Parte V – Haight Ashbury – 1977/1985 (molto lunga)
La proprietaria del Grand Piano, una donna Tedesca di nome Lexie, più anziana, divorziata con due figli maschi intorno ai vent’anni, mi promosse manager quando il locale si spostò al lato opposto della strada, in un locale molto più grande. Avevamo una bella macchina per il caffè e si vendeva tè, dolci, torte, e diversi panini e insalate. Nella grande sala adornata di tavolini e sedie, c’era un pianoforte, sul quale Lexie invitava gente a suonare. Solo musica classica! E solo fogli scelti da lei. Era una seguace di Rudolph Steiner e della Società Teosofica, di carattere molto forte e autoritario. Di rimpetto a noi c’era un ristorante (The Panhandle Pantry) operato da Robert Clutton, un pittore sui cinquant’anni, di origine Gallica, al quale piaceva bere, oltre al cucinare, dipingere e dare feste. Robert lo avevo conosciuto perché era il proprietario di una grande mansione vittoriana a tre piani, 4 quadre più su (in salita) per Ashbury street, casa dove affittava stanze, e ci vivevano due o tre miei amici. C’erano diverse scale che portavano in diverse suddivisioni dell’interno. Lui occupava il terzo piano per intero. Nello scantinato aveva una sala da gioco con tavolo da biliardo, un vecchio jukebox e il suo studio, con porte che davano su un bel giardino a vari livelli, con tante piante e fiori. Si era fatto costruire una piccola serra/sauna con una vasca, e con porte di vetro che davano sul giardino. Era un personaggio ben noto nel quartiere, simpatico e molto benvoluto. Capita la concorrenza, divenne socio con Lexie aprendo la sua cucina al Grand Piano, così da semplice caffè, diventammo un ristorante. Io avevo il mio da fare, assumendo nuovo personale, creando gli orari di lavoro, e generalmente la supervisione del da fare quotidiano del locale. La mattina presto andavo ad aprire e mentre arrivavano gli impiegati, lavavo il marciapiede con un tubo dell’acqua… Si accendeva la macchina del caffè e cominciava il via vai dei clienti, mentre il quartiere si svegliava lentamente.
Grazie all’aiuto di Fred, ebbi modo di andare a Roma con mia figlia piccoletta, che usava ancora i pannolini, le dissi: “Ormai sei grande, questi non li usiamo più, adesso la pipì si fa nel gabinetto” e imparò senza problemi. Breve viaggio gradevole di una settimana. Maga era coccolata e Fiorella le fece cucire dei vestitini dalla sua sarta preferita, e se la spupazzava a destra e sinistra. Al ritorno, arrivato a NY, la compagnia aerea mi disse che c’era un errore nella tariffa del pezzo NY/SF, e mi fecero aspettare per ore nella lounge cercando di risolvere la situazione. Alla fine mi incazzai e reclamai che dovevo essere a casa, e che con la bimba piccola non potevo aspettare, che mi mandassero poi il conto più tardi. Avevo subaffittato la mia camera a una coppia che lavorava al GP, e tornato, decisi di lasciargliela e trovarmi un posto mio.
Affittai un piccolo appartamento al terzo piano di un edificio senza ascensore (1333 Masonic Ave.[Parliamo di numerologia?]), entrando c’era un corto corridoio con accesso al bagno e uno stanzino ripostiglio, poi la stanza principale dove c’era un letto a muro che aprivo la sera. Una piccolissima cucinetta, lavandino e fornello, e una stanzetta posteriore su un terrazzino che dava accesso alla scalinata di sicurezza dietro l’edificio. Convertii il ripostiglio in un piccolo loft per il letto di Maga e per i suoi giocattoli, che includevano una casa per le bambole costruita da me con scatole di cartone… un’amica mi regalò una gatta nera che chiamai Schwartz.
