Storie antiche
Storie di contrabbando…. Oh Lord won’t you buy me a Mercedes Benz # 1
(ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti è puramente casuale)
Il tempo del monsone si stava avvicinando, era ormai aprile inoltrato, il caldo era sempre più opprimente e avevamo le prime pioggerelline pomeridiane che non rinfrescavano ma almeno erano piacevoli da vedere dopo mesi di sole senza soluzione di continuità.
Io , Maria e Steve, gli unici rimasti ad Anjuna della family, ci eravamo spostati in una casetta più vicina alla spiaggia, fra le palme. Una casa piccola ma più che sufficiente per noi tre, dopo che Bruno e Claude si erano spostati in Pakistan nella Swat Valley per passare l’estate e prendere i contatti che ci sarebbero serviti in futuro. La spiaggia di Anjuna si era ormai svuotata di gente, molti si erano trasferiti In Nepal o al nord dell’India, sulle montagne di Manali e dintorni. Alcuni in Afghanistan, altri tornati a casa in Europa o in USA . Le giornate passavano pigre, lente e dopo la vita mondana dei mesi invernali , quasi noiose.
Un giorno arriva un aereogramma da Delhi da parte del mio amico Tom che mi annuncia che il minibus Mercedes è pronto. Devo prendere un aereo e arrivare a Delhi il più presto possibile. Così mi preparo una borsa in fretta e furia, saluto gli amici e parto per Bombay con il primo autobus che parte da Mapusa.
Il mattino dopo sono a Bombay,dopo una notte insonne, i posti sul bus sono scomodissimi e di dormire non se ne parla. Vado subito in agenzia e mi compro un volo Indian Airlines per Delhi che parte il giorno dopo. Il volo parte di sera e arriva appena prima di mezzanotte nella capitale.
Va benissimo, ad aspettarmi, nell’appartamento che ha affittato fuori città, c’è Tom con tutte le istruzioni per il viaggio successivo.
Atterriamo in perfetto orario e poco dopo, non avendo bagagli in stiva ma solo la mia borsa a mano, sono fuori dall’aeroporto e prendo un taxi per la città.
Stiamo entrando in città, il traffico è quasi inesistente data l’ora tarda, quando vedo una pattuglia della polizia che ci intima l’alt. Uno strano controllo, i taxi di solito non vengono fermati, ma visto che è quasi mezzanotte e il traffico è scarso non sanno che fare e per non annoiarsi ci fermano. Scendo dal taxi , mostro il passaporto e dico che arrivo da Bombay . Mi chiedono se ho bagagli e gli dico che ho una borsa. Mi chiedono di aprirla e cominciano a frugarci dentro. Mai visto una cosa simile. Un controllo in città su un taxi ! Il fatto è che ho nascosto sul fondo un po’ di hashish kashmiri, in una busta di plastica poi infilata in una piccola sacca di stoffa. La mia scorta per il viaggio che dovevo intraprendere di li a qualche giorno.
Penso che stiano solo dando un’occhiata proforma e che mi lasceranno proseguire di li a poco. E invece vanno a fondo e continuano a togliere roba dalla borsa fino a che arrivano al sacchetto.
Lo aprono e quando vedono il contenuto mi guardano. Li guardo anch’io. Non credo ancora a quello che mi sta succedendo. Non mi sembra vero. Come è possibile essere fermato su un taxi in città ? Fra l’altro non ho neppure molti soldi con me per poter offrire loro un baksheesh, insomma una somma per corromperli e convincerli a lasciarmi perdere.
Così con il sorriso stampato in faccia il capo della pattuglia mi fa salire in auto e mi portano al loro comando di polizia che è abbastanza vicino. Quindi mi ricontrollano tutto quello che ho nella borsa ma più minuziosamente questa volta. In un borsino colorato trovano in una bustina di carta dei pezzettini di quello che sembra gelatina trasparente. Mi chiedono cosa siano e io gli dico che sono medicine . Certo, medicine per espandere la mente, ma non specifico e loro si accontentano della mia spiegazione. Dopo avere frugato i miei bagagli mi lasciano fare una telefonata, così chiamo Tom e gli spiego quello che mi è successo. Mi dice di stare tranquillo, che verrà al tribunale l’indomani mattina e provvederà all’avvocato.
