18 – VIAGGIO IN AFGHANISTAN Diciottesima puntata

Passammo i due giorni seguenti fra il Bazar e la Moschea Blu. Sia il Bazar che la Moschea avevano disperato bisogno di restauro anzi, la moschea andava completamente ricostruita. Dopo terremoti, occupazioni guerre e conquiste non era rimasto molto in piedi se non la grande entrata ancora parzialmente ricoperta da bellissime mattonelle dai disegni geometrici ed intricati, e parte dell’interno. Doveva essere stata una grande moschea.Il Bazar anche aveva parti in cui le volte e le arcate del soffitto erano crepate se non crollate, gli intonaci caduti, molte le finestre rotte e spesso si vedevano restauri precedenti mal fatti che stavano cedendo di nuovo. Era un labirinto coperto con i soffitti molto alti. L’idea di citta’ coperta/centro commerciale realizzata gia’ nel 1400 quando Tabriz era una fermata chiave per i viaggiatori della Via della Seta . Nel bazar c’era di tutto anche da mangiare e bere te’, c’erano strade e vicoli ogni tanto uno slargo con un grande soffitto a cupola dalla cui cima filtrava la luce del giorno. Affollatissimo, alcuni passaggi cosi’ stretti che a mala pena passavano due persone, altri larghi come strade. La musica delle radio di sottofondo e nell’aria odori di spezie. Tabriz era ancora il grande mercato descritto da Marco Polo. La merce principale erano i tappeti e le botteghe di tessitura dove lavoravano giovani donne, sedute in fila davanti ai telai.Il giorno prima avevo passato il pomeriggio bevendo te’ dal mercante di tappeti amico di Amir e lui mi aveva un po’ educato in materia facendomi vedere tappeti provenienti da tutto il Medio Oriente, dall’India dall’Afghanistan, tappeti raffinati e tappeti rustici tessuti dai nomadi nel deserto. I piu’ belli secondo me erano i locali, gli Azerbaijani, con i disegni astratti e psichedelici. Ogni tappeto raccontava una storia spesso domestica la famiglia, i bambini, il lavoro, gli animali. Era un soggetto affascinante, ma la mia mente era occupata dal problema della bobina e non avevo dedicato la dovuta attenzione alla gentilezza del mercante, pero’ una cosa l’avevo imparata, un buon tappeto deve avere almeno un milione di nodi al metro quadrato…La mattina del terzo giorno tornai dal meccanico. La mia bobina era li’ ancora rotta e inutile. Il meccanico non aveva potuto aggiustarla neanche a Teheran e non c’era niente da fare se non farsela mandare dall’Italia. Si presentava cosi’ il problema di che fare con la 2CV.Proposi al meccanico di comprarla ma non la voleva. Mentre stavo decidendo di abbandonarla al suo destino e considerando i lati positivi del viaggiare leggero arrivo’ un francese con un problema. Fuori, ferma davanti al meccanico, c’era la sua 2CV gialla. Non solo, ma ne vidi anche passare varie di colori diversi. Stava passando la corsa Parigi-Shiraz 1970 per le Citroen 2CV. Non so che problema aveva ma il francese era affranto, la sua 2CV non era riparabile. Per farlo sentire meglio gli raccontai della mia bobina e gliela feci vedere. Non si scompose di un millimetro, semplicemente disse che quel tipo di bobine di bachelite si spaccano facilmente, per questi viaggi sono molto meglio quelle di gomma. Apri’ il cofano della sua 2CV, tiro’ fuori la sua bobina di gomma e me la regalo’ dicendo “A me non serve piu’”. Per lui la corsa era finita, non doveva andare piu’ da nessuna parte mentre io dovevo andare a Kabul. Mors tua vita mea.Merci beaucoup mon ami!La 2CV si mise in moto al primo colpo e con la sua nuova bobina partimmo in direzione Teheran.Ci impiegammo due giorni durante i quali attraversammo un deserto dopo l’altro di paese in paese. Spesso la strada era diritta per chilometri a volte in salita verso un punto invisibile in cui la strada sembrava sparire per continuare poi in discesa. In cima ad una di queste salite apparve improvviso un camion con rimorchio viaggiando completamente al centro della strada gia’ di per se stretta. Diedi una forte sterzata a destra, meta’ 2CV usci’ di strada, le sospensioni furono messe a dura prova e rimbalzarono su e giu’ varie volte e grazie a loro non ci cappottammo. Il camion passo’ a gran velocita’ e io mi fermai a riprendere fiato, l’avevamo scampata per pochissimo.Appoggiato al parafango della 2CV mi guardai in giro. Il paesaggio era un deserto pietroso color ocra e da una collinetta di fronte a me spuntava la cupola turchese di una piccola moschea ed un minareto. Quel turchese sull’ocra rossiccio che lo circondava era eccezionale e non solo per i colori ma anche per il contrasto civilizzazione – deserto che evocava altri tempi ed altri spazi. Che ci faceva una moschea in mezzo al nulla?Quella notte ci fermammo a dormire a Zanjan, in un hotel vicino alla moschea e ripartimmo il giorno seguente al primo canto del muezzin per essere a Teheran la sera stessa, Inshallah.

Pino Cino

Admin
sempre piacevole. ho qualche foto di 2cv impegnate in quella corsa. ogni tanto ne incontravi qualcuna abbandonata lungo la strada.

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