Ruth

Seguendo l’input del nostro anfitrione e fondatore Pino, pubblico un raccontino sulla vecchia Goa . Questo ennesimo lockdown, la sola parola ormai mi urta, e questo clima piovoso e grigio riporta in superficie ricordi e sensazioni, la musica di Metheney e Mehldau poi fa il resto.
Ruth
La prima volta che vidi Ruth fu ad una festa al Rose Garden di Anjuna.
Il Rose Garden, che prendeva il nome dalle piante di rose che crescevano nel suo giardino, era un ristorante in stile portoghese dalle pareti bianche, al suo esterno si apriva un ampio patio dove erano posizionati i tavoli ed uno spazio centrale che fungeva anche da pista da ballo. Un magnifico albero di mango procurava ombra nella calura del giorno e intorno al suo ampio portico cresceva una bougainvillea scarlatta che rallegrava il cuore alla sola vista. La cucina serviva ottimi piatti indo portoghesi ed il bar era ben fornito. Una volta alla settimana organizzavano una serata musicale con gruppi locali.
Il locale era pieno quella sera, tutti i tavoli erano occupati e parecchia gente del posto era rimasta fuori, accalcata intorno al muretto bianco di cinta, abbastanza basso da permettere di guardare all’interno senza fatica. Qualche donna aveva steso delle stuoie di fianco al sentiero di terra rossa che costeggiava il campo di calcio, anch’esso in terra rossa, e su di esse avevano posizionato in bella mostra pacchetti di sigarette e di candele, biscotti e altre cibarie. Le più intraprendenti avevano portato da casa i fornellini a kerosene e su di questi preparavano il tipico milk chai, dolce e bollente.
La stellata notte goana manteneva le promesse di profumi di rose e frangipani e una leggera brezza dal mare portava anche quello salato dell’oceano.
La band aveva piazzato gli strumenti sotto la veranda e non si aspettava altro che iniziassero la jam session che, come molte altre sere, sarebbe durata per parecchie ore, fino a notte fonda o fino a che ci fosse stata gente disposta a ballare. I musicisti di Anjuna e qualche altro che veniva da altre spiagge si sarebbero alternati durante la lunga notte di musica. C’era Neil con la sua Stratocaster bianca e Patrick, il francese di Parigi, con una Gibson Les Paul con cui aveva suonato nei concerti e nelle sale di registrazione in Francia con i Magic Circus. Patrick era un professionista e si sentiva. La sua tecnica era eccelsa e il suo stile era quel tipo di fusion jazz-rock che si stava affacciando sulle scene musicali a metà degli anni settanta. Poteva suonare per ore e insieme al suo fido bassista, Didier, creava musica che faceva ballare e sballare chi aveva la fortuna di assistere ai suoi concerti.
Quando la musica iniziò molta gente si alzò e cominciò a ballare sul pavimento di piastrelle del locale. Le danze erano molto libere e gli stili dipendevano dalla musica e anche dalle sostanze eventualmente assunte. Al primo cambio di musicisti Neil mi chiese se volessi suonare la batteria con loro dato che il batterista non era ancora arrivato. La cosa mi fece molto piacere ed accettai subito. Mi sedetti alla batteria e la band partì a razzo. Lo stile di Neil era quello del rock-blues e la pista si riempì subito di ballerini scatenati. Dopo alcuni minuti il mio sguardo, che vagava fra il pubblico, fu attratto da una ballerina, una ragazza alta dai lunghi capelli neri e ricci. Indossava pantaloni bianchi con lo sbuffo alle caviglie e un corpetto aderente verde smeraldo che le lasciava le spalle e il ventre nudi. Era molto carina e ballava bene, con grazia e ritmo. Non la perdevo di vista un istante. Finalmente i nostri sguardi si incontrarono e continuarono a cercarsi anche dopo. La ragazza era decisamente una ballerina instancabile oltre che brava e si vedeva che si stava divertendo un mondo.
Finimmo di suonare e mentre la band successiva si preparava io mi avvicinai alla ragazza e la salutai sorridendo. Lei contraccambiò il sorriso ed il saluto. Così scoprii che si chiamava Ruth e che era australiana. Era per la prima volta a Goa e il posto le piaceva un sacco. Parlammo un po’ della vita a Goa e dell’India in generale. Conosceva Bombay ma non era stata in nessun altro posto nel subcontinente, era arrivata direttamente in volo da Melbourne. Mi disse che le sarebbe piaciuto visitare il Rajastan e che quello che aveva visto del paese la affascinava moltissimo. Le chiesi se voleva andare a fumare una sigaretta fuori, dove si poteva parlare in pace, ma disse che preferiva restare li e che la sigaretta avremmo potuto fumarcela ugualmente. Forse avevo corso troppo ? La domanda mi salì spontanea, lei sorrise e si rimise a ballare.
La rincontrai qualche giorno dopo al Flea Market. Stava seduta su una stuoia in compagnia di Steve, un caro amico, e di un’altra ragazza. Mi avvicinai, salutai e mi sedetti con loro . Scoprii così che quella sera a Candolim a casa di un amico ci sarebbe stata una festa con cibo e musica live. “Perfetto” dissi, possiamo andarci insieme. Steve era senz’altro d’accordo e le ragazze pure. Così arrangiammo per la serata. Ruth sarebbe venuta in moto con me e Pamela, la ragazza bionda, sarebbe salita con Steve.
Arrivammo a Candolim all’imbrunire e già molti invitati si accalcavano intorno al tavolo imbandito di cibarie varie. In una tinozza piena di ghiaccio le birre aspettavano solo di essere stappate e bevute. Gli strumenti erano già piazzati sotto il portico della bella e grande casa sulla spiaggia. Ma il bello arrivò dopo il buffet. Il padrone di casa, con grande generosità, invitò i musicisti nella sua camera da letto e qui produsse un sacchetto pieno di polvere bianca, mescalina. Ci servimmo tutti.
Quando uscii dalla casa l’effetto della polvere magica del peyote iniziava già salire, le palme luccicavano sotto la luce della mezza luna e delle stelle, la risacca delle onde risplendeva bianca nel buio .
Entrai sotto il portico e li vidi Ruth che, girata di spalle, chiaccherava allegramente con altre ragazze. Mi avvicinai e le posai una mano sulla spalla, lei si girò sorridente ed io la baciai. Rispose al bacio . Fu un bacio dolce e lungo che mi fece salire l’effetto della mescalina alle stelle. Mi sentivo molto bene.
Ad un tratto la band iniziò a suonare ed io mi unii a loro alle congas. Era una serata veramente speciale, la musica fluiva potente e creava una bolla in cui tutti si divertivano e comunicavano fra di loro non solo a parole ma con sguardi e sorrisi, si era creata quell’unione di corpi e di menti che capita solo certe volte . Magic happens.
La notte era ancora lunga ma io e Ruth decidemmo di tornare a casa. La strada fino a casa, nel retroterra di Anjuna, era deserta e illuminata dagli astri. La mia camera, che dava sul giardino interno della casa, ci attendeva nell’oscurità accogliente.
Io e Ruth ci siamo rivisti dopo quarant’anni ad Anjuna, che nel frattempo è cambiata, in peggio, e così noi siamo cambiati, invecchiati certo, ma abbiamo ritrovato il feeling fra di noi intatto. Ci eravamo persi di vista e grazie a Facebook, come molti altri, eravamo rientrati in contatto dopo lunghi anni. Abbiamo passato insieme dieci giorni meravigliosi a raccontarci delle nostre vite e a ricordare i bei giorni della Goa preturistica, la magica Goa degli anni settanta.

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