Un giorno libero, con Maga dalla madre, mi trovavo a Mill Valley a casa di una donna che avevo conosciuto, e dove avevo passato la notte, quando decisi di chiamare il ristorante per vedere se tutto procedeva OK, e mi dissero “Meglio che vieni subito, c’è qui tuo padre che ti cerca!”…
A quei tempi mantenevo una corrispondenza con mia madre e con mio padre, e anche con Fiorella e Mariella. Inoltre ci si vedeva ogni volta che andavo in Italia a trovarli. Come già scritto, mamma venne a trovarmi per il battesimo di Vanessa, Fred anche era venuto a Hopewell in visita mentre lavorava per la Marozzi Travel con sede a Brooklyn nel 71/72. Fiorella e Toni anche erano venuti a trovarci prima di Vanessa, quando abitavamo sulla 3a strada… Con la morte di mia nonna ottantanovenne, Fred e Giovanni ebbero una piccola eredità, loro due gli unici ancora viventi e Giovanni diede una somma a suo fratello, che lui decise di spendere venendomi a trovare, per vedere se magari avesse potuto convivere con me, aiutandomi finanziariamente. Subito comprò due letti singoli, uno per me e uno per Maga, mentre lui occupò il letto a muro. E vai con piatti e posate e pentole, e un piccolo televisore nel quale si perdeva per ore, lenzuola, asciugamani ecc.
Il lavoro al ristorante era conveniente perché avevamo da magiare assicurato, e tante volte si cenava lì a metà prezzo o gratis. Mi aiutò tanto con mia figlia (non ricordo a questo punto, dove fosse Cristina, forse era on Oregon con i Bagwanisti arancioni che aveva conosciuto), allo stesso tempo attivamente cercando impiego, leggendo annunci nei giornali e mandando in giro dei resumé. Gli disegnai un volantino che annunciava ‘Italian Classes’ che appesi nelle bacheche locali, e credo che desse un paio di lezioni al Grand Piano. Poi accettò un’offerta di una posizione come manager di un edificio residenziale proprio su Nob Hill, con un buon salario e con alloggio incluso. Felicissimo lui e felicissimo io, sia per lui e per la sua nuova situazione (ai 73 anni), sia per me, che ritornavo ad avere più spazio per dedicarmi a dipingere e disegnare.
Fui colpito da una ragazza/donna che veniva ogni mattina a fare colazione al GP in divisa da infermiera, avendo finito il suo turno notturno, per poi andarsene a dormire sulla sua barca ormeggiata alla marina, così mi disse quando attaccai il discorso.
Piccolina, con dei capelli neri lisci lunghissimi, solo un anno più giovane di me (che ne avevo 33), sembrava una giovincella, giovane in spirito come me… Scherzosa e divertente, venni a sapere che suonava musica, flauto e sassofono, in un complesso formato da Sam Andrew (Big Brother & Holding Co.) e altri musicisti… poi mi portò alla barca (che aveva corrente elettrica e telefono) per la prima volta e ascoltammo musica nella piccola cabina dondolando sull’acqua, fumando canna dopo canna, raccontandoci e aprendoci… e finalmente unendoci, in quella che posso definire come un’unione Tantrica mai prima provata con nessuna partner. Ci eravamo finalmente trovati! Come la metà mancante, l’altro lato della moneta, la parte opposta, da cui imparare e a cui insegnare… l’anima gemella.
Shady Grove era tutt’altro tipo di locale su Haight St., oltre al caffè e il mangiare, offrivano musica dal vivo con complessi locali, il pomeriggio acustico, e la sera elettrico e, avevano la licenza per alcolici, quindi birra e liquori. Prima si chiamava United State Café, ed era gestito da una persona con la quale divenni grande amico, Curtis S., mio vicino di casa quando abitavo su Ashbury St. con Nicky e Robin. Viveva con la compagna Ann, e un roommate di nome Mark (aka DNA) che trafficava in acido e funghi. Lo andavo a trovare nel loro appartamento, dove aveva un paio di flipper, e una stanza dedicata all’elettronica, in una casa decorata con enormi quadri psichedelici originali, suoi e di amici, e vetri intagliati anche suoi. Un autentico hippie prima generazione, aveva vissuto qui negli anni sessanta gli eventi di prima mano, e conosceva tutti… e tutto! Un anno più anziano di me, era laureato da MIT, e Stanford, e aveva la passione della tecnologia… Aveva radio di tutte le onde e sentiva le chiamate della polizia e dei mezzi medici, oltre a stazioni pirata. Cercava di spiegarmi come si stava costruendo il proprio computer (ne aveva due sperimentali), e stava testando l’uso dell’internet con il telefono, mentre fumavamo canne e Maga giocava al flipper con Ann. Anche Beth aveva la passione del computer e si stava costruendo il suo. Io in passato avevo sempre visto il Grande Computer (IBM) come il nemico, la tecnologia che opprime l’umanità. Qualcosa da combattere e al quale opporsi, mi trovavo ora incuriosito dalle possibilità offerte nel campo della grafica, da questo nuovo strumento.
