E’ uno di quei giorni

E’ uno di quei giorni

John Flores – 7 Agosto 2021

Come al solito, mi sveglio verso le dieci di mattina, il solito dolore al fianco sinistro e alla spalla destra, cose che mi portano a girarmi durante la notte, alternando dove posare il peso, come in politica, mi tocca accettare il minore dei due mali e viverci… Non avendo l’obbligo di dovermi alzare presto, come facevo quando lavoravo, e presa l’abitudine di guardarmi qualche film in televisione fino a che con gli occhi che mi si chiudono, spengo e mi addormento verso l’una o le due di mattina, a volte anche più tardi, mi piace godermi il sonno.

Sono anni che, benché sposato, dormo nel letto matrimoniale da solo, mia moglie, avida delle sue trasmissioni televisive, finisce per addormentarsi sul comodo divano nel living, circondata dai nostri cinque cagnetti. E’ sveglia molto presto la mattina, e naturalmente quando mi alzo e vado in cucina, il caffè è già pronto, devo solo versarmi la tazza, qualche volta, riscaldarla nel micro-onde per pochi secondi…

Nella piccola casetta ereditata dai suoceri, c’è un impianto d’aria condizionata che circola per ogni stanza. Sempre acceso, lo manteniamo sui 23 gradi, mentre fuori in giardino il termometro ne registra 34 o 35, con l’umidità molto alta, che fa aumentare il calore insopportabile. In Florida non si può vivere senza AC! In macchina, in ogni ufficio e edificio pubblico, è un modo di vita.

Do uno sguardo attraverso la porta vetrata scorrevole al giardino… qualche volta esco e mi godo l’espresso da solo, seduto all’ombra della tettoia, respirando l’aria, guardando gli uccelli che passano e che si fermano come per salutarmi, ma in realtà aspettano solo che io rientri, per poter accedere indisturbati al mangime che gli lasciamo. Lucertole dappertutto, piccole, medie, grandi, che si fermano a guardarti mentre le esamini, con la vescica sotto il mento che gli si gonfia come un palloncino arancione…

Troppo caldo, e mi ritiro al mio ‘studio’, quella che fu la stanza di mia moglie da giovane, circa tre per quattro metri, con una finestra che guarda sulla casa accanto. Una piccola veneziana perennemente chiusa mi evita la vista del movimento dei vicini, e la luce diretta. Diversi tavoli da lavoro dove risiedono: il mio vecchio Mac G4, con un bello schermo, la stampante/copiatrice/scanner HP Office Jet Pro, la stampante formato grande della Epson che uso per le mia stampe speciali, il mio MacBook Pro, sul quale scrivo, circolo per l’internet e mi collego con il mondo, tre pareti di scaffali e cassetti, provviste di carta e di colori di tutti i tipi, inchiostri, acrilici, oltre alla mia arte, disegni originali in grandi portfolio appoggiati ai muri, e tanti libri che conservo da anni, e che rivisito saltuariamente. Alcune mie figurine di cartapesta, diversi castelli con donzella e drago di varie misure e aspetti, colorate con colori acrilici, pure una di noi due in costume da clown, che usammo come adorno sulla nostra torta nuziale… due o tre maschere, due portacenere, è l’unica stanza dell’intera casa, dove tutt’e due fumiamo le nostre sigarette. Due porte danno accesso alla stanza da due parti diverse della casa.

Ecco la prima sigaretta. Tossisco, mi schiarisco la gola e sputo del catarro in un fazzoletto di carta. Sono anni che i dottori mi dicono che devo smettere. COPD, fatico a respirare, eppure il sapore di quel tabacco, la particolare miscela di Virginia biondo e il Turco nero, delle Camel senza filtro, che fumo da sempre, ancora mi piace, e mi da gusto. Poi, le aggiunte di sapori, dallo zucchero, la liquerizia, la cioccolata ecc., contribuiscono assieme alla nicotina, ad assuefarti i sensi.

Beth, che aveva smesso da tanti anni, riprese a fumare quando nel giro di pochi mesi, andò in pensione, le morì il padrino (un anno e mezzo dopo la morte della madre), e prendemmo la decisione di spostarci in Florida… lei fuma le Marlboro bianche (leggere) con filtro, e ne fuma la metà di quelle che fumo io.

