Storie antiche
Lasciando Kabul #2
Questi sono i tropici ragazzi ! Oh si finalmente possiamo assaporare il caldo sapore dei tropici, il freddo inverno di Kabul sembra ormai così lontano.
Guidiamo seguendo una strada diritta, costeggiata da alberi e risaie, attraverso la piatta campagna pakistana, le montagne sono dietro di noi. Incontriamo alcuni villaggi di capanne fatte di terra e foglie di palma. La zona sembra alquanto povera ma non c’è miseria . I villaggi sono puliti e la gente è vestita in modo dignitoso.
Siamo tutti sorridenti mentre ammiriamo il paesaggio, le aspettative sono alte e non vediamo l’ora di iniziare il nostro viaggio per mare alla volta di Bombay e poi quindi di raggiungere la nostra terra promessa : Goa !
Io suono l’armonica improvvisando giri di blues mentre Bruno è al volante, gli altri sono rilassati sdraiati sul grande letto che occupa quasi tutto lo spazio posteriore del minibus, abbiamo appena gustato una canna di ottimo afghano, forse l’unica cosa che davvero ci mancherà di Kabul quando sarà finito e ad un tratto sento Bruno lanciare un’imprecazione : ecchecazzo !!!! lo guardo e vedo che tiene il volante fra le mani, si ma non dove dovrebbe essere, il piantone dello sterzo si staccato. Non ho il tempo di dire o fare niente, il minibus, senza controllo, vira a sinistra e si infila in un fosso, per fortuna vuoto e non profondo, che costeggia la strada e si ferma li.
Nessuno parla per alcuni secondi. Quello che è appena successo è troppo incredibile.
Il piantone dello sterzo si è staccato e non possiamo credere alla nostra fortuna, non andavamo veloci, non c’è molto traffico e poichè in Pakistan si guida sulla sinistra ci siamo fermati senza attraversare la sede stradale.
Dopo qualche minuto di incredulità e di commenti non proprio amichevoli nei confronti del vecchio Wolkwagen decidiamo di andare a cercare un meccanico. Cosi fermiamo un camion e chiediamo all’autista se mi può dare un passaggio fino al prossimo villaggio dove possiamo trovare aiuto.
Sicuro, dice, no problem. Le ragazze vogliono venire con me e così saliamo tutte e tre nella stretta cabina del coloratissimo camion e si parte. Le cabine di questi camion sono così ridotte rispetto a quelle dei nostri camion europei, con piccoli finestrini così stretti che non riesco a capire come possano vedere qualcosa all’esterno . Così eccoci qui schiacciati come sardine e si sta facendo buio, il tramonto arriva presto a gennaio. Non so se qualcuno di voi abbia mai viaggiato su uno di questi bestioni . Gli autisti sono semplicemente pazzi ! Le strade in oriente non sono molto larghe e quando un altro veicolo arriva dalla direzione opposta si deve scendere dall’asfalto della sede stradale e rallentando viaggiare per qualche minuto sullo sterrato che costeggia tutte le strade per poi ritornare sulla strada quando l’altro veicolo è passato. Ma a questi autisti burloni piace giocare. Per loro è un gioco, si chiama : chi si sposta prima è un coniglio. Così ogni volta che incrociamo un altro mezzo il nostro autista burlone aspetta fino all’ultimo secondo per spostarsi e scendere sullo sterrato. Ed è quasi buio, vediamo le luci dei camion in arrivo verso di noi avvicinarsi sempre di più, sempre più vicine e quando ci sembra che l’impatto sia imminente finalmente sterza verso sinistra, ridendo come un matto e lanciandoci occhiate
divertite
. Che show! Che viaggio !
Finalmente, grazie alla nostra buona stella ancora, arriviamo al villaggio e dopo avere salutato e ringraziato, buon viso a cattivo gioco diciamo, il nostro autista showman, chiedo dove posso trovare un meccanico. Me lo indicano e quando finalmente lo trovo nella sua officina, ma officina in questo caso è una parola grossa, gli spiego il nostro problema. Certamente , non c’è problema, come al solito. Arriverà sul posto dove ci siamo arenati nel fosso e ci aiuterà, ma l’indomani, ora è troppo tardi naturalmente.
Torniamo chiedendo un altro passaggio ad un altro camion e finalmente la sera tardi arriviamo dove gli altri ci stanno aspettando in compagnia di un pakistano. Lui abita non lontano,in uno di quei poveri villaggi che abbiamo visto lungo la strada e ci dice che starà con noi per tutta la notte. Non è sicuro restare fuori di notte da soli da queste parti . In più ci dice che lui è un cristiano cattolico, ci credereste incontrare un cattolico pakistano ora ? e vorrebbe parlare un po’ con noi che siamo italiani e cattolici. Parla un po’ di inglese e ci chiede del papa, dell’Italia dell’Europa. E’ veramente una persona squisita.
Passiamo la notte sul pulmino tutti insieme a parlare, un po’ riusciamo a dormire ma non molto.
Il giorno dopo alle prime luci arriva il meccanico, dio lo benedica, e riesce a saldare il piantone dello sterzo nella sua sede. Sembra proprio che tutto sia a posto adesso, possiamo finalmente partire per continuare il nostro viaggio verso la terra promessa. ma prima di partire il nostro amico ci invita a fare visita al suo villaggio. E’ un piccolo villaggio con capanne costruite di argilla e foglie di palma, un pozzo d’acqua al centro, capre e galline che gironzolano intorno.
Ci presenta alla sua famiglia mentre siamo circondati dagli altri abitanti che ci guardano e sorridono discretamente. Gli siamo profondamente grati per l’aiuto che ci ha dato senza chiedere nulla in cambio. Gli lasciamo in regalo un orologio che Loretta aveva portato dall’Italia e ci ritroviamo tutti un po’ commossi agli addii. Purtroppo non ricordo il suo nome ma il suo viso lo ricordo molto bene. Una gran brava persona.
E allora Karachi arriviamo ! Abbiamo ancora due giorni di strada lungo il fiume Indo e poi alcuni giorni di attesa a Karachi prima che la nave parta per Bombay.
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