Con Beth si passava sempre più tempo assieme, e pian piano le sue cose cominciavano a riempire il mio piccolo appartamento al terzo piano… I suoi vestiti, le divise, gli strumenti, i libri, e lo spazio libero si andava restringendo. Un giorno ricevetti una chiamata dal datore di lavoro di Fred, il proprietario dell’edificio, reclamando che doveva licenziare mio padre perché non adempiva le sue funzioni. Fred la prese leggermente dicendomi “Si, vabbé, tanto volevo proprio tornarmene in Italia…”
Io passai a lavorare in un altro ristorante/pizzeria chiamato All You Knead, gestito come cooperativa da un gruppo di amici. Un grande salone con soffitti altissimi con tanti tavoli e booth lungo i due lati. Una grande cucina aperta, dietro un banco di legno dove c’era la cassa, con un grande forno (a gas) per la pizza, vari fornelli, varie stazioni di lavoro. Una scala in fondo della sala da pranzo sulla destra, portava a due toilette e un piccolo ufficio con aperture sulla sala principale da un lato, e sulla cucina dall’altro. Cominciai come lavapiatti, e prendevo le ordinazioni al telefono, mentre andavo imparando come funziona un vero ristorante. Avevamo un bel menù con i soliti panini, insalate e minestre, e in più c’era la pizza che era pure buona, e attirava molti clienti. Eravamo tutti amici e si faceva ampio uso di fumo e coca nella cucina… Si faceva la colletta e si comprava un paio di grammi di coca che ci dividevamo durante il nostro turno. Quando cominciai come sous-chef, feci assumere un nuovo amico italiano conosciuto al GP, un Pippo Privitelli, Siciliano, come lavapiatti. Pippo suonava musica ed era accordatore di pianoforti… Lavorando assieme si scherzava in italiano e si fumavano tante canne. Decidemmo di fare una sera a settimana una “Pasta Night” per gli impiegati, e introducemmo la Carbonara, sconosciuta a questi americani abituati solo alla pasta al pomodoro. E fu un grande successo, tanto che si decise di cominciare a servirla anche ai clienti regolarmente. E s’introdusse anche il menù per la colazione, con uova, patate, pancake, etc., e il ristorante era sempre pieno.
Nell’81 ci spostammo a vivere a Mill Valley, a Tam Junction, all’entrata del paese, 301 Dolan Ave., con un roommate Jason, che anche lavorava al ristorante. Beth ed io avevamo la stanza da letto principale al primo piano, mentre Maga e Jason avevano le loro stanze al pianterreno, dove c’era un grande living con caminetto, un bagno e la cucina, due porte di vetro scorrevoli davano su un deck di legno con una bella vista… Di sotto, una grande stanza cantina che divenne il mio studio, con una porta sul piccolo giardino. Maga viveva con me principalmente, anche se Marisa ogni tanto era disponibile per curarsene. Non avevo più la macchina, che avevo perso quando la lasciai parcheggiata, non funzionante, sotto casa, e fu portata via dal comune.
Beth aveva la sua macchina e si viaggiava assieme quando i nostri orari ce lo permettevano. Lei andava al lavoro per il suo turno notturno verso le dieci di sera, quando io e Maga ce ne andavamo a dormire, e ritornava a casa la mattina quando noi ci si svegliava e ci si preparava a prendere l’autobus che ci portava a SF. La sera poi, dopo aver preso la figlia alla scuola nido, facevo della spesa e si prendeva l’autobus per tornare a casa, dove mentre Maga si guardava la televisione, io preparavo la cena per noi e conservavo la porzione per Beth, per quando si sarebbe svegliata. Poi, messa la figlia a letto, mi mettevo a disegnare e a dipingere, ascoltando la radio e fumando l’immancabile joint.
