Parte IV – La California

Ritrovai Halma e Steve in NY infatti nel 1975. Marisa, sorella minore di Halma era appena arrivata portando due valigie piene di cocaina dal Sudamerica passando per il Canada, e Halma spacciava, e praticamente tutti usavamo. Spinti da Halma, cominciai un rapporto con Marisa, tre anni più giovane di me, carina, artistica, aveva lasciato due giovani figlie dal suo primo matrimonio con la madre a Buenos Aires. Era sempre a casa mia, dove disegnavamo assieme, e con la sorella, si parlava di andare a San Francisco. Presi la patente e comprai la mia prima macchina a un’asta dell’ufficio postale. Una specie di furgone adibito alla consegna della posta, con guida a destra, un Harvester International ‘Scout’, con solo il posto di guida davanti, e con dietro uno spazio aperto con due lunghi finestrini laterali, e porta posteriore. In un junkyard comprai subito due sedili usati di una Cadillac e li istallai su una base di legno che costruii…Halma era proprio paranoica di Steve, che usava eroina, aveva paura che potesse sgarrare e rovinarle il negozio… Decise quindi di dargli un biglietto a senso unico per Amsterdam, duecento grammi di cocaina, e la promessa che lo avrebbe raggiunto al più presto. Si comprò un camper, mise tutta la sua roba in un deposito, e si mise a vivere al Taft Hotel, nella Upper West Side. Anche io feci lo stesso, mettendo tanta roba in un depositi, e, mettendo la gommapiuma del mio letto nel retro della mia macchina. Aggiunsi un portabagagli sul tetto, che caricai al massimo, coprendo il tutto con un copertone impermeabile e legandolo con cavi. Lasciai lo studio e, anch’io andai a finire al Taft con Marisa, in una stanza accanto alla sorella, che continuava a rimandare la nostra partenza per la California. Io intanto continuavo a fare disegni per tessuti, e con l’aerografo facevo magliette e abbigliamento per neonati, con scritte come: I Love N.Y., o, The Big Apple, ecc, e le vendevo per strada o in negozi.Finalmente dopo un paio di mesi, ci mettemmo in cammino. Halma voleva passare per Detroit a ‘salutare’ John Sinclair… ci presentammo in gruppo alla sede del suo giornale, ma lui no c’era. Io mi resi utile collaborando con la gente che lavorava sul giornale, mentre Halma leggeva le sue poesie e sparava cazzate intrattenendo i nostri ospiti.Io avevo bisogno di guadagnare qualcosa, e feci il giro della città per vendere le mie magliette, trovando un buon mercato, decisi di affittare una stanza in un motel, e con Marisa ci mettemmo a lavorare. Trovai un negozio chiamato Monkey Boutique, con un proprietario Indiano, al quale piacevano molto i miei disegni, e mi misi in produzione. Mi chiese pure di decorargli la moto, e gli dipinsi un Taj Mahal sul serbatoio della benzina. Halma e Co. erano partiti con la promessa ‘di incontrarci a San Francisco’, mentre io rimasi per qualche settimana ancora. Affittai un banco a una fiera di strada in Greektown, e misi su l’aerografo, facendo disegni a richiesta… Andammo a Ann Arbor, la città universitaria, e ci fermammo qualche giorno, dormendo nella macchina.Mi ero presto reso conto che la macchina non superava gli 80 kilometri orari (50 mph), specialmente carica come era, e in autostrada viaggiavo solo in prima corsia, a volte con camion che mi arrivavano da dietro a grande velocità, suonando, per poi sorpassarmi… Per me guidare era una esperienza nuova. Facemmo lunghi tratti, scala breve a Chicago, e poi, vaste pianure deserte, una casetta qua e la, ore e ore di guida sempre in linea retta, sulla statale 80 (Fatta costruire dal governo Eisenhower negli anni 50, attraversa il paese al nord, da est a ovest), ci si fermava a mangiare e usare i bagni nelle stazioni/parcheggio per camionisti, dove ci fermavamo a dormire la notte. La prossima tappa fu a Salt Lake City, dove arrivai senza una lira in tasca. La città dei Mormoni, ce la girammo, facemmo anche un tour al museo della chiesa. Io non ne avevo mai neanche sentito parlare prima, e mi rimase tutto molto sospetto, sembrava un’attrazione alla Disney… Ai pochi negozi dove provammo a vendere le magliette non piacevano e ci accampammo vicino al lago salato per un paio di giorni. Avevo deciso di chiamare Fred a Roma per un aiuto, e in un paio di giorni mi trasferì $200. Soldi che mi permisero di finire il mio viaggio. Marisa intanto mi aveva comunicato che era incinta, e, tutt’e due sentendo la mancanza dei propri figli, eravamo contenti del nuovo arrivo. Dall’Utah, poi il Nevada, le montagne, e finalmente la California. Non avevamo nessun contatto per Halma, e la cercammo esplorando Haight Street per un giorno. Molti negozi chiusi, sporcizia e junkies… Non trovandola, decisi di proseguire per Los Angeles, dove