L’idea di lasciare la California non fu facile, ma il mercato degli affitti stava raggiungendo livelli assurdi, e non eravamo mai stati in grado di pensare a comprarci qualcosa di nostro. Quando vivemmo in cima a Mt. Tamalpais in Mill Valley, Beth provò a chiedere un aiuto alla madre, che era appunto agente immobiliare, ma le rispose che non ne valeva la pena, che non era un buon affare… Invece era proprio un buon affare e avremmo potuto possedere la nostra casa propria, in una località stupendamente unica… Non era nel destino.

Suona il telefono, ecco, la prima chiamata robotica del giorno, che palle! “O’ John! So’ Sirvano!” mi dice la voce di Silvano dal Canada, dove ha vissuto per tanti anni… L’ultima volta che ci parlammo l’anno scorso, già mi diceva che pensava di passare per Orlando a trovarmi, prima di rientrare permanentemente a Roma. Di nuovo mi propone una visita, e sono obbligato a fargli sapere che qui in Florida le cose non stanno molto bene, con tanti nuovi contagi della variante Delta, e le persone che si contagiano sono i non vaccinati. Che bisogna indossare maschere e che molti posti chiedono prova di vaccinazione, molti posti pubblici ritornano a chiudere o a porre restrizioni.

“Ma che dicono in Canada de ‘sta pandemia?” gli chiedo… “Ahh no, il mio dottore mi dice che è solo un’influenza, non ti preoccupare, mi dice, se ti ammali, vieni da me che ho la cura, non andare all’ospedale”. Lo informo che io e mia moglie ci siamo vaccinati, con le due dosi del Moderna a Gennaio e Febbraio, e lui mi dice che non vuole farsi il vaccino perché non ci crede. Mi dice che l’ambasciata USA gli ha approvato il visto transitorio, che ha fatto il tampone e che è negativo… Lo saluto dicendogli di rimanere in contatto e di valutare i prossimi sviluppi, prima di apparirmi alla porta di casa.

Attacco dicendo ad alta voce “No!”, “Assolutamente No” (In Inglese) a Beth che intanto mi si era seduta accanto per la sua sigaretta, seguendo l’ultima parte del mio discorso in Italiano, e allora, le spiego tutto l’incidente, traducendo. “Ma quale dottore matto gli dice che è solo un’influenza?”, la mia infermiera personale per quaranta e più anni, infermiera di professione, per passione… Poi, mi da il resoconto giornaliero degli sviluppi mentre mi alzo e ci dirigiamo verso la cucina, saluto e gioco con i cani per qualche minuto. Loro hanno già mangiato, e mi circondano con le piccole code sventolanti, guardandomi mentre mi preparo un toast con burro di arachidi e marmellata di fico, la mia preferita, aspettando che cada qualche briciola da leccare. Una seconda tazzina di espresso, se Beth non l’ha finito. A lei piace con il latte…

Per allontanarmi dalla televisione accesa ventiquattro ore su 24, a volte con il muto, senza suono, a volte in pausa, a volte a volume altissimo, pure per me che sono sordo… ritorno al silenzio dello studio. Le due porte all’interno, hanno, una, la bandiera Nepalese che comprammo a Katmandu, e l’altra, un grande foglio di carta disegnato con pennarelli, un grande cuore, con la scritta “HEART STUDIO”…

Finendo il caffè accendo il laptop e faccio il primo check-in con la mail, poi con FB, mi leggo qualche articolo, e poi arrotolo la prima canna. Buona, bei fiori densi e profumati, di una varietà ibrida tra Sativa e Indica, chiamata “Blue Dream”, ne ho appena comprate cinque once da un amico di un amico, illegalmente, anche se ho la tessera obbligatoria per tutti quelli che usano cannabis medicalmente. Non compro alle dispenserie perché la qualità non è sempre la migliore, con basso contenuto di THC, e a prezzi troppo cari dovuti alle forti tasse…

La notte anteriore, ero andato a dormire dopo aver riletto e riletto un recente filo di mail della figlia minore (44enne) che vive in Oregon. Pensare che quando Trump venne a galla, e nacque il motto: MAGA (Make America Great Again), lei che non si era mai interessata di politica, aveva il muso storto per l’uso che veniva fatto del suo nome e le dava grandemente fastidio, “Mi hanno rubato il nome! Gli faccio causa” mi diceva… Due anni dopo invece ne ha accettato il sinonimo, modellandolo a suo vantaggio, “#MAGApocalipse”, “#MAGAwethepeople”, ecc., ecc., e via dicendo, assumendo il discorso della destra trampiana che sostiene che: trump solo combatte contro la cabala di democratici pedofili, che si mantengono giovani bevendo il sangue di bimbi terrorizzati… Insomma, il mondo delle cospire, politiche, mediche, scientifiche, le verità alternative che inondano YouTube e altri social.