Nell’81 convinsi a Beth e ce ne andammo a Roma per un mese di vacanza, che passammo tra casa di mamma e Mariella, e casa Ferri a Casal Lumbroso, dove c’era una piscina e campi da tennis. Fiorella mi metteva sempre al lavoro a dipingere, in camera del figlio Giorgio, dipinsi su una parete un aereo pilotato da uno della Banda Bassotti (Disney), perché Toni era pilota… Le dipinsi dei mobili per la camera della figlia Stefania, e tante magliette dipinte a mano con colori acrilici, per tutti… Ci davano sempre una macchina per poterci spostare indipendentemente, e feci il capogruppo, portando Beth e Maga in giro per tutti i siti turistici d’obbligo come San Pietro e i musei vaticani, Castel Sant’Angelo, il Colosseo e il Foro, Piazza Navona (Dove Mariella lavorava alla gioielleria APA, a fianco al Tre Scalini), piazza di Spagna, villa Borghese, e Trastevere, e mi ricollegai con Stefano L. (andammo a farci una pizza a Trastevere e parlammo per ore), anche a Trastevere m’incontrai con Vaporetto (che avevo ritrovato vivendo a NY nel 74), e andai a trovare Fabio e sua figlia Amauta a casa loro a piazza Ragusa.
Nel 77 con la nascita della seconda figlia, e avendo ristabilito contatto con Barbara (che si era risposata) le chiesi di mandarmi Vanessa per una settimana in visita, e mostratasi avversa, presi il primo volo per NY e mi presentai a casa loro (abitavano a Warwick, in campagna). Vanessa fu contentissima di rivedermi dopo un anno di assenza dalla sua vita (e lei dalla mia!), e quando le chiesi se le sarebbe piaciuto venire a trovarmi in California, lei disse di si senza esitazione. Tornai a SF e le inviai un biglietto andata e ritorno per il mese seguente finita la scuola, e a sette anni e mezzo, viaggiò da sola per la prima volta in vita sua.
Nell’83 ripetemmo il viaggio a Roma, questa volta includendo anche Vanessa, e fummo ospiti di Fiorella e Toni, con i quali (oltre a mia madre) si andò a villeggiare al mare a San Felice Circeo, all’hotel Punta Rossa. Mariella era single-mother con una bimba che chiamò Mia (il padre che avevo conosciuto qualche anno prima, era morto di un infarto), e affittava una casetta estiva a Ostia, dove portava anche mamma. Le figlie venivano coperte di attenzione e di regali, Beth faceva compre di souvenir, e io sempre a dipingere o a fare il turista o ritrovando vecchie amicizie. Giancarlo Croce, Carlo Ambrosoli, Gilda Pizzolante, ritrovai perfino Romoletto D., compagno all’istituto d’arte che tanto mi aveva impressionato, chi viveva ancora nello stesso seminterrato.
Stanco di fare il pendolare con l’autobus, mi comprai una macchina di seconda mano, una vecchia Dodge Dart del 68. Grande, tutta bianca con delle linee cromate, auto sterzo… Una famiglia con due macchine (Beth aveva una Toyota Celica nuova), con orari contrapposti. Trovammo una casa in cima alla montagna (Mt. Tamalpais), una strada tortuosa che scorreva tra alti alberi. Proprio sulla cima, aveva una veduta panoramica della baia e s’intravedeva perfino SF nella lontananza. Mountain View Avenue, una casa di un piano con garage, giardino, e seminterrato, costruito di blocchi di cemento e legno, con la stanza principale (ingresso/living/camera da pranzo) con soffitto altissimo e un piccolo loft accessibile da una scaletta, sopra la piccolissima cucina. Da un lato dietro porte francesi, c’era una piccola stanzetta tutta finestre, che guardavano tra gli alberi (che feci il mio studio), Maga aveva la sua stanza, e Beth ed io avevamo il garage che era stato convertito in camera da letto. Le macchine le parcheggiavamo nella strada d’accesso. L’esterno della casa era fatto in stile di chalet Tedesco/Austriaco, e aveva un piccolo corridoio/terrazzo di cemento che portava all’ingresso, dove Beth mise tanti vasi di fiori. Schwartz fu contentissima di quest’ultimo spostamento, e prese a passare molto tempo all’aperto fuori casa… A poca distanza avevamo Carlos Santana come vicino. A Beth piaceva molto festeggiare le feste di Natale, e ogni anno si comprava un grande albero e s’invitavano gli amici a venire a decorarlo, e si offriva la cena (di solito la mia “John’s Famous Lasagna”)…
AYK era un bel posto per lavorare, finché una delle socie decise di comprare il tutto e diventare sola proprietaria, e le cose cambiarono e in molti se ne andarono. Io rimasi come cuoco fino a che venni licenziato per delle diversità di opinione. Ero sempre attivo come grafico commerciale e riuscivo a tirare avanti.
