Grecia parte 3 e fine
A parte questa visita pomeridiana alla prigione le nostre giornate erano alquanto monotone la mattina andavamo all’ufficio del tribunale per sapere se era stata accettata l’istanza di libertà provvisoria, ma la risposta era immancabilmente :” ochi, tiboda, perimene avrio” ovvero nulla aspettate domani, poi una volta a settimana andavamo all’american express a ritirare i soldi che il padre di P ci mandava e così i doveri della giornata erano finiti. Alloggiavamo in un alberghetto tra Sintagma Square e il quartiere di Plaka , il proprietario dell’albergo ci teneva sotto osservazione perché non capiva cosa facessimo ad Atene e come mai ci trattenessimo così a lungo, ci fù addirittura un nostro amico che lavorava all’italcable di roma che riusciva a metterci in comunicazione da Atene con qualche amico di Roma, così passavamo ore al telefono gratis.
Intanto P continuava a rimanere in cella ed il suo umore peggiorava di giorno in giorno, l’avvocato ci diceva di aver pazienza che pian piano la cosa si sarebbe sbloccata, ma intanto i giorni passavano
L’avvocato ci spiegò che in quel periodo ad Atene gli americani non erano visti di buon grado, erano stati loro a favorire il golpe dei colonnelli qualche anno prima, così ogni scusa per colpevolizzarli era buona, il caso di P fini su tutti i giornali greci; i giornalisti si erano inventati la teoria per cui P era la punta dell’iceberg di un traffico di stupefacenti ordito dagli americani per “drogare” i giovani ateniesi, quindi con lei avrebbe usato tutto il rigore possibile.
Intanto P cercava un qualsiasi modo per uscire da quell’incubo, una sua compagna di cella le raccontò che con la minaccia di un aborto ad una su compagna l’avevano mandata all’ospedale, cercò subito di approfittare di questa notizia, si fece una piccola ferita all’interno e così i medici della prigione temendo un aborto e timorosi delle responsabilità la fecero ricoverare prima in infermeria e poi all’ospedale di Atene. L’avvocato disse a Giorgio che aveva bisogno di alcuni documenti che attestassero la gravidanza di P e così tramite gli amici di Roma questi documenti furono spediti: naturalmente occorse un po’ di tempo per l’arrivo di questi documenti e così P pote’ rimanere in ospedale per un paio di settimane. Nel frattempo con Giorgio passavamo le nostre serate in un bar di Plaka il vecchio quartiere storico sotto l’Acropoli, ed in una di queste serate incontrai di nuovo Vittorio, non era riuscito a comprare il passaporto e quindi continuava a vivere a modo suo ad Atene, con lui conoscemmo altri pazzi che avevano o avevano avuto problemi con la legge, raccontammo la nostra storia ed ognuno si sbizzarrì a dare consigli sul come risolverla, si respirava un clima da cospirazione, in una di queste nottate tra ouzo e farneticazioni alcoliche ci venne in mente che si sarebbe potuto far evadere P, lei stava in una camera al primo piano le cui finestre davano sul giardino dell’ospedale, facile da saltar giù, con Giorgio pensammo di comprare una macchina e di guidare da Atene verso il confine turco o bulgaro e di passare il confine prima della scoperta della sua fuga, senza tener conto che il passaporto di P era in mano alla polizia, ci impegnammo seriamente alla ricerca della macchina ma che per fortuna non trovammo, questo progetto ci impegnò per qualche giorno, poi P fu rimandata all’infermeria del carcere, la paura di una emorragia era passata, e poteva tornare in cella, questo pazzesco progetto poteva essere accantonato (oggi posso dire meno male)
Nel frattempo sentii un paio di volte Julie per telefono, ma era sempre più fredda e distaccata, in una delle ultime telefonate mi disse che di li a pochi giorni sarebbe passata per Atene per prendere un volo per Londra, decidemmo di incontrarci per salutarci, quando arrivò passammo la serata con i suoi amici e con Giorgio, fu per me molto triste, si comportava in un modo molto
diverso da Ios, l’intimità che avevamo sperimentato solo qualche settimana prima era scomparsa, non volle venire da me ma andò a dormire a casa di un amico greco insieme ad altri suoi due amici, accettò che l’accompagnassi la mattina successiva all’aeroporto. Naturalmente non si presentò all’appuntamento e malgrado tutte le mie intenzioni di raggiungerla poi a Londra non la rividi più.
Una mattina l’avvocato ci chiamò e ci disse che ci garantiva che dopo qualche giorno P sarebbe stata lasciata uscire in libertà provvisoria dietro cauzione, ma ci disse anche che voleva che la sua parcella fosse saldata prima della libertà di P, era sicuro che lei sarebbe fuggita dalla Grecia appena possibile, senza aspettare il processo.
Nel frattempo anche gli amici americani di P si erano mobilitati per trovare una soluzione, e quando Giorgio disse loro della libertà provvisoria escogitarono, d’accordo con Giorgio, un piano per aiutarla a fuggire: contattarono una sua vecchia amica che le somigliava; in realtà non tanto se non fosse stato per il colore degli occhi e l’altezza e la carnagione che avevano uguale; questa amica abitava alle Hawai, le pagarono un biglietto aereo per Atene dove si sarebbe incontrata con Giorgio e gli avrebbe consegnato il passaporto, poi avrebbe proseguito per fare una vacanza di qualche giorno in qualche isola, P a quel punto libera avrebbe avuto in mano un documento per passare il confine ed a quel punto entravo in scena io che avrei accompagnato P ad Egoumenitza da dove avremmo preso un traghetto per Brindisi, di li avremmo avvertito Giorgio che poi avrebbe avvertito l’amica di P la quale a sua volta si sarebbe recata all’ambasciata degli Stati Uniti per denunciare la perdita del suo passaporto, Giorgio appena avvertita l’amica sarebbe saltato su di un aereo e tornato in Italia. Il piano funzionò, ci fu solo un po’ di apprensione quando con P passammo la dogana prima di prendere il traghetto, il doganiere controllò più volte la foto del passaporto, ma alla fine mise il timbro e tutta l’ansia e l’angoscia di questa storia scomparve. P era di nuovo libera e noi eravamo tornati tutti in Italia
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