficcate nella coscia, in lontananza si vedeva la Mecca e nel cielo rosa una scritta in verde che probabilmente era il nome di dio. La donna non si muoveva ma ogni tanto faceva dei sospiri. In generale era un posto abbastanza deprimente. Pensai che quello era un posto non solamente dove comprare hashish ma anche eroina e in caso anche farsela li’. Forse anche fumare un po’ d’oppio.Il turco ritorno’ sorridente e mi diede cinque pacchetti in carta trasparente uguali ben confezionati di circa tre centimetri per sei e spessi un paio di millimetri. Ne aprii uno e fumai un pezzettino nella mia nuova pipa . Andava bene. Affare fatto, tutti soddisfatti ci potevamo rilassare.Il taxi era ancora ad aspettare. Il mio amico turco non torno’ con me. Ci salutammo e il taxi parti’. Finalmente solo. A quel punto mi accomodai nel sedile, chiesi all’autista di accendere la radio e mi misi a ridere ripensando a tutto quello che era successo. Andavamo in discesa verso il Galata Bridge, la musica era turca e il taxi era un tappeto volante…
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Paolo: Alessandra Vassallo ho scoperto di avere buona memoria ed ho montagne di appunti presi nel tempo
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