Robert Clutton aveva lasciato Lexie e il GP, e aveva di nuovo aperto un locale suo chiamato The Pall Mall Grill, uno spazio minuscolo con una finestra sulla strada, ingresso dell’esistente bar Pall Mall, spazio, dove aveva fatto mettere un banco con 5 sedili stile diner, e dietro il banco, una griglia, fornelli a gas, un piccolo frigorifero, un microonde e un lavandino per lavare i piatti. Il lavoro gli andava bene e cercava un aiuto per potersi permettere più tempo libero, ed io fui felice di diventare il suo secondo cuoco. Imparai presto come gestire questo piccolo spazio, la mattina c’era molta richiesta per uova, omelette, patate, bacon ecc., che si faceva facilmente sulla griglia o sui fornelli, poi all’ora di pranzo, grandi hamburger, piatti di pasta e altri panini. Le minestre le preparava Robert a casa sua e le portava in grandi contenitori, assieme a altre delicatezze di sua scelta. Cinque clienti seduti alla volta, si serviva da mangiare anche ai clienti del bar, che venivano a bere e giocare a biliardo. Per strada, la gente che passava si fermava ad annusare gli odori, e per chiacchierare.
Un giorno, guidando verso SF per andare al lavoro, fortunatamente senza mia figlia, per via della pioggia e delle mie gomme lisce, sbandai tentando un cambio di corsia, colpii un’altra macchina e ci fu l’incidente. Senza cinture di sicurezza venni sbalzato a destra e a sinistra fratturandomi una costola (come venni a sapere dopo), e distruggendo la mia macchina. Arrivata la California Highway Patrol, scoprirono che non avevo nemmeno assicurazione. La macchina venne sequestrata ed io ricevetti una grande multa e dovetti apparire in corte dopo (dove mi ritirarono la patente e fui condannato a ore di servizio civile), ed io presi l’autobus e arrivai al lavoro con ore di ritardo, con Robert ubriaco che brontolava, ma quando venne a sapere si stette zitto. Ariecchime con l’autobus giornaliero, avanti e indietro da Mill Valley. A malincuore lasciammo la casa in cima alla montagna, e tornammo a vivere in SF. Questa volta su Haight Street, all’incrocio con Central St., dirimpetto al piccolo parco chiamato Buena Vista Park. Si entrava attraverso un cancello di metallo, scendendo tre scalini sotto il livello della strada, seminterrato di un palazzo con tre piani con tanti inquilini sopra di noi. La scuola di Maga era a due passi, come il mio lavoro, e anche per Beth divenne più comodo con il suo ospedale molto più vicino. Mentre a Mill Valley, Beth aveva preso a frequentare un corso universitario di musica diretto nientemeno che da Brian Auger, e nonostante il complesso con Sam non era approdato a niente, in classe studiava musica sinfonica e jazz, e si esibiva con il flauto nella prima, e col sassofono (baritono, quasi più grande di lei) nell’altro, durante recital aperti al pubblico al College of Marin. Il nostro nuovo appartamento aveva tre camere da letto, da un lato di un corridoio, che apriva sul living, una grande stanza con grandi finestre, seguita dalla cucina aperta e un cameretta con le macchine per il bucato, e un piccolo giardino. A Mill Valley avevamo comprato un letto matrimoniale con una grande intelaiatura di legno che accomodava innumerevoli cassetti nella base, schienale in legno, e due comode laterali dello stesso materiale e colore. Imparammo a smontarlo e rimontarlo ogni volta che ci si è poi spostati. Maga aveva la sua stanza con il suo letto, scrivania e giocattoli, io feci lo studio nell’altra cameralibera. Nell’82 per il suo quinto compleanno, accettai l’offerta di Marisa di portarla a Disneyland in LA, assieme a Star e Midnight. Dopo una tentativo in una scuola Montessori privata, iscrissi Maga alla prima elementare pubblica McKinley poco lontana. Frequentava i cugini, la madre e la zia nei loro giri, ma inevitabilmente erano anche presenti nel mio mondo quotidiano, e ci si incrociava socialmente.
