Storie antiche #2

Storie antiche
Storie di contrabbando…Oh Lord won’t you buy me a Mercedes Benz # 2
(ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale )
Il giorno dopo ritiriamo il minibus Mercedes Benz blu che ci aspetta in un garage in Old Delhi e caricati i miei bagagli e salutato Tom parto subito alla volta di Amritsar. Il viaggio si svolge senza inconvenienti. Passo la frontiera indo/pakistana e poco dopo mi fermo per mettere un po’ d’acqua nel radiatore. Vengo subito circondato da un nugolo di ragazzini che ridono e scherzano. Mi chiamano a gran voce ,ehi mister mister paisa paisa. Poi se ne vanno correndo. Rabbocco il radiatore e quando cerco il tappo per richiuderlo non lo trovo più. E bravi i ragazzi ! Mi hanno fregato. Così prendo uno straccio e lo infilo al posto del tappo, fino alla prossima città dovrà bastare.
Arrivo a Rawalpindi il giorno dopo e prendo una camera in un residence composto di tanti bungalows immersi in un giardino con palme, alberi di mango e buganvillee piene di fiori. Un posto fantastico veramente.
Il giorno dopo deposito il Mercedes in un garage custodito a pagamento e prendo un bus per Madyan nella Swat Valley. Naturalmente nel bus non c’è più posto e così, insieme ad altri uomini, mi accomodo sul tetto del mezzo fra ceste di ortaggi, capre e galline. Si sta abbastanza comodi dopotutto e si ammira tutto il panorama. L’unica cosa a cui fare attenzione sono i rami bassi degli alberi sulle strade, quando si avvicinano troppo bisogna chinarsi per evitare capocciate che potrebbero provocare qualche danno. Verso sera arriviamo in un paesino vicino a Madyan dove mi fermo per la notte e il giorno dopo proseguo. Finalmente trovo i miei amici che abitano in una casa vicino a un torrente. Sono tutti vestiti con gli abiti delle tribù di frontiera, salwar kameez e pantaloni larghi. Ai piedi portano i sandali aperti tipici della zona e in testa hanno il pakol, il berreto pashtu.Le ragazze sono vestite alla musulmana ma senza velo. Al primo momento stento a riconoscerli ed io mi sento un po’ fuori posto nei miei abiti occidentali, jeans e t-shirt.
Passo qualche giorno con loro e mi rendo conto che la vita qui è così diversa da quella che siamo abituati a condurre a Goa. Qui c’è un’atmosfera completamente diversa. Gli uomini sono abbastanza seri e sembrano duri ma poi ci si accorge della loro gentilezza, gli ospiti per loro sono sacri e si fanno in quattro per aiutarti in caso di bisogno. Le donne sono una discreta presenza. Le vedo al torrente a prendere acqua o a fare legna per il fuoco della cucina. I bambini e le bambine giocano intorno a loro riempiendo l’aria di schiamazzi e allegria. Molti di loro giocano con gli aquiloni come in Afghanistan, da queste parti è il gioco nazionale.
Dopo qualche giorno, dopo avere preso accordi con Bruno e Peter, riparto per Pindi. il minibus mi attende fedele nel garage e dopo aver pagato riparto in direzione Jalalabad.
Attraverso il Khyber di mattino presto e devo dire che il Mercedes va benissimo, si arrampica sui tornanti che è una meraviglia e si prospetta un viaggio piacevole. Attraverso queste mitiche gole che hanno visto nel tempo invasioni, combattimenti e agguati. Il passo chiude al tramonto per evitare incidenti di vario genere nella notte, ma d’altronde nessuno si avventurerebbe su queste strade con il buio, sono luoghi pericolosi anche di giorno figuriamoci la notte. La legge come la conosciamo noi da queste parti non esiste, è zona di tribù e di contrabbando. Qui gli uomini girano armati fino ai denti e di loro ne vedo alcuni in giro, bandoliere e fucili in spalla.