Il suo nome mi venne in mente solo al momento della nascita, alla quale fui presente, e dove, con le forbici datemi dal chirurgo, tagliai il cordone ombelicale, separandola dalla madre. Avevo passato l’ultimo anno leggendo Aleistair Crowley (“Book 4”, e “The Golden Dawn”), e Colin Wilson (“The Occult”), poi Joseph Campbell (Gli studi delle mitologie mondiali, e “L’eroi dai mille volti”), e se nasceva maschio, lo avrei chiamato Magic. Ma non fu così… Optai per la forma femminile della parola “mago”, sotto suggerimento di mia cognata “Como se dice en Italiano? Mago, pero al femminino?”, e le risposi “Maga”.

Un nome insolito, che non avevo mai incontrato associato a una persona, come nome proprio, chenneso’, come Mina, o Cher, o Madonna. Nome intenso, che comporta molti connotati, significati e interpretazioni, e anche giudizi. Con un nome del genere non poteva che cercare di approfondire la sua conoscenza, lì dove io avevo chiuso il capitolo, sulla magia, lei ha continuato con le sue ricerche, a modo suo, arrivando alle sua conclusioni… Maga mi dice: “Stanno sperimentando con il nostro DNA, i vaccini sono un veleno! Come hai potuto farti vaccinare?”.

Il joint mi risveglia la mente, che fino a quel punto era ancora mezza addormentata, ahhhh…

Intanto mi arriva una notifica su Messenger dalla figlia maggiore (cinquantenne) che vive in Miami, a sole 4 ore di macchina da noi… Con il compagno, si sono comprati un camper e circolano liberamente andando a fare il campeggio, e visitando posti d’interesse, come se non ci fosse nessuna emergenza medica. E’ la seconda volta in due anni che mi dice di voler venire a trovarmi con mio nipote, ed io mi trovo a doverle dire che non mi sento sicuro, e che preferirei non venissero… Mi risponde dicendomi che mi capisce, che verranno quando mi sento pronto, ma che non posso vivere la mia vita in eterna paura.

Mi piange il cuore! Ma che cazzo di mondo!

Decido di chiamare mio fratello a Torino, con il fuso orario, da lui sono le cinque del pomeriggio, e mi risponde prontamente. Il figlio Oliver, e la moglie e piccolo figlio, sono venuti da Londra per una settimana, e ora è contento di essere di nuovo da solo, nella calma dopo la tempesta… Gli parlo delle figlie, del mio rifiuto di vedere Vanessa, “Ma se siete vaccinati e usate le mascherine, non ci dovrebbero essere problemi” mi dice. M’informa che anche sua figlia non si è ancora vaccinata, non perché non ci crede, ma perché non ha ancora trovato il tempo giusto.

Il problema esiste. La gente che circola senza maschere, l’aumentare dei casi delle nuove varianti, l’insistenza assurda di tutti quelli che non ci credono, arrogantemente contestando la scienza e la realtà dei fatti. Si ribellano ai green-pass, le quarantene forzate e vanno al mare a farsi la vacanza, vanno in discoteca a divertirsi, e circolano ‘liberi’…

Finisco di parlare con Edoardo e mi metto a leggermi le notizie online mondiali, arrotolandomi il secondo joint.

Oggi è nuvolo e piove, guardo fuori dalla finestra attraverso la veneziana, tutto grigio… Come vorrei andare a farmi una passeggiata, come facevo anni fa quando vivevo in California. Camminare era il mio forte. Camminavo dappertutto. Da giovane poi, con uno sprint veloce e deciso, un passo intenzionale, che col passare degli anni si è andato rallentando, a volte obbligandomi all’uso del bastone…

Comprai un nuovo diario due anni fa, seguendo la mia tradizione di mantenerne uno attivo sin dal 1977, per diario intendo un libro di pagine bianche sulle quali disegno e faccio appunti. Una volta, anni fa, ci scrivevo giornalmente, ogni mio pensiero errante, molte volte in Italiano in modo di mantenere un grado di sicurezza contro un una invasione di privacy da chiunque. Disegnavo, principalmente a matita, occasionalmente a penna e con pennarelli colorati, avevo sempre qualcosa in mente, un cartone animato appena visto in tv, un fumetto che avevo appena letto, un film, un libro, e caricavo le pagine una dopo l’altra velocemente, sperimentando con scritte di lettere fatte a mano, idee per on poster o l’altro, per un lavoro o l’altro. Avevo clienti fissi che per anni si sono serviti dei miei servizi grafici, e i miei diari lo riflettono con la quantità della mie entrate.