Mi rinchiudono in una cella, dove passo la notte, fortunatamente da solo. Il giorno dopo di primo mattino mi svegliano e dopo una frugale colazione a base di chai e una unta samosa mi mettono gli schiavettoni con catene e mi portano alla fermata dell’autobus. Aspettiamo che arrivi insieme ad altre persone che attendono il mezzo per recarsi al lavoro. Probabilmente l’auto della polizia è occupata per altre cose. L’autobus finalmente arriva e saliamo. La gente mi guarda, forse sono abituati a vedere prigionieri trasportati sui mezzi pubblici, ma un bianco in catene non è uno spettacolo che si vede tutti i giorni.
Arriviamo dopo un breve tragitto al tribunale di Delhi. E’ una costruzione bassa con tante aule e uffici che si affacciano su un porticato che da su un cortile con qualche sparuto alberello qua e la dove si affollano gli avvocati, alcuni in cerca di clienti e altri che avendoli già trovati discutono con loro delle tariffe e delle strategie di difesa.
I poliziotti che mi accompagnano mi fatto aspettare in un angolo del cortile, dobbiamo aspettare che il nostro giudice ci convochi per l’udienza preliminare in cui deciderà se rinviarmi a processo oppure lasciarmi libero. Passano i minuti e il caldo di questo aprile comincia a farsi sentire. Cerco un po’ d’ombra sotto uno striminzito alberello e anche i poliziotti sembrano gradire .
Ad un certo sento una voce che mi chiama, eccolo è Tom che sta arrivando, Dio lo benedica. Arriva a passo spedito e in mano agita un mazzo di banconote americane. I dollari fanno sempre effetto da queste parti. Con tono autoritario riesce a convincere i poliziotti a togliermi le catene. Mi sento già meglio. Si avvicina e mi dice che ha già un avvocato e che arriverà fra qualche minuto. Infatti poco dopo si presenta un indiano abbastanza giovane, ben vestito e che parla un ottimo inglese. Senz’altro un rampollo della buona società di Delhi con buone conoscenze in città. Tom ha fatto un ottimo lavoro direi.
Parliamo un poco e gli spiego nei dettagli quello che è successo la sera prima. Mi dice che chiederà la non punibilità o in second’ordine la libertà su cauzione, dice di non preoccuparmi che tutto andrà bene. Lo spero vivamente, anche perchè io ho in programma delle cose da fare. Lassù in Swat Valley, a Madyan, mi stanno aspettando per iniziare il viaggio.
Dopo una mezz’ora circa vengo chiamato da un usciere che dal porticato grida e storpiando il mio nome mi convoca in un’aula. Entriamo tutti e poco dopo il giudice che mi è stato assegnato decide che ci sarà un processo, ma mi libera su cauzione in attesa dello stesso. Poteva andare meglio, ma anche molto peggio, per lo meno sono fuori.
Salutiamo l’avvocato, dandoci appuntamento per i prossimi giorni e Tom mi accompagna alla stazione di polizia a prendere la mia borsa. Poi in taxi andiamo a casa sua in un quartiere fuori dal centro. In questa casa passerò in compagnia sua e della sua musica country and western dei piacevoli giorni in attesa del processo. E’ la stagione dei manghi per cui ne abbiamo sempre un’ampia scorta nel frigorifero. Manghi eccellenti in questa stagione e gli stands di frutta in città ne sono pieni, piramidi di manghi ovunque ! Mangiamo Tournedo steaks e Filets Mignon al Cellar in Cannaught Place, un ristorantino con cucina occidentale posto in un seminterrato, abbastanza buio ma con ottima musica. Insomma l’attesa non è male, non posso lamentarmi, ma spero che il processo non tardi troppo a essere convocato. Il tempo passa ed io ho fretta di partire.
Finalmente il giorno arriva. Mi presento e dopo alcuni scambi fra il mio avvocato e il giudice mi viene data una multa . Alla fine mi è andata ancora bene , c’è gente che si è fatta la galera per mesi per pochi grammi di hashish. I dollari aiutano. (continua)…..
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