La quinta carta fu il Fante di Spade, “The Law”, dissi, e l’atmosfera si alleggerì ma anche leggevo del sospetto nei loro volti. I due si presero per mano pronti a compartire nel bene e nel male gli eventi della vita e due piccoli sorrisi apparvero agli angoli delle loro bocche. Dissi che la Spada e’ il simbolo della giustizia e che il Fante Armato in particolare potrebbe rappresentare la polizia e la difesa della legge. La sua presenza faceva sospettare che c’era in corso qualcosa di illegale. Cercando di nascondere le emozioni e stringendo gli occhi in una espressione di odio con un filo di voce l’uomo sibilo’ “Damn Pakistani!”
Il Cavallo di Bastoni aveva ora una connotazione e la mia storia stava prendendo forma indipendentemente dalla mia volontà. Prima di cominciare la lettura avevo fatto mischiare le carte alla donna e il marito aveva tagliato il mazzo ma quello che era cominciato come un gioco stava diventando una cosa che coinvolgeva sempre più le emozioni dei miei vicini i quali cominciarono subito a confabulare fra di loro. Potevo afferrare frasi tipo “I told you”, “I knew it” e “We must do something”. Ad un certo punto l’uomo decise che avevano parlato abbastanza e mettendosi l’indice sulla bocca disse ”Shhhh” si girò verso di me con un sorriso mi guardò negli occhi e disse gravemente: “You are a very good card reader.” La moglie strinse il mio ginocchio della sua grande mano e continuo’ “ Please tell us more.” Ne volevano sapere di più. La sesta carta fu l’Asso di Bastoni, di male in peggio, la vera essenza del male.
Fortuna e legge non erano sufficienti a proteggere i miei vicini dall’energia maligna di un Asso di Bastoni e la loro situazione era precaria. Al sentire queste parole delle lacrime uscirono dagli occhi della donna. Con un gesto fece alzare il marito e ando’ a rinchiudersi nel bagno. L’uomo si sedette con una espressione imbambolata guardando nel vuoto di fronte se. Le file dietro di noi erano occupate da un folto gruppo di turisti tedeschi tutti uomini sulla cinquantina, quasi tutti con lo stesso berretto una riunione di ex studenti di qualche università e quasi tutti all’ultimo stadio di ubriachezza, molti già addormentati a pancia per aria, altri ancora piuttosto allegri e rumorosi. Approfittai di questi attimi per fare mente locale così decisi che questo gioco doveva avere un limite e stabilii che l’undicesima carta sarebbe stata l’ultima. Mi rimanevano quindi cinque carte da tirare non molte per salvare una situazione disperata ma abbastanza per rimettere le cose a posto e dare una speranza.
Non me la sentivo, come mia prima esperienza di cartomante, di rovinare il futuro dei miei vicini ma mi rendevo conto di non aver potere sullo svolgimento del gioco.
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