14 – VIAGGIO IN AFGHANISTAN Quattordicesima puntata

L’impiegato del Consolato guardo’ le foto e disse: Tornate domani. Applicando la regola dell’azione inversa dissi che il visto lo volevo subito. Impossibile fu la replica. Risposi che avrei pagato per l’urgenza. Parole magiche perche’ in poco tempo eravamo fuori con i visti. Partimmo comunque troppo tardi per pensare di arrivare a Bazargan il giorno stesso. Quello era un altipiano senza fine, o meglio alla fine c’erano montagne che sembrava fossero lontanissime. Ore senza incontrare nessuno. Arrivammo a Dogubayazit verso le cinque e decidemmo passare la notte li’. Niente hotel, montammo la tenda in un boschetto di pioppi traversato da un ruscello appena fuori il paese cosi’ l’indomani mattina, senza perdere tempo, saremmo partiti presto per arrivare almeno a Tabriz. I nostri movimenti non passarono inosservati ma non successe nulla e la notte passo’ tranquilla. La mattina andammo a lavarci al ruscello e al ritorno trovammo un gruppo di donne con ragazzini di tutte le eta’ che ci aspettava. Le donne erano vestite a colori forti con le stoffe stampate a fiori, portavano i calzoni sotto le gonne e con grandi fazzoletti sulla testa. Ci avevano portato in regalo pane, yogurt, formaggio e qualche frutta. Ci sedemmo a fare colazione circondati dai bambini che ci guardavano sbalorditi e le madri che ci sorridevano, una aveva fatto lo yogurt un’altra il pane e un’altra il formaggio. Una dimostrazione di ospitalita’ e calore umano che non avevamo riscontrato negli ultimi tempi e che riscaldava lo spirito prima di mettersi in viaggio. Si fece conversazione, se cosi’ si puo’ dire, a segni e mugolii. Erano tutte curde, tutto il paese era curdo ma non e’ sempre stato cosi’. In realta’ quelle terre in origine facevano parte dell’Armenia, poi passarono di mano in mano ai Persiani, ai Bizantini, ai Mongoli, i Russi e i Turchi anche qui di guerra in guerra. Gli Armeni, un altro popolo maltrattato dalla storia, aveva abbandonato il paese alla fine della guerra Russo-Turca verso la fine dell’800 per ritirarsi al Nord e all’Est. I Curdi arrivarono negli anni 30 e subito ci furono problemi con il governo turco che occupo’ e rase al suolo il paese durante la Ribellione dell’Ararat. Dogubayazit fu poi ricostruita piu’ a valle dell’originale.Era ora di partire ma le nostre amiche non erano d’accordo. Avevano gia’ in mente un programma che pero’ non includeva me ma YS, la mia compagna di viaggio. Se la portarono via e mi lasciarono solo con la 2CV.Mentre decidevo cosa fare arrivo’ Mahmud, un ragazzino di 12/13 anni che era venuto con le donne. Mi propose di andare a vedere una costruzione bellissima sulla montagna cosi’ montammo in macchina e partimmo. La strada di terra e sassi si faceva subito in salita, dovevamo essere sui 2000 metri, la vegetazione era scomparsa e intorno c’erano solo rocce rosse di ferro e gialle di zolfo. Viaggiammo per quasi un’ora prima di arrivare in cima alla montagna passando rovine di antiche costruzioni. Alla fine fermai la 2CV in un ampio spazio davanti a quelle che sembravano le rovine di un palazzo sontuoso di cui rimaneva solo una parte. La Moschea ed il minareto erano ancora in piedi ed anche una parte delle mura che davano un aspetto di fortezza al tutto. In posizione di dominio dell’altipiano sottostante la vista spaziava per centinaia di chilometri. Il monte Ararat era vicinissimo e pieno di neve giusto dall’altra parte c’era l’Unione Sovietica. Fortunatamente stavamo vivendo uno dei pochi momenti di pace nella storia. Mahmud si rivelo’ essere una guida eccellente. Il palazzo era in via di restauro, diciamo per dire, ossia c’erano tre o quattro uomini che portavano pietre da un punto all’altro all’interno del palazzo con delle ceste che si caricavano sulle spalle. Non finiranno mai, pensai. Mahmud ando’ a parlare con uno degli uomini e poi mi chiamo’ facendo segno che potevamo entrare. L’arco d’eccesso era decorato con motivi naturali di rami, foglie e frutti. Si entrava nel cortile interno di cui solo una parte era rimasta in piedi. Attraverso un portale si entrava nel palazzo vero e proprio e fra una rovina e l’altra si aveva accesso alle sale, all’harem, i bagni e alla moschea con un minareto graziosissimo fino alla terrazza finale che guardava verso l’altipiano. Ero senza parole e pensavo alla fortuna che avevo avuto di essere stato portato fin lassu’. Intanto gli uomini avevano smesso di lavorare e si erano andati a sedere all’ombra di un ciuffo d’alberi in cima a una collina. Mahmud disse di andare anche noi.Gli uomini avevano acceso un fuoco e stavano cucinando dei kebab e preparando il te’. In una bacinella uguale a quella che avevo comprato ad Erzurum c’erano pomodori, cetrioli e un pezzo di formaggio bianco. Era gente forte con le mani di chi lavora la pietra e la pelle resistente a vento e neve. Ci accolsero con la solita espressione impenetrabile, guardandoci fisso ma seguitando a fumare. Mahmud parlo’ con la medesima espressione e serieta’ e gli uomini diventarono piu’ amichevoli. Italia fu la parola chiave. Subito mi offrirono una sigaretta che rifiutai con la mano sul cuore. Fummo invitati a mangiare con loro. Stavano lavorando al Palazzo di Ishak Pasha, costruito alla fine del 1600 la cui costruzione anno’ avanti per tre generazioni.Tornando verso il paese Mahmud mi fece fermare per condurmi in una radura vicina. Li comincio’ un lungo discorso di cui capivo solamente: Islam, Muhammad, Coran. Capii che voleva convertirmi all’Islam. Cercai di cambiare discorso ma Mahmud era deciso e chiaramente era importante per lui e decisi di farlo contento. Ripetei tutto quello che lui mi diceva e alla fine ero diventato Musulmano, cominciava per me una nuova vita? Gli regalai il mio coltello a serramanico.Quando arrivammo alla tenda c’era un gruppetto di gente con YS ad aspettarci. Fra di loro i genitori di Mahmud preoccupati. Il malinteso si chiari’ subito non senza occhiate feroci verso Mahmud contro il quale temevo ripercussioni una volta arrivato a casa. Dissi al padre che Mahmud era un ragazzino molto intelligente il che era vero. L’uomo chiamo’ la moglie e parlarono qualche minuto. Il giorno dopo eravamo invitati ad andare con loro ad una festa popolare, una cosa eccezionale che avveniva solo una volta l’anno. Non potevamo ne’ volevamo rifiutare. Saremmo rimasti un altro giorno.Avevamo bisogno di soldi cosi’ andammo in paese a cambiare dei Travel Checks. C’era una piccola banca al centro del paese fra la moschea e un ristorante. C’erano due impiegati e un direttore il quale ci invito’ nel suo ufficio. La nostra presenza in paese era a conoscenza di tutti, perfino del direttore di banca che ci offriva un te’ nel suo ufficio. Masticava un po’ di inglese e facemmo una conversazione generica tipo se ci piaceva la Turchia che lui non era curdo ma di Bursa e cose del genere, finalmente cambiammo il nostro check di 20 dollari. Tornando alla tenda chiesi a YS come era stata la sua giornata con le donne. OK rispose senza elaborare troppo.Qualche giorno fa (cinquanta anni dopo) scrivendo questo episodio le ho mandato una mail chiedendo se ricordava quel giorno. Questa e’ la sua risposta:- Anatolia – ricordo splendido. E’ stata la prima volta in vita mia che ho pensato che nella divisione di lavoro tra maschi e femmine le femmine erano in vantaggio. Mentre tu stavi fuori cogli uomini a guardare il lavoro pesante ( come sudavano quei poveretti) io stavo dentro con le donne al fresco – dopo che eravamo andate al fiume a lavare i vestiti, beate noi, acqua pulita e fresca facevamo da mangiare ( lo facevano loro naturalmente) e intanto volevano sapere tutto di noi, quanti figli avete?? nessun figlio – ma quanti anni hai? già’ 28 e ancora senza figli poveretta poveretta. Tutto questo parlando con mani e piedi e capirci benissimo. Quando siamo partiti ci regalarono un pezzone di formaggio pecorino – duro duro che quasi quasi non si riusciva a masticare e duro’ per mesi.

