Chappora-Vagator

All’alba di una bella mattina di fine marzo, nel 1980, stavo percorrendo il tragitto da Chappora a Vagator. Non fosse stato per la fastidiosa tosse che mi ero beccata ad Hampi, dormendo all’addiaccio senza sacco a pelo sulle rocce piatte lungo il fiume, sarei stata al top.
Ero arrivata in India subito dopo Natale. Era stato un viaggio deciso e programmato con una amica di piazza (all’epoca, a Bologna si andava tutti in Piazza Maggiore), che avevo ritrovato in Fiera a fare, come me la hostess. Non ne potevamo più: lei veniva da una “compagnia” di “hippies” della prima ora che erano già tutti stati in India, facendo il mitico viaggio via terra, (cosa che per noi fu impossibile, per l’arrivo di Komejini al potere) e quindi voleva andarci anche lei, ma non con loro. Io, dal canto mio, ero stata affascinata dal movimento hippy  americano da bambina, per racconti di persone che tornavano dalle comuni negli States, ma poi mi ero più politicizzata, simpatizzando con la sinistra extraparlamentare, che però mi aveva delusa e dal ’76 ero una fricchettona. Dopo un viaggio in Africa, di cui parlerò in seguito, nel fatidico marzo del ’77, avevo cominciato a frequentare la Traum Fabrik di via Clavature, mi ero innamorata di un ragazzo eroinomane, avevo cercato di portarlo via da Bologna per un po’ (intendiamoci, non è che voglio fare la santa, l’avevo provata anche io, ma non ero ancora agganciata), avevamo preso del fumo a Roma e ci avevano arrestato. Lui era finito a Regina Coeli, in cella col fratello di Volontè e altri 6 e io a Rebibbia, con le fanciulle della foto sotto la palma…
Eravamo dunque partite dall’Italia la notte del 25 dicembre 1979, Bombay, nave per Panjim, bus per Chappora. Stemmo a Chappora fino alla luna piena del 1 febbraio, poi, belle cariche, via, verso Hampi. La mia amica, dopo una decina di giorni, era andata a Islamabad ed ero rimasta da sola. Il giorno dopo la sua partenza arrivarono a cercarla due amici, per vedere l’eclissi del 16 febbraio (uno è il suo attuale compagno, si misero insieme quell’anno…). Mi dicono che ho conosciuto Baba Cesare, ma io non mi ricordo, ero molto persa, vivevo in una grotta come un’eremita, per fortuna c’era una comunità di italiani che mi dava cibo, bang, e accesso al  chilum gigantesco chiamato il bambino…Dormivo sulle pietre, guardavo il  cielo tutta la notte e verso l’alba crollavo. Una mattina sentii una mano che mi tirava via il passaporto da sotto la testa: era il capobranco delle scimmie che vivevano lì e avevano l’abitudine e la passione di rubare i passaporti e poi buttarli in posti inaccessibili. Aprii gli occhi, il suo muso era a 20 centimetri, dalla paura feci un verso, tipo ahaha, mostrandogli i denti. Che dire? Si spaventò e lasciò stare. Così mi ero presa una bella bronchite, un giorno, uno degli italiani tornava a Chappora e mi aggregai. Sul bus tossivo molto e a un certo punto mi sentii battere sulla spalla e una mano mi allungò tre palline di oppio… Tornata a “casa”, la casa che avevamo preso in affitto non c’era più, la mia amica era dovuta rientrare in Italia, dovevo decidere se tornare o no. Mi proposero di conoscere Jerry il tedesco, una ragazza mi prestò un vestito (io giravo in longhi e canotta con Shiva), scarpe niente: dopo tre mesi a piedi nudi avevo la suola…
Dovevo sembrare una brava ragazza per il “lavoro” che mi aspettava. Partii dunque, col vestitino da Heidi e lo zaino in spalla, presi prima la via della boscaglia, verso l’oceano, lì una volta avevo visto due buoi enormi che lottavano, impressionante. Arrivai alla spiaggia, proseguii lungo la costa, poi piegai verso l’interno. Non c’era nessuno intorno, il sole era appena sorto. Si sentivano solo i canti  degli uccelli e il verso di qualche altro animale, gli umani ancora tacevano.
Improvvisamente, a una ventina di metri di distanza, arriva di corsa una banda di cani randagi e si bloccano lì. Mi ero ormai quasi abituata ai cani indiani, di notte bastava mettere una candela in un guscio di cocco: vedendo l’ombra capivano che eri più grosso di loro e lasciavano perdere, di solito… ma qui era diverso: erano tanti, una decina, e, soprattutto,  avevano un capo, un dobermann, che cominciò a ringhiare.
Per mia somma fortuna avevo lo zaino pesante e non potevo correre, se no non so se sarei qui a raccontare…Cominciai a indietreggiare, tenendoli d’occhio, almeno 200 metri. Non mi seguirono, dovetti allungare molto e finalmente arrivai nella villa di Jerry il tedesco.

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12 risposte

    1. Sì, l’avevo letto nel gruppo. Noi siamo stati solo 17 giorni , dal 5 al 22 agosto, quindi il mio amico è andato via prima. Me ne aveva parlato, gli era piaciuto molto, per questo me lo sono ricordata.

    1. Vero, ci sono tornata 6 anni dopo, ma non a Goa, in Kashmir, ma solo per un mese, da turista e non da sola. Fu diversissimo, ma comunque bellissimo e intenso.

    2. Sì, dopo è cambiata molto, ci sono tornata nell’ 86, solo per un mese e non da sola , in Kashmir e ancora era fantastica, ma ora non so.

  1. Brava! Molto intenso.
    Mi fa pensare a una vecchia, cara amica, hippie Romana negli anni sessanta.
    Lei visse in India, nella giungla, per quasi un anno, facendosi amica di una tigre.
    Dai, dai, scrivi….

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