PAPA’ ANDIAMO AL PARCO?

PAPA’ ANDIAMO AL PARCO?

Suonano alla porta. “Chi è?”

“Il corriere SPEDIZIONI, c’e un pacco per lei, deve scendere prego”.

Evvai esulta felice papà, non lo avevo mai visto essere così veloce.

Afferra la giacca, si infila le scarpe e corre verso la porta. Torna indietro.

C…o, il portafoglio, i documenti. Scende come se si fosse buttato nella tromba delle scale. Arriva al cancello, paga, firma, prende il pacco e come era sceso, dato che l’ascensore è occupato risale le scale con la stessa identica velocità. Entra in casa e lo appoggia sul tavolo, si toglie giacca e scarpe simultaneamente.

Lo guardo, apre il pacco, tira fuori un oggetto rettangolare con dei cavi, lo collega al televisore. Inserisce le batterie al telecomando; velocemente legge le istruzioni. Il resto apparirà sullo schermo. Mi sembra fuori di testa ma non essendo la prima volta resto in silenzio e lo osservo.

Terminata l’installazione si gira verso di me. Mi guarda e dice. Ora siamo collegati con tutti gli eventi sportivi, calcio, automobilismo, tennis e anche film . Lo guardo e penso. Ma non gli bastavano quelli che già aveva?

Ho difficoltà a ricordarli tutti ma so per certo che se non li ha tutti poco ci manca.

Vieni qui che ci vediamo Manchester contro il Liverpool.. anzi Perù  Bolivia. Insomma la mia programmata uscita è saltata. Lo guardo e gli dico che devo avvisare Gabriele che ci sono dei cambiamenti e che il nostro incontro al parco e la partita di calcio è rimandata. Mai contraddirlo, da un suo sguardo ho la conferma di quanto avevo pensato. Dai non ora, ci andiamo domani. Si ma ieri mi avevi detto la stessa cosa. Esulta! C’è tutto, tutte le fiction, posso interrompere e ripartire, registrare e rivedere quando voglio, dai vieni!

Mi invita a sedermi vicino a lui, non guardo il televisore. Guardo lui.

Visto il cambiamento devo avvisare che non sarò al parco per la consueta partita.  Posso usare il tuo cellulare? Si è sul tavolo.

E il tuo? Si è rotto. Non si può riparare? No è rotto lo schermo. Va bene, dopo te ne compro uno nuovo. Che modello ha il tuo amico? Il samsung S10. Bene allora compriamo il samsung A51. Così lo stendi.

Vado nella mia cameretta, mi tolgo la maglietta e i pantaloncini, per mettermi la felpa e i pantaloni della tuta. Tolgo dalla sacca gli scarpini, la bottiglia d’acqua e il pallone e lo ripongo sopra la libreria, ritorno nel salone e dal televisore si sente una voce.

Interrompiamo le trasmissioni, ci giunge notizia che a causa di una pandemia annunciata nei giorni passati, si stanno verificando decessi e ricoveri. Il ministero invita la cittadinanza a non uscire di casa in attesa di ulteriori disposizioni.

Da quello che emerge solo un altro comunicato ci dirà quando potremo uscire di nuovo. I giorni passano. Le uscite sono sempre più rare.

Mio padre non dà importanza al fatto. Esordisce con “dov’è il problema”, siamo collegati con tutto il mondo. Sport, spettacoli, film. Il frigo è pieno, il congelatore anche.

Abbiamo tutto, non ci manca niente.

Ho capito a causa della pandemia non si uscirà più. I miei incontri salteranno. I miei amici li vedrò attraverso WhatsApp o Skype, faremo dibattiti con Zoom. Le settimane passano, i capelli crescono e io guardo il soffitto. La scuola sul tablet , mi mancano i banchi, i compagni e gli insegnanti. Il suono della campanella.

Ci mancavano i decoder di mio padre. Mi viene voglia di urlare  “fatemi tornare a scuolaaaaaa“

Le settimane passano e la casa seppure grande si sta stringendo. Papà sembra in gabbia, accende spegne cambia canali, esce in balcone rientra. Io lo guardo. Ma come, era così contento di avere tutto in casa, le partite, gli sceneggiati, i film la formula uno e ora? Un anima in pena.  Dimenticavo, non andavamo più al ristorante ancora prima della loro chiusura. Si ordinava tutto online. Arrivava un rider in bicicletta o in motorino, suonava, papà scendeva  e risaliva con cartoni di pietanze o pizze.

Non so cosa fosse una prigione ma dai film e qualche racconto ne avevo una vaga idea.