 

Il Palazzo di Ishak Passa oggi.

Pino Cino

Admin
mi piace come scrivi ma non riesco a immaginare un taccuino di viaggio dell’epoca così preciso
  • Guerrino Zorzit

    Pino Cino corrispondente del TCI !? 🤔😂 (Touring Club Italiano)
  • Pino Cino

    Admin
    personalmente devo fare i conti con una memoria ubriaca che salta di palo in frasca, priva di nostalgia, ma ubriaca come una scimmia in una cantina. è una lotta immonda (e piacevole). all’epoca non ho preso appunti che raramente
  • Pino Cino

    Admin
    Guerrino Zorzit stai facendo il guardone. Sei qui con noi, e questo mi fa piacere, ma qualche storia ce la vuoi regalare?
  • Paolo Paci

    Author
    Pino ho ricordi molto vivi di allora, non ho preso appunti all’epoca ma nel corso di 50 anni sono andato annotando cio’ che mi andavo ricordando. Adesso scrivere e’ un buon esercizio di memoria anche se mancano parecchi dettagli…e poi da fotografo…
  • il mio libretto di viaggio

    Pino Cino

    Admin
    Paolo Paci sono curioso e attendo. ricordo il tuo stile dell’epoca e non riesco a immaginarmi infilato in una tua pagina
  • Paolo Paci

    Author
    Pino Cino ? che stile?😂e
  • Pino Cino

    Admin
    Paolo Paci appena appena ingarbugliato, se così si può dire. non dimenticare che posso provarlo😉
  • e

    Paolo Paci

    Author
    puoi elaborare? incasinato? fuori di testa?confuso?😱
  • Alessandra Vassallo

    Pino Cino testimone! Paolo scrive appunti dappertutto! Completati da disegni bellissimi
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