Storie antiche
Storie di contrabbando….Oh Lord won’t you buy a Merceds Benz # 3
(Ogni riferimento a persone viventi o a fatti accaduti è puramente casuale)
Passiamo un paio di giorni a Peshawar per ultimare alcuni lavori all’interno del minibus e poi proseguiamo per la frontiera indo/pakistana, il tempo stringe perchè il Carnet du Passage del mezzo sta per scadere.
Ma appena fuori Rawalpindi il motore comincia a surriscaldarsi e dobbiamo fermarci. Per fortuna è successo mentre attraversiamo un paese. Peccato il vecchio Mercedes non mi aveva mai tradito fino ad ora. Dobbiamo cercare un meccanico . Ne troviamo uno non troppo lontano, ma purtroppo dovremo aspettare il giorno successivo per la riparazione. Questo inconveniente ci fa perdere del tempo prezioso, infatti arriviamo alla frontiera con un ritardo di qualche ora sulla scadenza del documento di viaggio.
Passiamo la dogana pakistana senza alcun problema ma a quella indiana, dopo aver controllato il furgone, e tutto va bene, ci dicono che il Carnet è scaduto e non ci fanno entrare.
E’ così che inizia per me una lunga odissea attraverso i mille uffici della burocrazia indiana.
Dobbiamo lasciare il mezzo presso il deposito della dogana e ci troviamo un albergo dove alloggiare ad Amritsar. Il giorno dopo ritorno all’ufficio della dogana con Claude, che fa la parte della mia ragazza con cui avrei viaggiato come turista in India. Chiediamo di poter entrare nel paese, visto che il Carnet è scaduto solo da qualche ora. Al capo degli uffici doganali, con cui riusciamo finalmente a parlare, spieghiamo che noi siamo una giovane coppia di fidanzati il cui sogno è quello di poter visitare quel paese fantastico che è l’India. Non sarebbe un peccato rimandarci indietro senza aver avuto la possibilità di vedere le bellezze di questa grande nazione piena di storia e di gente interessante e gentile solo per essere arrivati in ritardo di qualche ora ? Il Mercedes Benz è la nostra casa e ci dispiacerebbe molto separarcene.
Il capo ci guarda sorridente ma dice che lui non si vuole prendere la responsabilità e che l’unica opzione alternativa a quella di tornare in Pakistan o di lasciare in deposito il minibus fino al nostro ritorno è di andare a Delhi e li depositarlo presso la Dogana Centrale. Loro decideranno il da farsi. Questo è tutto quello che può fare per noi. Ma per il viaggio fino a Delhi ci accompagnerà un suo uomo, un poliziotto della dogana, che fra l’altro pare debba recarsi a Delhi e l’occasione di farsi dare un passaggio è ghiotta per lui. Lo ringraziamo e gli diciamo che la decisione per noi va bene. Procediamo passo dopo passo e vediamo che succede. Di rinunciare al mezzo non se ne parla.
Lasciamo Amritsar il giorno dopo. A bordo siamo in cinque, io, Bruno, Lucio, un nostro amico arrivato dall’Italia in quei giorni con il suo violino, Steve, un amico americano, e il poliziotto indiano. Claude sarebbe volata a Delhi il giorno stesso e ci avrebbe aspettato la insieme a Maria e Tom.
Il viaggio è piacevole. Lucio ogni tanto suona il violino dilettandoci e l’atmosfera a bordo è ottima, anche il poliziotto sembra divertirsi un sacco. Ogni volta che ci fermiamo per un chai o per mangiare, quando tutti sono scesi, io mi trattengo e spargo dopobarba profumato dappertutto in modo da coprire l’odore che potrebbe fuoriuscire dal doppio fondo. Il caldo è abbastanza opprimente per cui teniamo sempre i finestrini aperti ma non si sa mai, meglio prendere precauzioni,dopotutto abbiamo un poliziotto a bordo.
Il pomeriggio passiamo vicino a un fiume dove giocano bambini e dove alcune donne lavano i loro sari colorati su grosse pietre piatte.
