Qualche tempo fa…

Qualche tempo fa, mia moglie (Americana) mi disse “Sai, noi siamo stati la prima generazione cresciuta con il rock and roll. Prima di noi non c’era, e dopo, è diventato mainstream…”

L’osservazione non mi suonava giusta però… Il rock era nato e diventato popolare per la generazione di mia sorella maggiore Fiorella, nata nel 1940, che diciottenne ascoltava a Elvis Presley e altri artisti Americani nel 58 quando vivevamo in Spagna. Sia mio padre che lei, lavoravano alla base militare Americana di Rota, ed io feci amicizia con dei ragazzi americani della mia età (12 anni)… Ritornato in Italia poi, scoprii Little Richard e Jerry Lee Lewis, Carl Perkins, Chuck Berry, Gene Vincent & the Blue Caps… Tutta roba che mi piaceva molto più di Elvis.
In Italia intanto, il rock stava apparendo nel talento locale. Per me, il primo rocker italiano fu Arrigo (Ghigo) Agosti, con il suo gruppo Gli Arrabbiati, si esibivano in giro per l’Europa e in Italia, ma il cui primo 45 giri Coccinella, fu censurato e venne rilasciato con qualche anno di ritardo. C’erano Gli Urlatori: Tony Dallara, Mina, Brunetta, Giorgio Gaber e i suoi Rocky Mountain Stompers, Clem Sacco, Little Tony, … e, Adriano Celentano e il suo gruppo I Ribelli. Celentano, che a quel punto non parlava ancora Inglese, faceva le cover di canzoni americane e quando non capiva le parole, se le inventava… Sennò, Rock italianizzato, con arrangiamenti orchestrali e cori…
Il Rock europeo era di seconda mano, la Francia aveva Johnny Halliday, e la Gran Bretagna aveva Tommy Steel, tutte più o meno imitazioni di Elvis, molto provinciali, e superficiali, che non avevano lo spirito duro e rivoluzionario degli originali americani. Ed eccoti il Mersey Sound, il Mersey Beat, che viene da Liverpool, un’evoluzione dello Skiffle, molti complessi Inglesi che iniziano con le vecchie cover, ma che cominciano a incorporare molto materiale nuovo con tante canzoni di successo Europeo e mondiale. Contemporaneamente al Mersey Beat, nel mondo della musica, il termine Beat, era legato ai poeti e scrittori della generazione beat (Ginsberg, Ferlinghetti, Kerouak, Corso, etc.), era di uso comune come anche il termine Beatnik, per descrivere artisti, poeti, e personaggi anticonvenzionali che facevano uso di droghe.
I Beatles meritano più di un capitolo, basta dire che fra tutti, furono i più grandi innovatori del Rock mondiale. Con la sperimentazione musicale, e cerebrale, con l’inclusione di strumenti e filosofia indiana, e la sperimentazione con le droghe, hanno influenzato il mondo intero.
Secondi, ma alla fine, più longevi, i Rolling Stones, che al contrario dei Beatles, si proponevano come più ‘cattivi’ e ‘volgari’ con il loro materiale e stile di vita.
E così la proliferazione dei complessi Beat anche in Italia dal 64/65, troppi da ricordare e nominare, pochi che ottennero gran successo duraturo fuori dall’Italia.
Poi, dal 71 in poi, non ho più seguito la musica italiana, avendo scelto di venire a vivere nel paese dove è nato il rock, i termini Beat Generation e Beatnik, e viverlo di prima mano, scoprendo sempre nuove piccole radici che spuntano dal passato, che come pezzi mancanti di un puzzle, forniscono più dettagli.
Gospel, blues, rythm & blues, country, rockabilly, rock & roll, delta vs Chicago, Mowtown vs New Orleans, Metal, Punk… tanti stili e tante influenze….

Questo capitolo precede il mio post anteriore intitolato “Fumo e pasticche”

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