Il libro nuovo non lo tocco da mesi. Sì, avevo ripreso a disegnare, ma non sono riuscito a sostenerne un ritmo. Quando lo apro e guardo ai agli schizzi appena fatti, non m’ispirano. La mano sinistra che fa fatica a eseguire il movimento dettatogli dal mio cervello… Ho colori, tele, pennelli, carta e inchiostri, ma non ho nessun nuovo progetto in mente. Perché? Sono vuoto? Mi sono esaurito?

No photo description available.

Sì, è proprio una di quelle giornate!

Continuare così con l’ennesima canna, o ritornare a letto e farsi la pennichella? (Inutile, dato che ho bevuto troppo caffè)…

 

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5 risposte

  1. Un momentaccio storico per tutto il mondo. Ognuno lo vive come può. Dal l’inizio abbiamo decisi di mantenere la quotidianità con i figli e nipoti – il nipote più grande (21 anni) vive con noi da quando le università e college sono chiuse. Sono vaccinata, anche mio marito, un figlio si, l’altro no, la nipotina (15 anni) si, il maschio improvvisamente rifiuto’ la seconda dose. Tante discussioni, litigi varie, ma lo capisco anche: suo padre non ci crede, la sua mamma è African-American, ed il ricordo degli esperimenti di Tuskegee sono ancora presenti. Un momentaccio per davvero. Esco poco, per fortuna ho un bel giardino . Non ho paura per me stessa, ma conosco molte persone con problemi di salute.
    Mi lamento per la società dove una malattia diventa una questione politica, per la corruzione di Trump ed il partito Repubblicano, e soprattutto che siamo tutti così delusi che non sappiamo a chi credere in questioni esistenziali

  2. e’ tutto complicato, a volte illogiche le scelte prese dai governi, io mi difendo come posso,non sottovaluto la serieta’ del virus, ma poi sono una mamma italiana e li’ non mi do limiti, ma che dio ce la mandi bbbbona.

  3. Grazie per questa mattinata passata insieme. Mal comune? Ne scriverò anche io per far compagnia a te e Margherita Crispy.

  4. storia triste stavolta per come la vedo e vivo io, non vaccinata, che per nessuna ragione o variante al mondo impedirei ai miei figli di venirmi a trovare, con annessi nipotini ed abbracciarli. Il perchèè che mi fido di loro, del mio corpo, e non mi fido del vaccino, di cui non ti fidi neanche tu se li temi. E’ come la vivo io, qui in Italia dove sono tutti impazziti, ma abito in un piccolissimo villaggio, non vedo nessun estraneo a parte una volta ogni 10 giorni alla Coop, naturalmente con mascherina prottetiva. Del green pass non ne ho bisogno, ma di abbracciare i miei 3 figli si. Sono incosciente? boh…….anyway non voglio sembrare saputella, chi si vaccina e si fida fa benissimo a farlo. Sei un grande , un abbraccio

    1. molto triste, non temo per me, che ho fatto il vaccino, anche se sono suscettibile a contagio dalle nuove varianti, dicono con probabilita’ di sopravvivenza ma potrei avere brutti effetti collaterali con tempo. Ho fatto il vaccino senza domande. Temo per i non vaccinati, adesso che la Florida é piena di nuovi casi, e le morti sono in aumento giornalmente, e, cominciano a infettarsi anche i giovani, che stanno morendo. Mio nipote ha ora tredici anni,
      e temo per lui, e sua madre, non per me…
      Gli ospedali sono pieni e il personale é sotto pressione. Mia moglie ha cancellato un’operazione che si sarebbe dovuta fare Martedi prossimo al fianco destro, una bursectomia (rimozione della bursa, operazione che io feci quattro anni fa), dato che non é urgente e puo ancora camminare, quindi, meglio aspettare…
      E’ un momento storico veramente serio! Per il mondo intero!
      Che dio ce la manni bbona, direi, ma sono noncredente… e non la vedo bbona per niente.

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