16 – VIAGGIO IN AFGHANISTAN Sedicesima puntata

La mattina prima della partenza fummo visitati dai nostri amici ed altre donne che venivano a salutarci. Ci avevano portato un pezzo di formaggio e del pane cosi’ non avremmo patito la fame in Iran. Dopo i saluti, ma non baci e abbracci che non si usava da quelle parti, misi in moto la 2CV e lentamente ci allontanammo. Viaggiammo con il monte Ararat alla nostra sinistra per un po’ di chilometri. Si vedevano in lontananza file e file di mezzi militari parcheggiati lungo quello che era il confine con l’Unione Sovietica. In un’ora eravamo alla frontiera con l’Iran. I Turchi ci guardarono appena ma con gli Iraniani fu un’altra storia. Il controllo della macchina fu accurato. Cercarono persino sotto i sedili… L’hashish comprato ad Istambul era finito quindinon avevamo nulla da da temere. Davanti a noi c’era un pulmino Volkswagen pieno di hippies che andavano in India. I doganieri li fecero entrare in quello che sembrava l’ufficio passaporti e cominciarono a scaricare i loro bagagli dal tetto del pulmino. L’attesa per noi si feceva seria.Entrammo e ci sedemmo su una panca ad aspettare il nostro turno. Di fronte a me era appesa una impressionante gigantografia dello Shah a grandezza naturale che lo ritraeva in piedi sulla cima di una montagna, dietro di lui il cielo infinito con qualche nuvoletta. Lo Shah era in alta divisa, completo di scimitarra e medaglie su tutto il petto. Tendeva il braccio destro verso di me in segno di paterno affetto. “Figlio di puttana”, pensi.Reza Pahlavi veniva da una stirpe di despoti che aveva venduto le risorse petrolifere, le uniche risorse del paese, sin dal 1913 agli inglesi. In quel momento era al potere grazie ad un colpo di stato organizzato dagli inglesi con l’aiuto degli americani.Ci fu un momento cui l’Iran ebbe la possibilita’ di diventare uno stato laico e democratico con Mosaddegh. Lui era un politico nazionalista di sinistra ed era stato eletto primo ministro nel 1951 con stragrande maggioranza di voti al parlamento. La prima cosa che fece, oltre ad organizzare la assicurazione sociale e la distribuzione delle terre, si oppose allo Shah e nazionalizzo’ il petrolio togliendolo dalle mani degli inglesi. Fu un errore. Lo Shah se ne ando’ a vivere all’estero e Mosaddegh comincio’ a riformare il paese. Il suo governo duro’ solo tre anni, nel ’53 gli inglesi e gli americani rimisero sul trono Reza Pahlavi con un colpo di stato organizzato dalla CIA americana e l’M16 inglese. Reza fece subito arrestare Mosaddegh e lo tenne in prigione per tre anni e poi il resto della sua vita agli arresti domiciliari. Fondo’ la SAVAK, polizia segreta che si dedico’ sistematicamente a reprimere, arrestare, torturare e far sparire gli oppositori del regime fra cui la sinistra e gli islamisti. Quello era il paese in cui stavo entrando e dal quale contavo di uscire in pochi giorni.Uno degli hippies non aveva il visto e la discussione fra lui e il doganiere era intensa e insistente, alla fine lo fecero sedere da una parte e si dimenticarono di lui dedicandosi ad altri viaggiatori. Lasciammo la dogana un’ora dopo in direzione Tabriz e lui era ancora seduto li’.Ci fermammo a bere un te’ a Maku, un paese subito dopo la frontiera. La differenza con la Turchia era gia’ evidente. Non piu’ alfabeto romano, non piu’ vestiti occidentali e colorati, non piu’ facce aperte e franche come le donne curde di Dogubayazit, ma neri veli che partivano dalla testa e finivano ai piedi lasciando solo un triangolo di viso all’altezza degli occhi. Quello era l’Islam e facevo bene ad abituarmici. Maku era uno sputo di posto, in mezzo al nulla, polveroso ed arido. Ci sedemmo a prendere un te’ sulla piazzetta della moschea. In mezzo c’era un giardinetto senza piante ed una fontana senz’acqua con delle statuette di plastica colorata che si stavano sbiadendo al sole. Dormendo lungo la fontanella c’erano i soliti cani scheletrici. Nell’Islam i cani non appartengono a nessuno e vengono ignorati. Un giardinetto probabilmente costruito per propaganda politica e poi abbandonato. Bevendo il te’ studiavo la mappa e calcolavo i chilometri. In un paio di giorni potevo essere a Teheran e in altri due o tre giorni ad Herat, in Afghanistan. Il nostro tavolo era stato circondato da una miriade di ragazzini scalzi e impolverati che chiedevano bahsis, la mancia. La regola e’ ferrea ed e’ meglio non infrangerla: se non puoi dare il bahsis a tutti non darlo a nessuno. Fu impossibile toglierceli di torno, cosi’ decidemmo di tirare dritti fino a Tabriz.Arrivammo verso il tramonto, scendendo dalle montagne si vedevano le luci della citta’ e decisi di cercare un albergo fuori citta’ e partire il mattino seguente per Teheran senza perdere tempo. Seguii un cartello che diceva “Turist Hotel”, la strada sterrata si dirigeva verso una collina e li’, in mezzo al verde, c’era una specie di villaggio turistico composto da una decina di casette gialle. All’entrata c’era l’ufficio del check in e con nostra sorpresa c’era una giovane donna senza veli ma curata e truccata e anche molto carina. Lei era inglese e l’Hotel era suo e di suo marito iraniano e lo avevano aperto da pochi mesi. Non finiva di farci domande e si vedeva che aveva una gran voglia di fare conversazione con qualcuno. Dissi che saremmo rimasti solo una notte e che saremmo ripartiti presto la mattina seguente. Con le chiavi della nostra casetta tornammo alla 2CV la quale decise di non mettersi in moto. Calma e sangue freddo mi dissi mentre aprivo il cofano per dare un’occhiata con la poca luce che rimaneva del giorno. Non ci volle molto a vedere cosa non andava, si era rotto l’alternatore. Maledetto!Un cilindro nero di bachelite che si era spaccato a meta’. Non avevo bene idea delle conseguenze ma speravo che a Tabriz ci fosse un meccanico che potesse aggiustarlo…La nostra partenza il giorno seguente era in discussione. Spingemmo la 2CV davanti alla nostra casetta, ci facemmo una doccia fredda e andammo a fare conversazione con i padroni dell’hotel, chissa’ forse conoscevano un meccanico.

  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0

I miei articoli

BREVE STORIA DEL PRIMO MAGGIO

    La Giornata internazionale dei lavoratori viene commemorata ogni 1 Maggio dalla sua istituzione nel 1889 dal Congresso Socialista dei Lavoratori della Seconda Internazionale.  Le

continua a leggere »

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

The maximum upload file size: 2 MB. You can upload: image, audio, video, document, spreadsheet, interactive, text, archive, code, other. Links to YouTube, Facebook, Twitter and other services inserted in the comment text will be automatically embedded.