Il mio primo viaggio in India X

Sergio Baldi

24 aprile 2020

 

 

il mio primo viaggio in India parte 10 ed ultima

 

Gianna era lì, la sua massa di capelli neri e ricci era inconfondibile, era seduta con un’altra ragazza italiana, che non mi fece un bell’effetto, qualcosa nei suoi occhi non mi tornava, dopo i normali scambi di saluti Gianna mi confessò che era in seri problemi, era ad Istanbul da

alcuni giorni ed aveva già provato a lasciare la Turchia, ma nella sua distrazione non si era accorta che all’ingresso in Turchia non le avevano messo il timbro di entrata in quel foglio che aveva in

sostituzione del passaporto perso in India e che quindi risultava essere entrata illegalmente in Turchia, una sua visita all’ambasciata italiana non aveva sortito nessun effetto positivo, c’erano

troppi italiani che accampando le scuse più assurde richiedeva aiuti di ogni tipo, non ultimo quello economico, quindi non sapeva come uscire dalla Turchia, stava finendo anche lei i pochi soldi rimasti e cominciava a preoccuparsi seriamente; la ragazza che era con lei le suggerì di provare a comprare un timbro falso, lei conosceva alcuni ragazzi turchi che trattavano in queste ed altre cose, ma per questo “lavoretto” chiedevano 100 dollari, un enormità per le sue finanze, mi chiese se potevo aiutarla in qualche modo, certo non avevo soldi neanche io, ma almeno un supporto morale potevo assicurarglielo, lei alloggiava in camera con questa altra ragazza, era lei che pagava la stanza, anche loro in una misera topaia come la mia, ma sarebbe partita di li a qualche giorno verso il sud della Turchia, con Gianna prendemmo l’abitudine di passare le giornate insieme in giro per Istanbul, cercando soluzioni al suo problema, ma erano più che altro pensieri in libera uscita, il giorno mangiavamo un panino o quelle ciambelle col sesamo e la sera al pudding shop spesso cenavamo con una birra e due uova al tegamino, uno ciascuno, eravamo davvero poveri, io volevo muovermi per arrivare in Grecia ma non me la sentivo di lasciare lì Gianna da sola, anche se tra noi non era successo nulla mi sentivo affezionato a questa ragazza.

In quei giorni incontravamo spesso al pudding shop un’altra ragazza italiana, milanese, che diceva di essere una giornalista e che doveva scrivere qualche articolo su quei viaggiatori occidentali che si dirigevano verso l’India, così le nostre chiacchierate, nostri racconti, le servivano per farsi venire in mente qualcosa in più su cui scrivere, una sorta di intervista, ed in cambio lei ci offriva la cena. I nostri soldi erano oramai finiti, qualche lira turca e nulla più, la situazione si stava facendo dura davvero. Gianna tra le altre cose le narrò anche della sua disavventura e della nostra cronica mancanza di denaro, la giornalista ci suggerì di provare di nuovo a chiedere un po’ di aiuto all’ambasciata e se l’ambasciata ci avesse di nuovo risposto picche ci avrebbe dato lei qualche dollaro, almeno per arrivare alla frontiera, l’ambasciata ci ignorò, anzi non ci fecero neanche parlare con un responsabile, l’usciere all’ingresso ci allontanò in malo modo, la giornalista mantenne la sua parola, prima di ripartire ci lasciò qualche soldo per il cibo e per il bus per la frontiera greca e poi Salonicco. Così decidemmo di tentare la sorte, ci saremmo presentati alla frontiera, una di quei piccoli passaggi che ci sono lungo il confine greco/turco, io con il mio passaporto in regola e lei con il suo foglio sostitutivo del passaporto, ma senza timbro d’ingresso, percorremmo quei kilometri fino alla frontiera in un bus delle linee turche; lì scendemmo e ci avviammo a piedi ad attraversare il ponte che faceva da confine, proprio in prossimità del ponte c’era la stazione di polizia turca dove si doveva timbrare il passaporto, era sera inoltrata, ed il posto di guardia poco illuminato, cercammo di renderci il più possibile presentabili ed assumendo l’espressione più seria possibile entrammo nella stazione di polizia, allo sportello dei passaporti c’era un doganiere grande e grosso, più grasso che grosso, somigliava in modo inequivocabile al nostro Aldo Fabrizi, prese il mio passaporto, scorse un po’ di pagine fino a trovare il timbro d’ingresso e con fare solenne mi mise il suo timbro, poi fu la volta di Gianna, prese il suo foglio e cominciò a studiarne i timbri, lo girò e lo rigirò più volte cercando il timbro d’ingresso senza trovarlo, la guardò torvo, mi guardò e riguardo lei, Gianna aveva un aria preoccupata, quasi atterrita, e due lacrimoni le stavano per scendere sulle guancie, Fabrizi riguardò il foglio, guardò noi e con nostro grande sollievo e felicità stampò l’agognato timbro. In Grecia fu tutto più veloce e semplice, eravamo, soprattutto Gianna, usciti da un incubo.