avevo un contatto, e la possibilità di un lavoro.A Los Angeles ottenni lavoro con una compagnia che produceva disegni per tessuti esclusivamente grazie alle mie referenze (per due anni avevo fatto proprio questo mestiere in Manhattan) poiché a una fiera d’arte recentemente avevo perso il mio portfolio con gran parte dei miei lavori. Per la durata della gravidanza lavorai tutti i giorni mentre Marisa in una stanzetta affittata, lavorava con l’argilla creando oggetti surreali, da portacenere a porta matite, a forme che poi con aggiunta di fili diventavano braccialetti, collane, orecchini. Io mi ci immersi e creai delle figurine umane, caricature di varie professioni, un architetto (seduto al tavolo da lavoro), uno psichiatra (sdraiato su un divano), etc. creai persino delle pipe a forma di maschere native. Oggetti che mettemmo in vendita in negozi…Bianco europeo non ebbi mai nessun impedimento anche se arrivando senza un biglietto di ritorno e con soli $100 in tasca. Sposandomi, ottenni facilmente la mia Carta Verde, e potei ottenere il mio permesso di lavoro, e numero di sicurezza sociale. Il fatto che parlassi la lingua mi ha sempre servito. Nessuno mi aveva mai considerato altro che un americano bianco, benché di cognome Spagnolo, non ricadevo nello slot di Hispanic o Latino. Non ebbi mai a che fare con la legge fino a che fui fermato da un poliziotto in moto, a Los Angeles, per aver attraversato la strada scorrettamente (Jaywalking) per la quale mi fece una multa, dopo avermi fatto produrre i miei documenti di identità (e perché ero un capellone, forse illegale, forse drogato), ma il mio Inglese (accento Newyorkese) perfetto mi salvò senz’altro.Verso il termine della gravidanza, avendo ristabilito un contatto con Halma, ripartimmo in macchia per San Francisco, dove ci sistemammo per l’arrivo della mia seconda figlia Maga, che avvenne il 9 Marzo 1977. Avevo lasciato Vanessa con Barbara a NY, e ne sentivo tanta mancanza, e a Los Angeles presi a scriverle mandandole disegni fatti apposta per lei.Halma aveva affittato un grandissimo appartamento al secondo piano di un palazzo stile Vittoriano, su Oak street, davanti al parco (Golden Gate), con 5 camere, due bagni, una grande cucina e sala da pranzo. Lei e il compagno Ungherese George Pinter occupavano la camera principale che includeva anche il suo salotto proprio. Star e Midnight avevano la loro camera piena di giocattoli e sempre disordinata. Cleyton (Jurubeba) Capellossi, brasiliano, babysitter e tuttofare per Halma, aveva la sua stanza, George aveva una camera studio, adibita a film/foto/video, e Marisa ed io avevamo la nostra camera. Una grande famiglia tutti assieme… Fino alla prima lite tra le due sorelle, e ci spostammo a un appartamento proprio (947 Haight Street), due stanze cucina e bagno per $200 al mese.Quando Maga venne al mondo io lavoravo come tassista e insegnavo lingue all’istituto In Lingua, Marisa ripresasi dal parto e velocemente imparando l’inglese (Ci parlavamo sempre in Spagnolo) cominciò a lavorare facendo la spogliarellista inizialmente nei club su Broadway ma poi viaggiando al Giappone e Guam. Fu a questo punto che una sera, dopo un incidente violento dove lei mi graffiò la schiena tirando sangue, gridando come una matta posseduta, che decisi di mettere fine al nostro rapporto. Maga cresceva ed io facevo del mio meglio per riempire al mio obbligo come ‘single father’, cominciai a lavorare di giorno come assistente cuoco e per quindici anni ne feci una carriera lavorando in vari ristoranti oltre a fare la grafica come libero professionista nel tempo libero.Haight St. e Ashbury St., l’incrocio stradale che definisce il quartiere residenziale al lato del bellissimo Golden Gate Park reso noto dagli Hippie negli anni sessanta. Quando arrivai io la via principale (Haight) era abbastanza dilapidata con molti negozi chiusi e brutte droghe e brutta gente, ma, c’era anche un risorgimento dieci anni dopo l’Estate dell’Amore e personaggi che frequentavano certi locali (gallerie, caffè, bar, ristoranti) mantenevano ancora in vita quello spirito, ed io feci facilmente amicizia con tante nuove persone. Nel 1978 nasce la prima Fiera di strada alla quale partecipai come venditore, grande raduno di personaggi e di artigiani, musicisti. Evento che tuttora vive e al quale io dedicai grande parte del mio tempo e talento artistico per molti anni a seguire, creando poster, magliette e il Logotipo.Divenni membro di una galleria cooperativa di un gruppo di artisti, The Soft Touch Gallery, e aprivano nuove cooperative di cibi organici e immancabilmente i negozi di souvenir. Per anni lavorai con molti dei mercanti creando logotipi, biglietti da visita, pubblicità per la stampa, o