Seduti nella casetta nel bosco, si chiacchierava tra vecchi amici. Il suono del mare tra i pini, sigillava il benessere della giornata, passata a guardare le sue onde e sentirne accarezzati i pensieri. Scivolammo a considerare il passare del tempo ed io, come sempre quando non voglio aprire lo scrigno del sentire, la buttai sulle rughe e l’incanto si ruppe. Non era un messaggio, era un saltare pauroso dal vero pensiero al luogo comune.
All’ odiato luogo comune.
Le rughe, la sdendatura, la calvizie e, perché no?, le puzze, caratterizzano anche i neonati.
Non sono dunque questi i segni che ci fanno paura, ma il loro implicito messaggio.
Il neonato si affaccia alla vita e, stupidamente, leggiamo in loro la conferma dell’eternita’, che cosa affascinante! Ne siamo subito attratti. I vecchi ci mostrano, invece, che eterni non siamo e la paura che ne consegue, ci porta a volerne fuggire.
Crescendo ho imparato a prendere per mano le mie paure, (come istintivamente fanno i bambini tra loro) e, scrollandomi di dosso stereotipi, son saltata fuori allo scoperto, incurante dei giudizi, il più temibile il mio. E vivo. A dispetto delle rughe e dell’anca che urla, perfettamente ignara del quanto ma consapevole del come, vivo, intensamente e pienamente, vivo.
Del doman non vi e’ certezza…
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