Il mio umore quella mattina non era dei migliori mentre andavo a fare colazione a base di uova fritte, patate e cetrioli. La sera prima i padroni dell’hotel mi avevano detto che conoscevano un meccanico e che mi ci avrebbero portato ma io ero ugualmente pessimista. Il padrone dell’hotel, Amir, era un uomo sui 35 anni, aveva studiato in Inghilterra dove si era laureato in scienze politiche e aveva sposato una compagna di universita’, la donna inglese che ci aveva accolto. Dopo aver vissuto per qualche anno in Inghilterra avevano deciso di venire a vivere a Tabriz e mettere su quell’albergo. Parlava benissimo inglese e contenti loro e anche noi potevamo comunicare. La sera prima parlando di Tabriz e dei sui giardini mi racconto’ una cosa molto interessante che mi fece pensare al giardino nel deserto di Dogubayazit. Sembrerebbe che un famoso egittologo di cui non ricordo il nome, aveva compiuto degli studi sul “Giardino del Paradiso” concludendo che si trovava nelle vicinanze di Tabriz. Anche Marco Polo durante i suoi viaggi sulla Via della Seta aveva soggiornato a Tabriz nel e la descrive come: “Una grande città circondata da splendidi e piacevoli giardini. È situata in modo eccellente, quindi qui si trovano mercanzie provenienti da molte regioni. I mercanti latini, specialmente Genevi (genovesi), vanno lì per comprare le merci che provengono da terre straniere. “ Insomma una specie di Wall Street del Medio Oriente. Anche l’archeologo britannico David Rohl localizza il Garden of Eden in Iran, nelle vicinanze di Tabriz, nell’altopiano armeno. La gran parte degli accademici situerebbe il Garden of Eden a sud, alla congiuntura dell’Eufrate e de Tigri. Ma quelle terre erano coltivate da secoli e mi sembrava difficile che ci potesse essere un giardino nel deserto visto che tutta la regione era un giardino. Naturalmente questo mi convinse che il giorno prima avevo visitato il il vero Giardino del Paradiso. Amir ci racconto’ anche che Tabriz in quegli anni stava cambiando velocemente. C’era una economia molto forte, che era in corso la modernizzazione dell’Azerbaijan e molti capitali stranieri erano stati investiti in Tabriz che oltre alle industrie stava anche diventando un centro di vacanze per la borghesia di Teheran. Questa era la ragione principale che lo aveva spinto ad aprire l’hotel. La moglie non parlava ne’ Azerbaijani ne’ Persiano e non aveva con chi chiacchierare quindi era meno entusiasta della decisione. Ma a renderla scontenta era sopratutto il modo islamico di vivere e di pensare, le restrizioni alla vita delle donne e l’essere considerata inferiore all’uomo. Cosi’ che quando Amir fu pronto per andare dal meccanico, io salii in macchina con lui ad occuparmi delle faccende maschili (automobile+meccanico) e YS rimase a fare conversazione.Finito il te’ partimmo sulla sua Peugeot 404 e poco dopo entravamo a Tabriz. Avevo con me l’alternatore, la spaccatura era piuttosto precisa e forse lo si poteva incollare o chiudere con un nastro adesivo, pensavo nella mia ignoranza in materia. Le strade erano piene di gente e traffico di tutti i tipi. Passavamo un susseguirsi di negozi, case da te’, vendite di carne, teste di pecora, budella e lingue esposte in fila. Stavamo costeggiando il Gran Bazar, il piu’ antico Bazar del Medio Oriente secondo Amir, e si vedeva scintillare l’oro dei gioielli, le pietre preziose ed i tesori di Ali’ Baba’. Il Bazar era enorme ci si poteva passare molte ore senza mai rivedere le stesse botteghe. Nel Bazar Amir aveva un amico mercante di tappeti e se volevo me lo avrebbe fatto conoscere. Certamente, ma prima l’alternatore…Il meccanico aveva una piccola bottega decorata con scritte in persiano dai colori psichedelici, la radio a tutto volume e macchie d’olio dappertutto. Era giovane ed aveva i capelli castani e non aveva i baffi, cosa rara da quelle parti. Stava lavorando su una vecchia Mercedes, l’auto favorita dagli autisti locali insieme alla Peugeot 404 che riempivano di gente e di bagagli e partivano per destinazioni lontanissime.Amir lo chiamo’ e cominciarono a chiacchierare. Gli mostrai l’alternatore. Lo prese in mano, lo guardo’ in silenzio e poi scosse la testa con espressione rassegnata e disse in persiano che quello non era un alternatore ma la bobina di un alternatore. Classica figura di merda. Chiesi se si poteva riparare ma la sentenza fu negativa.Neanche parlarne di trovarla a Tabriz, forse a Teheran. C’era la Citroen a Teheran? Non lo sapeva. Elenco del telefono? Non esisteva… pero’ se gli lasciavo la bobina lui sarebbe andato a Teheran il giorno dopo per altri affari e avrebbe visto cosa si poteva fare. Sarebbe tornato fra due giorni. Ovviamente deluso e, ammettiamolo, anche fuori di testa incominciai a smadonnare. Lo smadonnare e’ un lessico internazionale e non importa in che lingua lo si manifesti tutti lo capiscono una specie di esperanto degli incazzati. Il meccanico infatti capi’ al volo e cerco’ di farmi capire che da Tabriz a Teheran erano otto ore e piu’ di strada e due giorni era il minimo tempo necessario. Non avevo alternative, dissi ok, gli diedi dei soldi per le spesee con Amir andammo a fare un giro nel Gran Bazar. Le botteghe erano attaccate una all’altra formando un labirinto di stradine ed erano ubicate sotto un sistema di arcate a volta vastissimo, come una grande piazza coperta sotto il cui tetto si trovava il Gran Bazar. La sezione dei gioiellieri era la piu’ vasta, ma anche i pellami con scarpe, cinte, borse di tutte le grandezze, e poi le stoffe e le sete e le botteghe dei mercanti di tappeti. I famosi tappeti Persiani. Amir mi stava portando alla bottega del suo amico. Mentre camminavamo Amir mi educava…“Comprare e vendere tappeti e’ una attivita’ che richiede tempo e pazienza. Uno non va dal mercante di tappeti, compra un tappeto e se ne va. E’ la piu’ grande offesa che si possa fare ad un mercante di tappeti. I mercanti di tappeti sono orgogliosissimi della loro mercanzia e prima di comprare un tappeto ne devi vedere almeno cento. Quando si entra nella bottega si deve rimanere a bere te’, guardare molti tappeti e ascoltare cio’ che il mercante ti illustra. Si devono fare molte domande tipo da dove viene il tappeto, se e’ firmato, se e’ di lana e, per far vedere che sei esperto devi chiedere quanti nodi ci sono per centimetro quadrato. Questo ti fara’ apparire esperto e di conseguenza il prezzo non sara’ esorbitante ma di soldi si discute solo alla fine”.Io veramente non volevo comprare nessun tappeto e la mia mente era ancora aggrovigliata nella bobina dell’alternatore ma ormai eravamo arrivati ed entrai.
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Stefano E. StefAnche in Marocco a Ouarzazate per comprare un tappeto ci passai un pomeriggio nel negozio a bere tè. Ne ho visti così tanti che alla fine ero stremato
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