Non c’erano tanti turisti a visitare il Partenone, a quell’ora faceva un caldo insopportabile, ma cosa vuoi che sia per una famiglia che proveniva dal Brasile! Certo, il povero cane siberiano aveva la lingua che gli strusciava per terra, ma anche lui, con il suo altisonante nome genealogico, White Plains of Canada, era nato in Brasile , quindi nonostante la calura infernale,molto soddisfatto, lasciava il suo segno sui resti di capitelli e marmi vari che erano all’altezza della sua zampa alzata.
Devo dire che emozionante è un eufemismo, avevo letto l’Odissea a 6 anni,ero innamorata della mitologia in genere, dei miti e leggende dei popoli di tutte le razze, e mi trovavo a caminare su secoli di storia, così, come se stessi passeggiando con un gelato in mano! Molto spesso chi vive in posti dove il passato si riconosce in ogni sasso, non si rende conto cosa ha intorno e da per scontato cose che altri invece possono solo sognare di visitare un giorno. Non a caso , chi nell’800 se lo poteva permettere, intraprendeva il viaggio della vita, il Gran Tour, che fra gli altri luoghi, includeva Roma ed Atene.Viaggio e conoscenza , in luoghi lontani, per ammirare l’arte e toccare con mano quella storia che studiavano sui libri.
Comunque, finita la visita , scendiamo ai piedi dell’Acropoli e ci immergiamo nel caos di Atene, tra le stradine di Plaka e Monastiraki.
Che divertente, in quegli anni si trovava di tutto e la “fauna” locale era veramente uno spettacolo! Ci accomodiamo a un paio di tavolini in un bar per un caffè frappè e un giros.Il ricordo di quel bicchiere pieno di schiuma color nocciola bella fredda che va giù che è una delizia, è legato ad un Atene -Mykonos, quando ancora c’era il piccolo aeroporto per i voli interni.
Se ,come sempre , l’aereo non arrivava puntuale , si poteva uscire e si andava in una piccola spiagetta nei pressi dell’aeroporto dove in un baretto preparavano uno dei migliori caffè frappè che abbia mai bevuto .
In uno dei tanti viaggi verso Mykonos ,seduta dietro la cabina di pilotaggio, sul ATR che mi portava sull’isola, vedo il comandante col finestrino aperto, braccio fuori , sigaretta e frappè in mano che chiude il suddetto finestrino solo dopo avere decollato.
La prima volta mi sono un po’ preoccupata, poi , negli anni , ho capito che era la prassi… finché non hanno spostato tutti i voli in quell’orrendo aeroporto internazionale tirato su in fretta e furia in occasione delle Olimpiadi , costruito in mezzo al nulla ,dove nemmeno uscire per fumarsi una sigaretta era piacevole!
Niente più caffè seduta sulla spiaggia, niente più noccioline vendute dal nano deforme che si trascinava dietro un carrello di legno fatto artigianalmente, dove erano in bella mostra , noccioline, sigarette, caramelle e biglietti della lotteria , niente musica che usciva dagli altoparlanti fuori dal parcheggio dell’aerostazione…
Era finita un epoca,peccato , alle volte la tecnologia ci fa perdere quelle piccole occasioni di contatto umano, di vivere momenti unici , che possono solo accadere quando le cose sono meno asettiche…
Comunque, per il momento ce la spassavamo e tra un giro tra le botteghe, un assaggio di souvlaki e altre delizie di strada, prima che diventasse una moda da chef stellati , il tempo di tornare al porto era arrivato .
Finalmente c’imbarchiamo! Era sera tardi e le previsioni meteorologiche non erano delle migliori.Ci sistemiamo in una cabina da 4 sul ponte, 8 persone più due cani, stipate in un angusto buco con la porta come unica apertura .
E ci era andata bene, perché la prima sistemazione era sotto al garage, vicino alla sala macchine,un girone infernale, dalla quale eravamo ovviamente fuggiti perché non avevamo nessuna intenzione di morire , sordi,asfissiati o cotti dal calore pazzesco.
Tenevamo la porta aperta perché unica fonte d’aria, io per terra con i cani, gli adulti appollaiati sulle cuccette, due per letto , mia nonna e le mie sorelle piccole negli altri due letti in alto.
Un mare bello incavolato, onde che sballottavano da tutte le parti nave e passeggeri , e mia madre in piedi vicino alla murata che cercava di resistere al mal di mare…. sennonché purtroppo successe l’inevitabile,uno dei tanti hippies che erano seduti per terra a suonare la chitarra,( si, col vento, freddo, le onde, erano strafatti e non se ne accorgevano di nulla),gli accende sotto al naso un bel cannone e vai, non ho mai visto uscire tanta roba da una persona!Mia madre , con quella puzza, gli aveva letteralmente vomitato addosso frappè, giros, souvlaki e anche qualcosa del giorno precedente!
E questo era solo all’inizio di un viaggio veramente schifoso, per la sporcizia dei bagni dove galleggiavano assorbenti e qualcos’altro su un pavimento ricoperto da tre dita di liquami non meno definiti, inutile dire che la pipì la facevamo dietro alle scialuppe , per i sorci e le blatte che non si sa perché continuavano a passare di corsa facendo la spola fra la murata e la nostra porta, per tutti quelli che facevano i loro bisogni dove capitava, e per la puzza di gasolio,fumo, erba, vomito e deiezioni umane che permeava ogni angolo del traghetto.
Nonostante che gli spruzzi delle onde arrivassero fino a noi, aver lasciato la porta aperta per avere un po’ d’aria si era rivelata una buona pensata perché riuscivamo a sentire le voci dei marinai .
Quella carretta galleggiante aveva effettuato soste in alcune isole buie nel mezzo della notte senza che alcun altoparlante o qualcuno ne avesse indicato il nome , ma finalmente sentiamo urlare dal ponte di prua, “hella Kalimnos, hella” , o perlomeno sembrava di aver capito così .Non avevamo la più pallida idea di dove ci trovassimo.
Intontiti dallo sbatacchiamento del mare in tempesta e dalla stanchezza , saliamo in macchina e con molta difficoltà perché nonostante fossimo ormeggiati , la nave ondeggiava paurosamente ,rischiando di farci precipitare in acqua ,sbarchiamo al buio di un alba nera come la pece,senza essere veramente certi che fosse l’isola giusta.
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Una risposta
non è un viaggio: è una deportazione. Speriamo che migliori con l’alba e comunque mi hai fatto rivedere colori di Grecia che non ci sono più. Brava.