Tre ex-collegi miei da AYK affittavano assieme una casa a tre piani, in cima a una collina, sulla 20sima strada nel quartiere accanto al nostro, chiamato The Castro (Castro street), il quartiere gay di SF. Due se ne volevano andare, e il terzo (Richard F.) cercava nuovi inquilini per poter continuare a viverci. L’incrocio 20/Douglass street era un cul-de-sac, che era affiancato da un lato da un piccolo giardino di giochi per piccoli, e dall’altro da una scalinata lunga che saliva la collina dietro al nostro e altri palazzi accanto, collegando alla 21esima strada sovrastante. La casa era incredibile, vecchia, di stile vittoriano, costruita su un fondo roccioso, dal marciapiede bisognava farsi 36 scalini per arrivare alla porta di casa, che poi era lo scantinato, una grande stanza vuota con porte di vetro scorrevoli che davano su un deck in legno a forma di cuore (o due grandi tette), con una vista della città, downtown e i grandi edifici, poi il Bay Bridge e in lontananza Oakland al lato opposto della baia. La stanza aveva un gabinetto e lavandino, e spazio per la lavatrice e asciugatrice, e una porta posteriore che aperta, presentava una scalinata in cemento che portava al giardino di diversi livelli, un piccolo deck e la porta dietro la cucina. Basement inutilizzato, che divenne il mio studio, dove passavo ore innumerevoli disegnando e dipingendo, passato il quale si affrontava la prossima scalinata per salire al primo piano (al livello del giardino posteriore) dove c’era una bella anticamera che finimmo per riempire con scaffali di libri, un grande living con finestre a bovindo, affiancato da una grande sala da pranzo, affiancata la stanza di Maga con il suo gabinetto personale, si passava alla cucina e il giardino. Dall’anticamera si saliva una massiccia scalinata in legno al piano superiore dove c’era la camera da letto grande che occupammo noi, un bagno con doccia e due lavandini, la camera che occupava Richard, e una mini stanza ripostiglio dove teneva certe cose sue. Praticamente viveva in camera sua, la cucina la usava di rado, ed era molto riservato e silenzioso. Dopo aver fatto il cuoco e il cameriere, era tornato a studiare e ora insegnava alle elementari in Oakland.
Lavorando prima come lavapiatti, poi come apprendista cuoco e poi cuoco in vari locali su Haight Street, frequentai e mi associai con tantissimi nuovi amici che come me credevano nel messaggio di Pace e Amore. Contribuii pure alla creazione della prima Haight~Ashbury Streetfair, evento annuale che continua tuttora ogni anno, diventando parte del comitato organizzativo. Disegnai il Logotipo, tanti poster e magliette, e come libero professionista, ottenni lavori dai vari negozianti (molti erano amici) e disegnai logotipi, vetrine, tende e cartelli, e murali, alcuni ancora sopravviventi. Alla galleria si prendeva turno allo spazio/galleria, e ognuno dei membri poteva fare esposizioni proprie, oltre alle mostre di gruppo. Avevo come cliente il negozio di magliette (che vendeva anche libri), che finanziava la stampa di alcuni miei disegni popolari su magliette da vendere al negozio e io ne ricavavo una percentuale.
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Artista – Marito – Padre – Nonno