Finalmente arriviamo nel porto turistico.
Ovviamente il piazzale era vuoto , eccezion fatta per alcuni gabbiani e dei pescatori che sistemavano le reti.E Dimitri?
Eccolo,seduto placidamente a sorseggiare il suo frappé sotto la veranda di uno dei due bar .
Eravamo dispiaciuti per averlo fatto aspettare,ma lui non sembrava minimamente scocciato dall’attesa.
I greci sono così, se la prendono con calma, anche perché cos’altro avrebbe potuto fare, noi l’avevamo chiamato da Atene per confermare l’arrivo ma non essendoci ancora all’epoca il “santo cellulare “, non l’avevamo potuto informare del nostro arrivo nel porto sbagliato.
Dovevamo avere un aspetto un po’ sfatto perché appena ci vide scendere dalle auto, inarcò un sopracciglio e sempre col suo frappé in mano, si avvicinò alle macchine con aria interrogativa.
Kalimera! Buongiorno, finalmente ,ma che fine avevate fatto?
Dopo che ebbe sentito le spiegazioni, si fece una grossa risata , finì il caffè e salì in macchina con Pigi e Dani.
Hella,pame!Vi porto alla casa ma prima ci fermiamo per un boccone.
Kalimnos non è un isola molto grande, un centinaio di km di diametro e all’epoca del mio viaggio, nemmeno tanto conosciuta dai turisti .
Oggi è famosa oltre che per le sue spugne di qualità,anche per il free climbing ed in effetti a pensarci bene, quegli strapiombi a picco sul mare devono avere un certo fascino per gli amanti dell’arrampicata.
Qualcuno che ci è andato in tempi più recenti mi ha dato una descrizione che non combaciava con i miei ricordi; un posto divenuto turistico , con mille baracchini offrenti arrampicate in montagna, i soliti giros/pizza , kebap e souvenir shop che avevano sostituito le caratteristiche taverne e i volti antichi dei pescatori ,ormai un ricordo sbiadito , rimpiazzati con facce serbe,croate, bangladeshe e … italiane.
Ma siamo nel 1976, niente internet, cellulari, social e trip advisor, quindi chi ci arriva, lo fa perché è in cerca di quella Grecia isolana ed isolata , con i suoi pro e i contro , unica ,autentica e rustica.
Potevamo accorgercene ad ogni km fatto in campagna , i muretti a secco, le case dipinte a calce , cubi bianchi al sole del mattino, con un piccolo cortile , un albero, due capre ,qualche palo della luce indicavano comunque la volontà di strappare alle rocce un angolo per coltivare qualcosa.
Ogni tanto una vigna, arsa dal sole .
Mancavano pochi chilometri a Myrtie e Dimitri ci fece fermare nell’aia di una di queste fattorie .
La casa cubo ,di un bianco abbacinante ,aveva uno splendido pergolato ricoperto da non so quale pianta in grado di resistere a quel clima .
Ci accomodiamo sotto quella macchia verde,la prima incontrata da quando eravamo arrivati.
Dall’unica porta escono, nell’ordine: due ragazzini scalzi con occhi nerissimi, un’anziana vestita di nero piegata e nodosa come un ulivo,un gatto , nero pure lui, una ragazza in minigonna, presumibilmente della mia età , un uomo
e una donna abbastanza giovani e infine un uomo anziano appoggiato ad un bastone di ulivo, con un aspetto così antico ed austero da sembrare uscito da un film mitologico.
L’intera famiglia si schiera davanti a noi.
Attimi di imbarazzo quando i nostri due cani , con i guinzagli attaccati alle panche dove eravamo seduti, partono a razzo per acchiappare il gatto, che rimane immobile a distanza di sicurezza accanto all’anziana nodosa ,la quale ci fulmina con uno sguardo che da solo avrebbe incenerito una foresta.
E qui ci vuole una parentesi, avevamo capito che in Grecia i cani non erano molto benvoluti, forse un retaggio levantino, e i greci avevano paura dei nostri due , tenendosi alla larga o minacciandoli con calci tant’è che un paio di volte abbiamo rischiato la rissa per difenderli.
È vero che il siberiano aveva questa maschera che lo faceva sembrare ferocissimo e la cagnetta era molto simile ad un lupacchiotto, ma erano due bestiole dolcissime e affettuose con tutti, forse anche troppo.
Ed è anche vero però che per i gatti non avevano pietà, li ho visti più di una volta a caccia di felini ,collaboravano tra di loro e a malapena riuscivo a salvare il malcapitato quando me ne accorgevo.
Ma l’ellenico micio non aveva fatto una piega, forse calcolando la lunghezza del guinzaglio o forse rassicurato dalla presenza della sua anziana padrona, si era limitato ad un miao e una strusciata sulla sua veste nera.
