6 – VIAGGIO IN AFGHANISTAN Sesta puntata

Prima di arrivare alla frontiera ci eravamo fermati e avevo comprato una bottiglia di vino.Il doganiere greco non fece storie, timbro’ i passaporti e passammo. Dall’altra parte del fiume c’era la dogana turca con la bandiera rossa e la mezza luna. Due ore a controllare i passaporti poi il doganiere avvisto’ la bottiglia di vino nella 2CV e ci fece capire che il vino non si poteva portare e che la bottiglia doveva restare alla dogana e poi mandata a Istambul…Certo, a Istambul, il doganiere si sarebbe scolato la bottiglia appena noi fossimo partiti ma questo pero’ accelero’ i tempi e poco dopo entravamo in Turchia.Arrivammo alla costa col buio e ci fermammo in un piccolo centro abitato. Vicino all’hotel c’era un ristorante. Il posto era piacevole, con una semplice terrazza sulla spiaggia e luci al neon con farfalle e mosconi che andavano e venivano attirati dalla luce. Da una radio veniva della musica. Notai subito la differenza con la musica che avevo lasciato alle mie spalle. Ero nell’Impero Ottomano. In quella musica niente ricordava le note familiari dell’albanese/egiziano di Pec o la gioia di quelle della Incredible Greek Band di Kavala. Quello era l’Islam e quella era la sua musica e l’avrei sentita per i mesi a venire. Era una musica impenetrabile, era come un muro di violini, una musica che non somigliava a nessun altra musica oltre la quale c’era un grande paese. Decisi di sedermi a mangiare. Seduti al tavolo vicino c’erano tre uomini che bevevano Raki. Fumavano una sigaretta dopo l’altra e uno mi offri’ una sigaretta. “No grazie, non fumo”. Non fuma? Mi guardarono increduli e cominciarono ad insistere. Non sapevo quanti Raki avevano bevuto ma li vedevo un po’ agitati. Non fu facile convincerli ma alla fine accettarono il fatto che non fumassi. Probabilmente non ero un vero uomo. Meglio, cosi’ potevo stare in pace. Invece no.Appena arrivo’ il mio pesce mi offrirono un bicchiere di Raki. Ora se c’e’ un liquore che veramente non sopporto e’ l’Anisetta, tipo Sambuca, ed il Raki alla fine Anisetta e’, dolce da rivoltare la lingua. La situazione era delicata, dopo il rifiuto della sigaretta ora mi toccava rifiutare anche il raki. In ogni manuale di antropologia elementare ti si dice di partecipare ai riti della gente per essere accettato…Consiglio che avrei seguito in futuro ma che al momento mi lasciava indifferente. Dissi che bevevo solo vino e il Raki mi faceva male allo stomaco. Tutto questo in inglese e a gesti. Mi guardarono come per dire poveraccio ma alla fine ordinarono una bottiglia di Guzel Marmara, vino locale, solo per me. Simpatici i turchi! Ma non era finita. Ad ogni loro bicchiere di Raki mi dicevano di bere con loro. La prima volta mi sembro’ normale in fondo il vino lo avevano pagato loro, la seconda un po’ forzata e la terza decisamente fastidiosa. Alzavano i bicchieri, si guardavano fra loro, e indicavano il mio bicchiere. Volevano farmi ubriacare? Ma gli ubriachi erano loro. Il terzo bicchiere lo riempii a meta’ e cosi’ i successivi. Il vino non era forte e si reggeva, il Raki invece stava facendo effetto. Dopo una mezz’ora uno di loro si alzo’ e spari’ nel bagno e non lo vidi piu’. Un altro appoggio’ la testa sul tavolo e si addormento’ mentre il terzo continuava a guardarmi immobile in silenzio con gli occhi di vetro. Guzel Marmara…A Istambul andammo dritti all’Hotel Sultan Ahmet dove ero gia’ stato tre anni prima. Le stanze avevano grandi finestre rettangolari sulla strada e di fronte un parco con una Moschea. Ci tocco’ una stanza all’ultimo piano di una serie di scale buie e strette. La finestra era direttamente all’altezza del minareto e spesso vedevamo arrivare il muezzin e chiamare alla preghiera.L’hotel era pieno di hippies di tutto il mondo, chi veniva e chi andava dall’India. L’india era la meta di quasi tutti. Molti tornavano con bauli pieni di tesori, anche strumenti musicali. Ricordo un francese che aveva una specie di organetto che suonava con una mano e con l’altra pompava l’aria. Era fatto in legno e colorato con dei rossi accesi e decorato in verde e blu… lo trovavo molto psichedelico. A volte andavo al Pudding Shop, punto di incontro di viaggiatori di tutto il mondo, mi divertivo a leggere i messaggi altrui, a vedere se c’era qualcuno che conoscevo. C’era sempre una gran compra-vendita di pulmini Volkswagen. Anche si poteva trovare un passaggio per l’India a poco prezzo. Una sera ci fu una rissa fra un gruppo di turchi e dei tedeschi per via di un incidente d’auto successo il giorno prima. Volarono oggetti indefiniti e la rissa continuo’ fuori e i tedeschi ebbero la peggio. L’hotel non era lontano dal Gran Bazar e mi piaceva perderci tempo, girare senza meta e sedermi a prendere un te’ da qualche parte. Il te’ lo portavano in bicchierini panciuti di vetro finissimo. Riempivano il bicchiere, lo coprivano con un piattino e lo giravano sottosopra. Arrivato al tavolo il cameriere girava il bicchierino con un gesto rapido e lo serviva. Ero affascinato da questa operazione.Il bazar era pieno di venditori di gioielli, molto cari e molto a buon mercato e una mattina finii per comprarmi per poche lire turche un anello che portavano tutti gli hippies. Era una anello formato da quattro anelli a catena che bisognava saper smontare e rimontare. Dietro c’era la solita storia del marito che va in guerra e lo regala alla moglie e le dice” Se mi tradisci toglitelo”. La moglie lo tradisce, si toglie l’anello che si smonta e lei non sa piu’ rimontarlo. Quando il marito torna le taglia la gola. Comprai anche una pipetta. La mia l’avevo buttata prima di arrivare in Grecia. Era una pipa molto carina che rimase con me per molti anni, una piccola ruota di legno decorata in madreperla con un mini fornello al centro. Andando dal Bazar al Galata Bridge si passava per un quartiere commerciale vivacissimo e labirintico, con un negozio dopo l’altro di roba piu’ svariata. Strade strette e rumorose piene di gente e cani. A Istambul i cani sembrava non appartenessero a nessuno e giravano indisturbati per la citta’ e si mettevano a dormire dove gli dava voglia e la gente sembrava rispettare queste loro scelte. Anche giravano moltissimi trasportatori di mercanzia, uomini che con un telaio di legno montato sulla schiena si caricavano pesi incredibili sulle spalle da consegnare da qualche parte.Sotto il Galata Bridge facevano i panini col pesce fritto si poteva anche bere una birra. La sponda opposta del Corno d’Oro aveva una bellissima luce quella sera verso il tramonto. Mentre mangiavo il mio panino dal minareto della Yeni Cami arrivo’ il canto del muezzin. La chiamata del tramonto. Decisi che quella sera avrei cercato del fumo.

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