I minareti mi sono sempre piaciuti. Piu’ dei campanili che trovo spigolosi e goffi mentre i minareti sono snelli e rotondi senza angoli sembrano dei razzi pronti a partire. Non hanno campane e la chiamata alla preghiera si fa dal vivo al canto del muezzin… anche se molti minareti ormai usano altoparlanti, a quei tempi il muezzin usciva personalmente sul terrazzino in vetta al minareto a chiamare i fedeli. “Allah e’ grande, Maometto e’ il suo Profeta, Dio e’ grande, grande, grande… “ e cose del genere. Personalmente non sono mai stato attratto dalle fedi religiose quindi dal punto di vista spirituale la cosa mi lascia indifferente. Dal punto di vista antropologico-musicale invece la chiamata alla preghiera e’ affascinante, specialmente quando avviene contemporaneamente, cinque volte al giorno, da vari minareti e le voci dei muezzin si sovrappongono fra loro. La mia chiamata preferita e’ l’ultima, quella dell’imbrunire, quando il canto si fonde con l’oscurita’.Il nostro albergo era dietro la moschea, il muezzin mi sveglio’ alla prima preghiera che mi sembrava stesse nella stanza. “Le 5:30… li mortacci sua”, fu il primo pensiero del giorno.Finalmente si viaggiava in pianura, fra campi lavorati e frutteti. Eravamo usciti dalle montagne del Montenegro ancora sotto le nuvole e viaggiavamo lungo la valle del Vardar che ci avrebbe portato attraverso la Macedonia, dritti a Thessaloniki, sul Mar Egeo.Passammo per Skopje. Mi ricordavo che sette anni prima Skopje fu il centro di un forte terremoto. Una tragedia che distrusse l’ottanta per cento della citta’ con decine di migliaia di vittime e conseguenti profughi proprio quando la citta’, divenuta capitale della Macedonia durante Tito, si stava sviluppando e risollevando dalle rovine della II guerra mondiale. Ricordo gli articoli sui giornali e i servizi su Epoca e L’Europeo con fotografie di una citta’ ridotta in polvere .Come tutta la regione anche Skopje passo’ da una invasione all’altra. Durante l’occupazione tedesca i nazisti deportarono tutti gli ebrei della citta’, circa 5000, a Treblinka dove morirono quasi tutti. Poi fu occupata dai partigiani comunisti di Tito.Passando si vedeva una citta’ ancora desolata seppur in ricostruzione, molti edifici nuovi stile periferia ma con molti spazi vuoti e lungo la strada c’erano cartelli di propaganda del governo Socialista di Tito ricostruendo il distrutto con illustrazioni di forti operai muscolosi biondi e sorridenti.Tirammo dritti, era ora di andare in Grecia, era ora di un po’ di mare, avevo voglia di pesce fritto.Alla frontiera non c’era nessuno. Il doganiere Yugoslavo ci mise mezz’ora ad apparire, guardo’ e riguardo’ la 2CV, poi i passaporti e alla fine mise il timbro di uscita. Il doganiere Greco invece era pronto per noi. Ci aveva visto e si preparava ad una accurata revisione di tutto…Documenti della macchina, assicurazione patente, passaporti, e che avete e che non avete, e dove andate e quanti soldi avete… Ando’ tutto bene. Eravamo in Grecia.Al primo paese comprai da mangiare e una bottiglia di vino Retzina. Ci fermammo lungo la strada in un praticello con degli alberi ai bordi del fiume. Cominciava a fare caldo, il posto era tranquillo. Il vino era un vino particolare col sapore di resina che non a tutti piace, a me si. Lo avevo conosciuto tre anni prima nel ’67 (l’anno dei colonnelli…) quando passai per Atene andando a Istambul e quasi litigai con l’oste perche’ insistevo che il vino era andato a male e lui diceva che no. Chiarito il malinteso il retzina divenne uno dei miei vini favoriti. Ma quello e’ un altro viaggio…Il fiume scorreva lento. Qualche mosca, una libellula, delle farfalle approfittavano del fiume per rinfrescarsi. Una farfalla gialla arrivo’ volando su e giu’. Un grosso pesce salto’ velocissimo e agilissimo fuori dall’acqua e in un nulla inghiotti’ la farfalla per poi sparire di nuovo sott’acqua.Questa improvvisa violenza e la tragica fine della farfalla gialla avvenuta davanti ai miei occhi mi scosse molto e fece scattare una lunga meditazione sulla sopravvivenza che non pote’ che concludere che siamo tutti parassiti che si mangiano uno con l’altro. Mi riproposi di diventare vegetariano, qualcosa bisogna pur mangiare.Thessaloniki era una metropoli. Traffico, semafori, autobus, polizia, cartelli e mezzi militari ovunque. Una atmosfera un po’ pesante, i colonnelli erano ancora al potere e ci sarebbero rimasti altri quattro anni. Quella dittatura fu crudele come tutte le dittature che si rispettano, tutti gli oppositori politici furono arrestati subito, con la scusa di proteggere la Greciadall’ Anarco-Comunismo, come loro definivano chiunque fosse di sinistra. I Colonnelli erano gente che dalla fine della guerra civile aveva tramato ininterrottamente per stabilire una dittatura fascista in Grecia e con lo spauracchio del comunismo, 4 milioni di dollari del Vaticano e l’appoggio e l’aiuto della CIA, erano pronti a prendere il potere.Anche Reza Pahlavi in Iran era stato sostituito a Mossadegh con un colpo organizzato dalla CIA esattamente per le stesse ragioni. Lo Shah me lo trovero’ alla frontiera con l’Iran sotto forma di gigantografia in bianco e nero che lo rappresentava sulla cima di qualcosa davanti ad un cielo senza fine, con il braccio destro teso in segno di pace.Decisi di non fermarmi a Thessaloniki e di andare avanti ancora un po’ e fermarmi in qualche paese sulla costa.Ma non doveva essere cosi’. Quasi all’uscita della città’ la 2CV produsse uno suono secco dalle parti della ruota davanti destra un TAK di quelli che fanno subito preoccupare.
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Authoril giunto e’ parte della mia prossima puntata… sicuro in Afghanistan lo avrebbero rifatto al momento, ma in legno! eccezionale. Non ho visto nessun popolo capace di riparare qualunque cosa come gli afghani.<img class=”nl6bj373 fni8adji hgaippwi fykbt5ly ns4ygwem rl04r1d5 lzcic4wl l9j0dhe7″ src=”data:;base64, ” width=”16″ height=”16″ />
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Admingli iraniani. coppa dell’olio crepata dal gelo e quattro fascette da imballaggio tirate a morire e via, si riparte. Grandi genti
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