Facemmo l’autostop fino a Fere, una cittadina nelle vicinanze e di lì con gli ultimi soldi due biglietti di bus per Salonicco, Vi arrivammo di mattina presto, Salonicco è una città universitaria e

molti giovani greci vi vivono per gli studi, quindi era un posto gradevole ed ospitale, chiacchierando con dei studenti in un cafe dove ci eravamo fermati per fare colazione, sapemmo così che tra qualche giorno in Italia ci sarebbero state le elezioni politiche, non che a noi importasse molto, ma poteva essere un modo per risolvere il problema economico.

Trovato il consolato inventammo la scusa che avevamo perso il portafoglio comune sul bus da Fere a Salonicco e visto che era nostro dovere e anche diritto di votare chiedemmo dei soldi per tornare in Italia ad espletare il nostro dovere, ci dissero di ripassare l’indomani che avrebbero provveduto ad avvertire il console, almeno una buona notizia, adesso avevamo la necessità di passare la notte, tornammo in quel cafe della mattina e con l’aiuto di un paio di studenti rimediammo i soldi per due notti in un piccolo alberghetto, al solito molto spartano ma almeno pulito, passammo ancora qualche ora in giro per Salonicco e visto che stavamo per risolvere il nostro grande problema avevamo tempo per guardarci intorno e renderci conto che il nostro viaggio stava finendo, eravamo quasi a casa, da una parte un gran sollievo, dall’altra anche un po’ di tristezza, eravamo rientrati in un mondo che per qualche mese avevamo dimenticato, ci aspettava il rientro, il riabituarsi a ritmi, consuetudini a compromessi che per un po’ avevamo messo da parte, strane emozioni ci affacciavano ai nostri cuori; eravamo molto ansiosi di sapere la risposta dell’indomani mattina e non riuscivamo a dormire, così ci mettemmo a leggere, avevamo un solo libro trovato al pudding shop di Istanbul, “il mattino dei maghi” così visto che avevamo due velocità differenti di lettura il più veloce leggeva una pagina poi la strappava e la passava all’altro.

L’indomani eccoci al consolato, dove l’impiegato ci comunicò che il console aveva dato il suo consenso al prestito che avevamo richiesto, i soldi li avremmo restituiti tramite bollettino postale che il consolato stesso avrebbe provveduto ad inviarci ai nostri indirizzi, la cifra che ci prestavano era pari al costo di due biglietti di treno di seconda classe da Salonicco al primo confine italiano, cioè Trieste, più un pocket money per il cibo dei giorni di viaggio: era fatta! Per prima cosa andammo alla stazione per capire l’orario ed i costi del treno; all’idea di trovarmi a Roma dopo pochi giorni io non riuscivo ad abituarmi, così presi la decisione di rimanere in Grecia, di quei soldi avrei prestato una parte a Gianna per fare il biglietto fino a Firenze e con il resto sarei andato ad Atene. Passammo una bella serata insieme, finalmente facendo un pasto abbondante e dopo un’altra notte in quell’alberghetto l’accompagnai alla stazione dove facemmo il biglietto per lei, io mi presi il resto, un caldo abbraccio un bacetto e partenza, con mio grande rammarico non l’ho più incontrata, ne vista , ne saputo sue notizie da nessuno, chissà che ricordo ha lei di quei giorni.

Lasciata Gianna mi diressi alla periferia di Salonicco e arrivai all’autostrada che da lì va verso Atene per ricominciare a fare l’autostop; la zona di Salonicco era una zona di caserme e villaggi militari con l’autostop non era facile, i greci si fermavano più facilmente a tirar su un militare greco in licenza che un capellone che arrivava da chissà dove, così dopo alcune ore di attesa infruttuosa decisi di ritirarmi su di un prato affianco all’autostrada ed all’ombra di un albero stesi il mio mantello e mi addormentai; d’improvviso sentii come una sveglia che mi suonava in testa, rifeci il mio poco bagaglio e mi riavvia verso l’autostrada, il primo mezzo che passò era un bus privato che rallentò e si fermò a farmi salire, era un magic bus che tornava dall’oriente destinazione Atene e di lì Londra, l’autista di questo bus lo avevo incontrato prima a Delhi e poi a Kabul, non eravamo amici ma avevamo scambiato impressioni e racconti, mi disse che mi aveva riconosciuto al volo ed aveva deciso di darmi il passaggio; un’altra bella dose di fortuna, con lui dopo poche ore arrivai ad Atene; mi sentivo tornato a casa…………………………

ma questa è un’altra storia!

 

 

 

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Fabio Patalani

bravo gemellino , uno scritto molto gradevole che che comunica la freschezza del tuo vissuto giovanile….!!

 

Sergio Baldi

gemellino non mi fare arrossire, sono solo cose che ho vissuto e che mi faceva piacere condividere, buon 25 aprile ed a presto vederci

 

Maria Rosaria Nicolai

Be’ un vero scrittore

 

Sergio Baldi

grazie ma non esageriamo, sono solo uno che ha letto molto e quindi viene facile raccontare

 

Mara Italiani

E….. dopo?? Non mi puoi lasciare cosí. Come sei poi arrivato a Roma?? Si gentile vai avanti.

 

Sergio Baldi

tutto questo accadeva prima di montone

 

Mara Italiani

Sergio Baldi

immagino..

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