Fa così caldo che la vista di quell’acqua invitante ci fa fermare. Decidiamo che è l’ora di un bagno rinfrescante. Scendiamo tutti e dopo esserci tolti i vestiti, restati in mutande ci lanciamo nel fiume davanti agli occhi divertiti di donne e bambini che ridendo e sguazzando nell’acqua si uniscono a noi nel divertimento. Il poliziotto, che forse non sa nuotare, non si unisce a noi e rimane sulla riva e ci guarda con un gran sorriso stampato in faccia. Lo invitiamo ad entrare ma lui si schernisce e dice che ci aspetta fuori.
La sera tardi arriviamo finalmente a Delhi e lasciamo il Mercedes nel parcheggio della dogana. Salutiamo il nostro ormai amico poliziotto con grandi sorrisi e strette di mano e ci avviamo in taxi verso l’albergo che abbiamo prenotato.
Per circa una settimana io e Claude ci rechiamo tutte le mattine presso gli uffici della Dogana Centrale per perorare la nostra causa. E naturalmente, con una scusa, entro nel minibus e lo cospargo di profumo. Le giornate sono calde e nel parcheggio non c’è un filo d’ombra.
La storia che raccontiamo è sempre la stessa, quella della giovane coppia di fidanzati che vorrebbe tanto visitare la meravigliosa India. Per favore fateci entrare !
Come si può immaginare è un’odissea senza fine fra un ufficio e l’altro, da un piano all’altro del grande palazzone che ospita la Dogana, ognuno si rimpalla la responsabilità fino a che riusciamo ad avere un appuntamento con il grande capo. Non capisco perchè non si sia potuto avere prima questo incontro che ci avrebbe fatto risparmiare tempo e stress, ma questi sono i misteri della burocrazia indiana.
Il mattino del fatidico appuntamento con il grande capo decidiamo che Maria verrà con me, con la sua simpatia contagiosa mi può dare una mano. Abbiamo continuato a vedere persone diverse in diversi uffici così nessuno avrebbe notato che la ragazza era diversa dalla solita, e comunque le due giovani donne si assomigliano molto, capelli lunghi castani e più o meno della stessa altezza, il tipo latino di ragazza.
Il grande capo è il classico uomo della upper class indiana di Delhi, parla un perfetto inglese e possiede un aura di autorità che gli altri sottoposti non avevano. Ci fa accomodare su due poltroncine di fronte alla sua grande scrivania e con un sorriso ci chiede quale sia il nostro problema. Spieghiamo per l’ennesima volta la faccenda del Carnet du Passage scaduto, che vediamo li sulla sua scrivania fra le altre carte . Lui è sempre sorridente ma sembra indeciso sul da farsi, tutto dipende dalle sue prossime parole, un no a questo punto sarebbe il disastro. Senza appello.
Ed è a questo punto che Maria cala l’asso. Con un gran sorriso gli dice quanto bello sia il suo anello con zaffiro che sfoggia al dito anulare della sua mano sinistra. Il suo sguardo si illumina. Guarda il suo anello con aria orgogliosa e stende la mano verso di noi per farcelo ammirare da vicino. Sembra il Signore degli Anelli, così potente !
Così ci chiede da dove veniamo e iniziamo una piacevole conversazione sull’Italia. Parliamo del cibo italiano e di quello indiano e delle bellezze che scopriremo in India, uno dei paese più belli al mondo.
Sentite, facciamo così, ci dice, lasciate un deposito di duemila dollari e potete usare il vostro minibus per viaggiare nel paese. Entro sei mesi tornate e al momento di lasciare l’India potrete ritirare il deposito oppure lascerete il mezzo a noi e comunque vi ridaremo il deposito.
Perfetto per noi, diciamo. Che sospiro di sollievo. Grazie mille veramente. Ci stringiamo la mano e lasciamo l’ufficio euforici. Missione compiuta. L’indomani lasciamo il deposito cauzionale e, dopo aver firmato alcune carte, ritiriamo il nostro Mercedes Benz blu .
La sera si celebra la fine dell’odissea al Moti Mahal. Io e Maria ci concediamo due notti in un hotel cinque stelle, ce lo siamo meritato.
Lasciamo Delhi due giorni dopo per Bombay. Goa ci aspetta con le sue spiagge, le sue palme e il mare che non vediamo da troppo tempo. Quell’inverno fu per noi una stagione meravigliosa.
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