La prigione è un luogo  che ti priva della tua libertà. I motivi per cui ci finisci sono vari. La casa non era una prigione, non c’erano le sbarre alle finestre ma delle grate che le potevano rassomigliare. Le avevamo messe dopo aver subito un furto. Chiusa quella grande che dava sul terrazzo ero anche io in prigione. Mio padre sembrava un lupo, andava avanti e indietro, sbraitava, afferrava il cellulare e con qualche amico imprecava contro il governo e sulle restrizioni. Ormai erano circa sei settimane che vivevamo chiusi in casa. C’era stata qualche uscita in farmacia  o per prendere il giornale o piccoli acquisti ma mai oltre il nostro quartiere. In più dovevi compilare un foglio con scritto dove andavi e da chi.  Per il resto si chiamava il supermercato, si faceva l’ordine e ti portavano quello che avevi richiesto, verdure, pane, frutta, bevande e tutto ciò che serviva per sopravvivere. Era assolutamente vietato uscire, solo con certificazione o un serio motivo documentabile.

Io passavo il tempo leggendo, facendo compiti, giocando con il mio  ipad o in conferenza via zoom dal computer con i miei compagni di classe. Non riuscivo a capire il disagio di mio padre, se lo era creato lui questo recinto. Se poteva avrebbe fatto arrivare il mare con la spiaggia e gli ombrelloni a casa.

All’improvviso chiama al telefono i servizi sociali. Alza la voce.

“Basta.. sono due mesi che mio figlio non può uscire di casa”. Dall’altra parte sicuramente cercano di tranquillizzarlo ma niente. “Mio figlio deve uscire, avete capito. E’ un bambino ha bisogno di correre, giocare, incontrarsi con i suoi amici. Tornare a scuola. AAAvete capito o no”!

Lo guardo, mi viene un dubbio e se non fosse mio padre? Mi sembra uno che gli rassomiglia. Ma come fino a pochi mesi fa esultava con il tutto a casa e ora è pronto a buttare tutto dalla finestra. Speriamo si ritorni presto alla normalità. Lui davanti al televisore e io al parco con i miei amici.

Decido di affrontarlo. Papà, ascoltami. Capisco il tuo disagio che non è differente dal mio. Ti volevo informare che il mondo non è quello che osservi da quello schermo. Si è vero puoi andare agli antipodi, vedere tutte le partite del mondo, tutti campionati automobilistici, sci, nuoto, tennis, film, sceneggiati e la notte  di tutto di più. Ma non hai l’odore di quello che osservi, lo strusciarti a quello che ti sta a fianco e magari discuterci perché non la pensa come te per poi salutarlo. Il mondo che vedi lì dentro non ti trasmette niente oltre che immagini. Il freddo, il caldo, la pioggia che ti bagna , i profumi delle piante, gli odori dei cibi. Ma sei sicuro che quelle pietanze siano realmente buone?  O te lo fanno credere perché con una smorfia del tipo “uhmmmm che buono” ti convincono che lo siano davvero. Basta era questo che ti volevo dire.

Si hai ragione, vestiti, usciamo. In pochi attimi siamo fuori di casa, saliamo in auto per dirigerci in qualche località montana o al mare. E’ lui che guida, io sono seduto dietro con la cintura di sicurezza. Imboccato il viale una pattuglia della polizia ci fa accostare. L’agente con un saluto militare ci chiede “dove state andando?”

 Mio padre risponde “a prendere una boccata d’aria” e l’agente replica, non è consentito. Patente, libretto, documenti. La faccenda si conclude con un rientro forzato a casa e una sanzione di euro 400.

Concludo la storia. Avrei potuto inserire i cugini, mia madre i nonni che mi mancano tanto ma ho voluto affrontare con mio padre cosa stia succedendo e quanto sia importante tornare ad incontrarci nelle piazze e nella strade. Provare un paio di scarpe e non acquistarle in internet, provare una giacca e chiedere al venditore come mi sta. Sedersi al tavolo di un ristorante e chiedere che cosa c’è di buono, per  sentirsi dire “oggi le consigliano” “la specialità della casa” e “acqua, liscia o gassata”? O seduto in una sala cinematografica per poi consumare popcorn rigorosamente OGM con una bevanda al 60%  di zucchero. Il gusto non lo troverete nel sapore ma nell’etichetta.

Ma a breve, in un cinema questo Grande Schermo di fronte a me, inizierà la fabbrica dei sogni…. e non in una scatola da 103 pollici al plasma.

Cosa desidero? Tornare a vivere. Non chiedo altro al mio futuro.

A…. dimenticavo di dire, sono nonno Eddi,  ho cercato di scrivere una storia con la voce di mio nipote Matteo

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