dipingendo vetrine e tendaggi a mano, e per un brevissimo periodo, ebbi il mio negozietto personale su Haight St. (The Studio).Il mio rapporto con Marisa era durato tre anni e alla fine fui io a chiedere di separarci perché era diventata abusiva. Come la sorella, le piaceva l’alcol e beveva parecchio, oltre a fumare l’erba e la coca. Partì d’improvviso per il Guam e poi il Giappone per un totale di tre mesi. Io ero padre single e mi arrangiavo, era pure venuta mia sorella Cristina da Londra, seguita anche dalla sua migliore amica a Londra, una ragazza nera, Giorgina (con suo figlio Liam). Cristina si trovò un appartamento con Giorgina e poi un altro da sola, trovò lavoro in un caffè e poi come cameriera in un ristorante su Haight St. Tutt’e due mi aiutarono moltissimo con Maga occupandosene quando ero al lavoro e divennero parte del mio giro di conoscenze e amicizie nel quartiere. Io affittai una doppia stanza in un appartamento con Nicky e Robin, 648 Ashbury St. Due grandi stanze separate da una porta scorrevole nel mezzo, in una dormivamo Maga ed io (materasso per terra) e nell’altra avevo messo su studio per dipingere e lavorare. Con una bella luce dalle grandi finestre ad arco sulla strada….L’appartamento era in un palazzo a due piani, noi al pian terreno, avevamo l’uso del giardino dietro casa. C’era inoltre in seminterrato di cantine con un vialetto al lato della casa, che dava accesso alla strada, dove si tenevano i bidoni dell’immondizia. A nostra sorpresa scoprimmo che un ragazzino sedicenne viveva abusivamente in questo scantinato, e gli chiedemmo per favore di andarsene. Per coincidenza, il giorno stesso che entrammo in possesso dell’appartamento, camera mia con scatole e valigie, lasciata incustodita per poche ore, mi venne a mancare il passaporto (Italiano) che mi creò parecchie difficoltà. Dovetti prendere contatto con il consolato Italiano e dichiarata la perdita, ottenere un nuovo passaporto. A due anni Maga aveva già partecipato in un gruppo di bambini coetanei, dove i parenti prendevano turno a guardarli e tenerli occupati, poi fu ammessa al Haight Ashbury Children’s Center, dove avevano più attenzione da gente più qualificata…. Divenni amico con Debbie Lopez, la mamma di un bambino dell’età’ di Maga chiamato Jazzy, e ci frequentammo spesso passando ore con i figli che se la spassavano benissimo tra di loro.Halma era diventata una persona macabra, vivendo spacciando e usando cocaina. Si presentava come “La Comandante” con il suo entourage, con macchine fotografiche, e video, reclamando che stava registrando la rivoluzione. Le creai un logo per la suo team ”Super Eight Brigade”. Era superba nell’usare le persone per i suoi fini. Quando partimmo da NY mi disse “Da adesso in poi tu lavori per me”, come se avessi visto mai una lira da lei. Le facevo tanti favori includendo mantenerle i figli, guidando a destra e sinistra, e lavori di grafica ecc. Ma, mi avesse mai pagato?A San Francisco mi dedicai a leggere e istruirmi in magia anche io, incuriosito dalle referenze fatte dai Beatles (con l’inclusione della faccia di Crowley sulla copertina dell’album Sgt. Pepper, e dalla simbologia grafica usata apertamente da Led Zeppelin. Lo studio della simbologia (Jung), la mitologia classica mondiale (Joseph Campbell), i testi di Crowley stesso ‘Magia senza lacrime’, e ‘Libro IV’, e ‘L’Alba Dorata’ di Israel Regardie, che tuttora possiedo. Lessi anche libri di vari guru ma, invece di scegliere un maestro e diventarne seguace come facevano molti miei coetanei andando in India e diventando ‘sanyassin’, io non me la sentivo di ‘seguire’ nessuno, e anche la magia la toccai solo superficialmente con un grano di sale, al contrario di tanta gente in SF che la prendeva molto seriamente. Conobbi una ragazza bellissima, una certa Cici, con capelli biondi lisci e lunghi, al caffè dove lavoravo, The Grand Piano, con un volto angelico, e mi disse che era una strega quando mi regalò una foto (che ancora conservo) di lei stesa su un letto nuda, di spalle, appoggiata sui gomiti, che guarda sopra la spalla verso l’obbiettivo, sotto un ritratto di Baphomet, il dio capra satanico, appeso al muro.

Cici, la strega bianca del Grand Piano.

Quando dopo varie visite a casa mia, mi invitò a casa sua dove facemmo l’amore. Una grande casa Vittoriana, tutta decorata in legno scuro, con mobili antichi. Vidi solo la cucina (dove fumammo un joint e tirammo un paio di linee di coca), e la camera da letto della foto. Non volle mostrarmi il resto della casa, e, chissà perché, tutto il tempo che passammo amandoci, mi sentivo come se qualcuno (o qualcosa) ci stesse osservando di nascosto.


















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