Mi svegliai alla prima luce del giorno. Il mare era ancora in semi oscurità mentre intorno a me il grigio acciaio dell’alba stava prendendo il sopravvento sul buio della notte.La grande volta sotto il Gateway of India risuonava dei suoni del risveglio, sbadigli, colpi di tosse e raschiamenti di gola. Il mondo dei senza tetto si stava risvegliando nella città.Scivolai fuori dal mio sacco a pelo e guardai di fianco a me dove Mike stava ancora dormendo profondamente. Oh va bene, lasciamolo dormire ancora un po’, pensai. Mi alzai e andai a cercare un posto dove prendere il mio primo chai del giorno. Il mare era calmo, come sempre in questa stagione, bene, così avremmo avuto un tranquillo viaggio di ritorno a Panjim e questa era una buona notizia. Trovai un uomo che sul grande marciapiede della strada lungomare stava preparando il tè nel suo piccolo chai shop mobile e ne comprai un bicchiere . Era caldo e cremoso, dolce e forte, perfetto per iniziare la giornata.Ritornai sotto il Gateway e svegliai Mike. Mike era inglese ma sembrava in tutto un italiano, con i suoi lunghi capelli, barba e occhi neri. Lo avevo incontrato con i suoi amici a Karachi e avevamo viaggiato insieme sulla nave cargo, appena finita la guerra indo/pakistana, fino a Bombay e poi a Goa. Avevamo affittato insieme una casa sulla meravigliosa spiaggia di Baga e andavamo d’accordo alla grande.Eravamo arrivati nella grande città per sistemare alcune pratiche burocratiche con i nostri consolati e non vedevamo l’ora di ritornare a casa a Goa. Bombay era una bellissima città ma se non avevi molti soldi nelle tasche per poter permetterti qualche comfort era meglio lasciarla il più presto possibile.Raggiungemmo i docks con un taxi, dividendo la spesa con altri ragazzi, e salimmo a bordo. Trovammo un posto libero sul ponte a poppa, dove c’erano delle panche rosse e bianche di legno su cui ci si poteva sedere e stendere per dormire la notte. Il ponte era pieno di gente, indiani e stranieri, tutti insieme ad aspettare che la nave, dal nome di Konkan Shakti, mollasse gli ormeggi.Il viaggio per mare era sempre fantastico, con i delfini che seguivano la scia della nave e la vista della bellissima costa che scorreva alla nostra sinistra. Si potevano vedere piccoli villaggi lungo la costa, solo piccole capanne e barche da pesca sulla spiaggia. In alcuni di questi villaggi la nave si fermava per far salire e scendere passeggeri con ceste di verdure e pesce secco e animali, capre e galline, galli. Non c’erano moli così i passeggeri venivano accompagnati sotto la fiancata della nave, che entrava nella baia dove le acque erano più calme, con delle grandi barche piatte. I marinai calavano delle scale di corda molto larghe e la gente usava quelle per salire e scendere e non era sempre semplice farlo specialmente se c’era un po’ di mare formato. Ma quel giorno tutto andò bene, il mare era calmo.Appena prima del tramonto me ne stavo seduto sulla ringhiera a poppa godendomi il viaggio e il volo dei gabbiani che seguivano la nave quando, seduta su una panca, vidi una bellissima ragazza indiana. Doveva aver avuto circa vent’anni, aveva i capelli neri raccolti in uno chignon circondato da una coroncina di fiori bianchi e una pallina d’oro nella narice. Era con una donna anziana, che pensai potesse essere la madre o una zia, ed era seduta con una grande naturale eleganza, come le principesse indiane che avevo visto sulle miniature d’avorio rajastane.Parlavano in maniera molto rilassata. La donna osservandola aveva un’espressione amorevole nei suoi occhi e probabilmente si augurava per la ragazza un matrimonio da favola. Stavo ammirando la bellezza della ragazza quando notai un movimento alla loro destra. Ecco un’altra splendida ragazza, stessa età, stesso stile di capelli, vestita in un abito in stile tie and die lungo, di colore blu e azzurro, una pietra azzurra nella sua narice, ma questa ragazza era decisamente occidentale. Aveva i capelli castani con ombre ramate, probabilmente lavati con l’hennè ed aveva la stessa posa elegante della ragazza indiana. Due meravigliose ragazze una accanto all’altra erano uno spettacolo da osservare con gioia.La ragazza occidentale era con un uomo un po’ più avanti negli anni , con un pizzetto grigio, tatuaggi su entrambe le braccia e una ragazza bionda. Continuavo ad ammirare le due ragazze, paragonando la loro bellezza e pensando a quanto la natura fosse stata generosa con loro, probabilmente nate a migliaia di chilometri di distanza eppure così simili, come sorelle.Beh, pensai, devo smetterla di guardare e cercare di fare qualcosa invece.La ragazza indiana era molto bella ma guardata a vista dalla donna che l’accompagnava per cui non c’erano molte speranze di fare conversazione, così decisi che era ora di conoscere la ragazza in blu, anche perchè i nostri sguardi si erano incrociati alcune volte e la cosa prometteva bene.Scesi dalla ringhiera e mi avvicinai a loro. Li salutai e chiesi se volevano farsi un chillum per il tramonto. Il tipo mi guardò un po’ strano, ma le ragazze sembrarono abbastanza contente della proposta e dissero, ma certo perchè no ?Così tirai fuori il mio chillum e un pezzo di hashish e cominciai a lavorarci su. Quando fu pronto lo passai all’uomo, Brian, così, si chiamava, e mi preparai per accendere. Ma non l’avessi mai fatto. Brian mi guardò storto e mi disse in tono brusco che il safi, la pezzuola che fa da filtro al chillum andava bagnata prima di fumare. E aveva ragione. Cazzo che figura di merda. Ero così concentrato sulla ragazza che mi ero scordato di inumidire il safi. Anne, la ragazza bionda, venne in mio aiuto sorridendo e dicendo che non era poi quel gran problema , ma lei non sapeva. Le regole per fare un buon chillum sono ferree. Se vuoi farti un buon chillum devi assolutamente , oltre a tutto il resto, inumidire il safi, questa è la regola ed io avevo cannato ! L’uomo tatuato non mi lasciò neanche il tempo di andarlo a bagnare . Si alzò in un lampo e si avviò velocemente al lavandino sul ponte. Tornò con il safi bagnato ed accese il chillum. In quel momento mi sentii un po’ stupido. Eccomi qui con una bella ragazza che mi interessava parecchio ed io avevo dimenticato di bagnare il safi del cazzo !Comunque fumammo il chillum insieme e Brian parve rilassarsi. Tutto bene dopotutto, così potei concentrarmi sulla ragazza. Il suo nome era Irene, era inglese di Londra. Amavo quel nome ed il suo suono, pronunciato all’inglese, Airin. Stava anche lei a Baga , non lontano dalla nostra casa scoprii. Parlammo parecchio mentre ammiravamo lo splendido sole che scendeva nel mare. Era un magnifico tramonto dei tropici e mi sentivo molto bene. Passai la sera con loro e quando venne la notte stesi il mio sacco a pelo per terra, di fianco alla sua panca, e mi addormentai. Il mattino dopo lei mi svegliò. Aprii gli occhi ed eccola la : la magnifica baia di Panjim. Come amavo quella città all’alba. Arrivare a Panjim per nave era sempre come tornare a casa, una sensazione magnifica quasi mistica. E questa volta era anche meglio. Ci salutammo sul molo e le dissi che l’avrei cercata sulla spiaggia. Lei mi sorrise.
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