Interviene Dimitri , e superato l’incidente ,con i cani che vengono riportati in macchina, inizia le presentazioni .
Ci spiega che il vecchio signore è un suo zio per parte di madre , conosciuto nell’isola perché aveva , da solo, fatto saltare in aria un’imbarcazione tedesca. Da giovane pare fosse uno dei migliori pescatori di spugne in apnea e quindi aveva attaccato sotto la chiglia della barca una specie di mina e sempre sott’acqua, aveva tagliato gli ormeggi in modo che quest’ultima esplodesse lontano dal molo e dalle case dei pescatori suoi amici.
A mio padre, partigiano e anarchico convinto, questa storia piacque moltissimo ed in un ital-greco stentato,si appartò col vecchio a parlare di politica e di ricordi di guerra.
I bambini erano figli della coppia giovane.
I due , sulla trentina, gestivano una taverna in paese e coltivavano l’uva che gli serviva per preparare il vino da servire al locale.
Avevano anche qualche capretta e delle pecore con il cui latte facevano del formaggio.
L’anziana in nero era la sorella del vecchio pescatore,a sua volta padre dei due giovani.
Finite le presentazioni, Dimitri aveva spiegato chi eravamo e da dove venivano, complice i racconti di guerra e i cani rinchiusi in macchina, l’atmosfera era rilassata e gioiosa.
La coppia parlava un po’ di inglese, gli altri solo il greco, il vecchio un poco d’italiano, ma ciò nonostante ci si intendeva a meraviglia!
Ci fanno andare dietro alla casa dove c’era una specie di cantina con un torchio e delle botti.Su delle assi di legno, una fila di formaggi a maturare e delle ceste con dentro qualcosa che sembrava della ricotta.
Dimitri traduce e ci spiega che li fanno vino,formaggi e yogurt .
Che profumi!!! In quella penombra umida e fresca della piccola cantina , una casupola imbiancata a calce come la casa, sembrava di essere in una capsula del tempo , era come se fossimo ritornati indietro di milleni,con il vino liquoroso ed il formaggio ,che da sempre venivano fatti allo stesso modo .
Ritorniamo sotto il pergolato e la ragazza in minigonna, una cugina della coppia, ci porta un formaggio , del pane con semini di sesamo,una ciotolona piena di yogurt , un altra con dello yogurt con fette di cetriolo e aglio,un insalatona con olive , pomodori , lattuga , cetrioli e fette di formaggio bianco.
L’avrei saputo dopo che quello era il tipico spuntino greco, tzaziki, koriatiki e feta!
Il vecchio prende un coltellaccio e comincia a distribuire fette di pane e formaggio,mentre sua sorella, sempre seguita dal gatto, torna con una caraffa di acqua fresca e una di vino.Che strane caraffe , di alluminio colorato, una rossa e una celeste scuro.
Ci viene detto di prendere l’acqua ed aggiungerla al vino.Pigi,che come lavoro gestiva un azienda vinicola di prestigio, gridò al sacrilegio.
Dimitri sogghigna e gli dice di provare il vino così com’è: non dimenticherò mai la faccia del nostro amico napoletano!
Praticamente era mosto, come si faceva il vino ai tempi di Ulisse,una specie di sciroppo liquoroso tipo vino del porto ma denso ! Ecco perché bisognava metterci l’acqua!
Veniva servito in bicchierini di vetro piccoli , quasi da liquore.
A questo punto devo dire per onor del vero,che non era proprio il massimo della bontà , ma dopo il terzo bicchierino sembrava un Barbera.
Mangiavamo di gusto e chiacchieravamo in un misto di lingue molto divertente ma ci si capiva!
Seduta su quella panca di legno, con quella gente cosi spontanea , mi sentivo bene !
E ho imparato una delle parole più belle della lingua greca : Thalassa, sussurratami all’orecchio dalla ragazza in minigonna mentre m’indicava oltre la collina in lontananza ,lo sbrilluccichìo del mare.
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2 risposte
Posto stupendo, bella gente, buon cibo e vino locale + Thalassa! ed un gatto che non si lascia impressionare. Che vuoi di piu’, il tutto ben raccontato. Che succederà’ nei prossimi giorni?
Grazie Claudia per questo bel racconto. Speciamente ambientato nel 1976, anno in cui io approdavo a San Francosco.
In Grecia non ci sono mai arrivato, non ci fu mai l’occasione, anche se mi sarebbe piaciuto. Mi piace particolarmente come descrivi il paese, l’isola, e la gente (e gli animali).
Brava!
Aspettando il seguito…