Seconda parte, seconda puntata….

Seconda parte, seconda puntata….
Dopo poco tempo speso a casa con mia madre e sorelle, cominciai a passare sempre più tempo in case di amici come Mario, che aveva un piccolo appartamento in vicolo del Moro a Trastevere, e dove cominciai a dipingere le pareti con disegni psichedelici, amici come Stefano Leoni che aveva una stanza dietro a Piazza Navona dove ospitava chiunque, e che m’introdusse a una compagnia di sudamericani Cileni, due coppie, René O. con la moglie Gloria e un piccolo bebè di nome Renato, e Eugenio G. con la moglie Annamaria, incinta. René era un disegnatore fantastico e formammo un’amicizia stretta, fumando tante canne e Shilom, con le cuffie in testa ascoltando i Rolling Stones, Cream, Hendrix, etc. mentre assieme disegnavamo scambiandoci il foglio e intervenendo nel disegno dell’altro. Eugenio e Stefano tutt’e due bravissimi fotografi. Sognavamo di antiche civiltà sudamericane precolombiane, di dischi volanti, avendo appena scoperto Von Danaken e il suo libro “Charriots of the Gods”… Vivevano in un appartamento in Via Urbana, e fu lì che per la prima volta provai a trippare. Non con l’acido, del quale ero ancora timoroso, ma ingerendo una manciata di semi di Campanula Blu offertami da René. Il primo effetto, che crebbe pian piano, fu una grande nausea, e vomitammo come matti. Sentivo il pavimento che si muoveva con il rimbombo prodotto da ogni nostro passo. Poi, delle distorsioni visive, e allucinazioni coloratissime che non durarono tanto.
Cominciavano a formarsi le “Comuni” di amici, Mario, dopo aver condiviso un appartamento con Paolo Paci, si era aggregato a un altro gruppo di sudamericani formando la “Comune di Piazza De’ Renzi” con Jorge Giannoni, nella casa prima occupata da Alberto Gasparri, che era a New York. Rene ed io avevamo disegnato una serie di poster che intitolammo “Amauta Shilom” (Amauta, alto sacerdote Inca – Shilom = di ovvio uso) che divenne anche il nome del nostro gruppo. C’erano ormai gruppi a Campo de’ Fiori, Trastevere, Via Margutta, Piazza Navona, poi c’era il gruppo del Piper, dove conobbi le sorelle Anna e Sandra Carini, Giuliano Chapman, Giorgio Farina, Michele LG., Sandro S., e tanti altri… Venne a Roma il Living Theatre dalla Francia e tutti i miei amici circolavano con loro a piazza di spagna, Trastevere ecc. Tramite amici conobbi Lotus e brevemente fummo una coppia. Era cinese americana di San Francisco, molto dolce e molto carina, lunghi capelli neri… conobbe un altro e con un gruppo partirono per l’india.
Eugenio e Annamaria erano diventati genitori e avevano comprato una casa a Bracciano e si trasferirono, e fu qui che feci il mio primo acido. Una sera nel 69, mentre con René disegnavamo ascoltando il giradischi, un battito alla porta (Non avevamo telefono), e ci troviamo Luigi G. (Fratello minore di Alberto), con due figure che non avevo mai visto. “Ciao René, questi sono Halma e Steve W., e dicono che ti conoscono…” Si erano conosciuti l’anno precedente a Parigi, e arrivavano freschi da San Francisco. Steve, un 17enne nero parte Nativo Americano, di Brooklyn, che indossava indumenti di pelle fatti a mano, con frange e decorati di ricami di perline, con chitarra in spalla e un flauto in mano. Halma era una donnona, quasi il doppio del suo minuscolo compagno, anche lei Cilena, incinta, gonna lunga con scialli e fazzoletti, anelli e collane, una chioma di capelli rosso mattone lunga oltre il culo. Più anziana, 32enne. Portava con sé una bottiglietta medicinale piena di chissaquante piccole pasticchette arancioni rotonde a tubo. “Orange Sunshine, direttamente dal laboratorio personale di Tim Skully in Sonoma” ci disse, e l’offrì a tutti… Dopo, i viaggi si moltiplicarono in varie situazioni, ma non tutti furono come quel primo, un’esperienza unica.
Dal 69 al 71 mi dedicai alla nascente Stampa Underground romana, creando un foglio stampato in cianografia solo su in lato della carta (Sistema che avevo scoperto lavorando con un cugino geometra, finito il militare), un lungo foglio monocolore, piegato a fisarmonica per creare le pagine, con l’aiuto di Fabio e la compagna Petta e altri, creammo “Mother”. Il titolo intero era, in lettere piccole: A little job for – poi in grandi lettere: MOTHER – poi: And her friends, in lettere piccole. Dove la parola “job” era disegnata come il logotipo delle cartine. Tutto in inglese! Il contenuto, in italiano, era opera di chiunque contribuisse, poesie, disegni, racconti, idee, tutto scritto a mano e facendo uso di lettere a pressione per certi titoli. Se ne stampavano quante copie che potevamo permetterci e le vendevamo per strada ovunque, anche davanti al Folk Studio, il Film Studio, Piazza di Spagna, Santa Maria in Trastevere, etc. Il nome poi cambiò in MADRIA.
Nel 70 René ed io andammo a Londra, invitati da una coppia d’inglesi, per cercare di vendere dei lavori. International Times e OZ Magazine comprarono una delle 5 pagine di Amauta Shilom per ciascuno (Mai pubblicate). Il giorno prima del nostro rientro a Roma, i nostri ospiti diedero una festa a casa loro per un trio di ragazze americane che si preparavano a tornare negli USA dopo un’estate passata in Grecia. Ci fu il classico colpo di fulmine, amore a prima vista tra me e Barbara S. – Invece di tornare a casa, venne e Roma per una settimana, poi, ci scrivemmo avanti e indietro fino a che decisi di seguirla nel 71, quando molti amici andavano dal lato opposto, verso l’India o l’Afganistan o il Nepal. Dopo averne parlato con Barbara, con un biglietto a senso unico, una piccola valigia con le mie poche cose, e con cento dollari in tasca, partii per New York con un volo Pan American, verso il futuro e un nuovo capitolo della mia vita.

 

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