Passo la dogana a Torkham ed eccomi nel mio amato Afghanistan. Scendo la strada che va verso Jalalabad, dove passerò un paio di giorni in attesa del meeting con gli altri nella zona di frontiera.
La strada lascia le montagne ed ora si estende in una vasta pianura, dritta e senza traffico. Da lontano vedo un maggiolino Wolkswagen che si avvicina in mezzo alla carreggiata. Io mi sposto piano alla mia sinistra per lasciargli strada e vedo che mi lampeggia. Che vuole questo tizio ? Perchè non si sposta alla mia destra per farmi passare ? Io lampeggio , lui lampeggia . Poi come in un flash mi rendo conto che ora sono in Afghanistan e non in Pakistan, qui si guida sulla destra, come da noi in Italia. Cazzo ! Sterzo subito verso destra e il maggiolino mi scorre sulla sinistra con il clacson suonato a manetta. Certo amico hai ragione tu, scusami per l’inconveniente , colpa mia. L’abbiamo scampata un’altra volta.
Proseguo ed arrivo a Jalalabad verso il pomeriggio . Mi prendo una camera in un bel albergo con giardino che conosco dalla prima volta che sono passato di qui tre anni fa. Qui hanno anche un parcheggio all’interno ed è perfetto per parcheggiare il bus in attesa della partenza.
Bene, visto che devo passare un paio di giorni in attesa, decido di fare un salto a Kabul a trovare qualche amico. Qui a Jalalabad le giornate sono abbastanza noiose, non c’è azione, tutto accade a Kabul. Così salto su un bus che parte per la capitale e dopo un po’ di ore di viaggio sono a Kabul. Dalla stazione degli autobus prendo un taxi e mi reco a Shahre Naow dove ci sono tutti gli alberghi e i ristoranti dei viaggiatori della Hippie Trail. Infatti incontro un po’ di gente che conosco e mi sistemo in un alberghetto dove alloggiano alcuni amici italiani.
Passo due giorni rilassati a bere tè, mangiare kebab con contorno di cipolle e pomodori e fumare chillum di ottimo hashish .
Ritorno a Jalalabad e ritrovo il mio amato bus blu che mi aspetta fedele. Occhei domani si parte per l’avventura nella zona di frontiera, la famosa north-west frontier dei tempi antichi.
Ripasso la frontiera nel primo pomeriggio e mi addentro in territorio pakistano. L’appuntamento è per le cinque del pomeriggio sulla strada che porta Peshawar, appena prima del tramonto.
Arrivo nel luogo indicato in leggero anticipo. Mi trovo in zona tribale, una zona franca . Qui comandano i capi tribù, il governo pakistano, nè tantomeno il governo afghano, non ha alcuna giurisdizione in questi luoghi. Aspetto sul ciglio della strada mentre il sole lentamente cala dietro le montagne. Passano degli uomini armati con fucili in spalla e bandoliere a tracolla. Qualcuno di loro ha anche una pistola nella fondina al fianco. Mi guardano incuriositi ed io li saluto rispettoso, Salam Alaikum, e loro rispondono cortesi. Probabilmente si immaginano benissimo perchè un giovane occidentale, dall’aspetto un po’ hippy, si trovi da queste parti a quest’ora del giorno. Anzi di sicuro sanno esattamente chi sto aspettando e dove sto andando. Di solito qui non si ferma nessuno, le auto e i bus tirano dritto fino a Peshawar. E’ tardi e fra poco chiuderanno il passo.
Il tempo passa lento. Comincio ad innervosirmi. Poi ad un tratto spunta, da dietro la curva, una moto con in sella un uomo con un turbante chiaro. Si avvicina al minibus e mi guarda. Io lo saluto e gli dico il nome che mi è stato detto di dire. Lui mi sorride e mi fa segno di seguirlo. Parte lungo la strada in direzione est e dopo qualche centinaio di metri svolta a sinistra lasciando l’asfalto e prendendo una strada sterrata che va verso nord. Ci inoltriamo, lui davanti con la moto ed io che lo seguo, fra alcune colline basse e brulle, siamo nella zona di Landi Kotal. La strada è abbastanza comoda, non troppo accidentata. Proseguiamo per circa venti minuti e il paesaggio è sempre uguale, colline, pietre e in lontananza le montagne più alte dell’ Hindu Kush si stagliano nel cielo sempre più scuro al tramonto.
