La strada era in discesa ma non per questo meno impegnativa. Bisognava fare un sacco di lavoro di freni e scalate di marcia. Non e’ che ci fossero molte marce da scalare visto che la 2CV ne aveva solo tre, quattro con la retromarcia, ma pure bisognava andare dalla terza alla seconda con la famosa “doppia debragliata” per non grattare la frizione. Si scendeva giu’ fra gole rocciose molto alte, la strada era stretta e scavata sul costato di una montagna, da una parte la parete rocciosa e dall’altra la gola con in fondo un fiume che scorreva velocissimo fra rocce e massi e tronchi di albero incastrati fra le pietre. Una specie di meraviglia dell’orrido. Arrivati al fondo della gola ci fermammo qualche minuto ad ammirare il paesaggio, respirare aria di montagna e mangiare l’ultimo pezzo di pan di granturco e formaggio che la vecchia ci aveva regalato seduti su un masso in riva al fiume.Saltellando da una roccia all’altra arrivo’ un ragazzino, sbucato da chissa’ dove, e naturalmente si fermo’ a guardarci. Era meglio cominciare a farci l’abitudine perche’ da ora in poi avremmo attirato la curiosita’ dei ragazzini, e spesso anche dei grandi, ad ogni nostra fermata.Il piccolo montanaro aveva con se una canna da pesca e un bel po’ di trote infilate ad un laccio. Sulle spalle una giacca di velluto, cominciava a fare fresco, e in testa un cappello con una scritta in cirillico rossa. A gesti ci chiese se andavamo a Pec e se volevamo comprare qualche trota, al nostro no fece un sorriso, alzo’ una mano in segno di saluto e spari’ da dove era venuto. Intanto le nuvole sopra le montagne si erano scurite, la luce era cambiata e minacciava pioggia.Arrivammo a Pec con la pioggia. L’aspetto era grigio sporco ma era solo la prima impressione.Cercammo un hotel nel quartiere islamico e ne trovammo uno a pochi dinar per notte dalle parti del Bazar. Pec ha una storia ricca di invasioni, conquiste e riconquiste, Serbi, Albanesi, Croati, Turchi . Perfino gli Italiani la hanno occupata per un periodo al tempo in cui l’Albania era “Italiana” e amministrata da un governo fantoccio fascista. La ragione principale di tanta brama e’ la posizione strategica in cui si trova, vero ponte etnico culturale religioso in una regione, i Balcani, che tanto, a ragione, preoccupava Churchill. Lo stesso bazar dietro il quale si trovava il nostro hotel fu distrutto e ricostruito varie volte da diversi occupanti, l’ultima delle quali durante la guerra del Kosovo qualche anno fa. Passeggiando per quelle strade strette e poi uscire su strade piu’ ampie fuori dal quartiere islamico, passare dalle Moschee alle Chiese Serbo Ortodosse si sentiva una citta’ poco felice, si sentiva una tensione nell’aria che non riuscivo a fissare e digerire, ma rimaneva nell’aria sotto forma di vibrazioni in attesa di esplodere da un momento all’altro, cosa che poi sappiamo successe con massacri orribili da tutte le parti. Mi chiedevo come fosse possibile che questa gente di diverse culture, religioni, politiche possa vivere per lunghi periodi in pace ma continuando ad odiarsi uno con l’altro solo aspettando il momento in cui sara’ ok tagliare la gola del vicino.Ci fermammo ad un caffè a meta’ fra l’islam e l’ortodosso attirati dalla musica di mandolino che veniva dall’interno. Aveva ricominciato a piovere. Il musicista era un cliente. Stava bevendo slivoviz con degli amici e sgranocchiando pistacchi la cui buccia veniva regolarmente gettata a terra. Tutti con grandi baffi, davanti ai quali i miei letteralmente scomparivano. Ovviamente non ci si capiva con la ragazza del caffè, carina biondina guance rosse e occhi intelligenti, ci porto’ in cucina e ci fece segno di vedere che c’era e scegliere. Una operazione che avremo fatto sempre da quel giorno in poi.Tutte cose buonissime cotte sul fuoco a legna, e uno yogurt eccezionale. Vino locale, che non era un gran che.Il musicista era eccezionale e il gruppo di amici si stava divertendo e a volte cantavano tutti insieme ma molto moderatamente. Il tipo suonava melodie che, come la citta’ stessa contenevano accenni di tutto, musica araba, greca con note improvvise di musica raga indiana e gypsy rumena o ungherese . Un vero piacere ascoltarlo. Lo strumento risulto’ non essere un mandolino ovviamente ma un Tambura, una specie di mandolino ma con il collo molto più lungo e con otto corde. Variazioni di tambura si incontrano dall’India al Marocco, cambiano nome, numero di corde, fattura, ma basicamente sono lo stesso strumento. Possiamo stirare la famiglia del tambura fino al Laud dall’Egitto al Marocco per poi diventare la Guitarra Portuguesa in Portogallo ed infine la Chitarra flamenca dei Gitanos spagnoli.I miei baffi attirarono uno degli amici e appena i nostri sguardi si incrociarono mi fece capire che i suoi erano meglio dei miei e io gli feci capire che era solo perche’ lui aveva era piu’ vecchio di me. Confabularono e si misero a ridere. Il ghiaccio era cosi’ rotto e ci invitarono al tavolo. Appena saputo che eravamo Italiani il musicista attacco’ a suonare Volare e tutti cantarono nella loro lingua. Solo volare veniva detto in italiano. Pensai che dovrebbero farne l’Inno Nazionale invece dell’ Inno di Mameli che nessuno conosce. Mi pentii di aver rivelato la mia italianita’. Continuarono con la loro musica per una ventina di minuti. Ad ogni canzone si fermavano e bevevano slivoviz.Conversando a segni appresi che il tambura era stato comprato in Bulgaria molti anni prima e che lui ed i suoi amici erano generalmente considerati Roma, ma in realta’ erano Albanesi discendenti di antichi egiziani. Questa cosa degli egiziani mi sembro’ strana.Mentre la provenienza della musica cominciava ad essere chiara, la provenienza di questa gente si offuscava, ultima domanda di che religione? Ero sicuro che fossero Ortodossi e invece erano musulmani. Ci chiesero dove andavamo. Skopje e poi in Grecia a Thessaloniki.Mi guardarono e mi consigliarono di stare attenti in Grecia. I greci sono tutti ladri…
Admin
ci ritrovo facce e luoghi. più o meno le stesse strade che ho fatto anch’io in quell’epoca. parli di “noi”: tu e chi?
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Paolo Paci
AuthorY. la donna con cui stavo. ma la storia della relazione non fa parte dei miei racconti.Ma se ti ricordi era a Kabul con me
Pino Cino
AdminPaolo Paci si. mi sovviene vagamente. ricordo meglio te
Paolo Paci
Authorci sono due cose che non ricordo il nome di quel ragazzo napoletano che stava con te e noi come e dove ci siamo incontrati
Renato. io avevo in gestione un albergo che un afghano emigrato mi aveva lasciato. ospitavo tutti aggratis. forse
Paolo Paci
AuthorRenato, certo! ricordo l’albergo, ma devo fare molto mente locale per quei giorni… ci arriverò’ alla fine del viaggio… mancano ancora un po’ di puntate. Comunque grazie per aver ideato questa pagina senza la quale non starei scrivendo queste memori… See More
Pino Cino
Adminsi. noi c’eravamo
Paolo Paci
Authordai che ci siamo divertiti…
Sergio Baldi
Paolo Paci e neanche poco
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