Finalmente arriviamo ad una grande costruzione dello stesso colore ocra del territorio circostante e circondata da un muro abbastanza alto. E’ la classica casa fortificata di queste zone, come ne ho viste in Afghanistan. Al nostro arrivo un portone alto di legno viene aperto dall’interno ed entriamo.
E appena dentro mi viene incontro Bruno, che avevo lasciato giorni prima a Madyan. Sono felice di vederlo, finalmente siamo nel posto giusto e le cose sembrano filare lisce. Ci servono da mangiare riso e carne dopodiché andiamo a dormire stendendo i nostri sacchi a pelo in una stanza adiacente.
Il mattino dopo si inizia il lavoro. Smontiamo, con l’aiuto di alcuni uomini, il pianale del minibus. Il doppio fondo è abbastanza capace e dovrebbe poter ospitare fino a 150 kili di hashish. Il padrone di casa ci accompagna in una stanza abbastanza ampia che usano come magazzino della preziosa merce. La stanza è fresca e buia ma riusciamo a vedere una parete completamente rivestita di pani di hashish. Sono tutti avvolti nella plastica ma l’odore è comunque intenso. Saranno alcuni quintali di roba per cui l’odore è giustificato.
Iniziamo a trasportare fuori i panetti e li stendiamo nel doppio fondo del Mercedes. Due di loro fanno quasi tutto il lavoro pesante e noi dobbiamo solo controllare che tutto venga fatto a regola d’arte. In un paio d’ore il lavoro è finito, chiudiamo bene il pianale soprastante e lo riavvitiamo al fondo. Riposizionamo tutti i mobiletti, il letto e le mensole che fanno sembrare l’interno del bus un perfetto camper per vacanze di una coppia avventurosa.
Alla fine il conto dei kili caricati è di 160 . Non male, dieci in più di quello che pensavamo.
Il padrone di casa sorridente si avvicina e ci dice che il pranzo sta per essere servito nel giardino. Ottimo, perchè cominciavo ad avere appetito, la colazione con chai e nan è già stata smaltita e abbiamo tutti bisogno di mettere qualcosa nello stomaco.
Ci accompagnano nel giardino della casa, un luogo in cui vedo finalmente del verde. Ci sono degli alberelli di melograno ed altri ancora tutto intorno. Qualche fiore e anche dell’erba, cosa rarissima da queste parti. Evidentemente l’acqua non manca in questa casa, hanno un bel pozzo in angolo del giardino. Ci sediamo su delle coperte colorate stese per terra e delle donne cominciano a portare piatti di riso, carne, verdure varie cotte e crude. E nan in gran quantità. Tutto è squisito. La carne è saporita e tenera, il riso speziato ottimo e i nan sono da urlo. Quanta roba ci stanno servendo queste meravigliose donne ? Gli uomini ci guardano e ridono. Fa piacere vedere i tuoi ospiti mangiare con tanto appetito, è un segno di rispetto e noi non ci tiriamo certo indietro, la fame è tanta e il cibo squisito. Ci rimpinziamo e mandiamo giù il tutto con dell’ottimo chai. Dopo arriva la frutta. Meloni bianchi, cocomeri rossi, mele e melograni.
Un vero banchetto ! Ringraziamo e salutiamo i nostri anfitrioni e ci prepariamo per la partenza, dobbiamo essere a Peshawar prima delle cinque di sera. Abbiamo tutto il tempo ma è meglio muoversi.
Il portone si apre e uno di loro ci fa strada, sempre sulla moto, fino alla strada asfaltata. Lo salutiamo ringraziando ancora e svoltando a sinistra continuiamo verso est.
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