La strage dell’ Heysel

Nel 1985 avevo 33 anni e vivevo a casa dei miei, a Caselle, il paese dell’aeroporto di Torino. Ci ero tornato dopo la separazione dalla prima moglie ed il soggiorno in Israele. Già a quei tempi facevo l’accompagnatore turistico, occupazione che ho mantenuto fino ai giorni nostri, seppur cambiando tipologia di clientela (allora accompagnavo gruppi di italiani all’estero, oggi gruppi di americani in Italia). Pur essendo free lance, a quei tempi il grosso del mio lavoro veniva da Ventana, un’agenzia viaggi molto reputata, di proprietà della FIAT, così come era proprietà degli Agnelli la Juventus. Ebbi l’occasione di accompagnare squadra e giornalisti a Barcellona, ma qui voglio raccontarvi di quando, con altri sei colleghi, portammo un grande gruppo di tifosi a Bruxelles, per la finale di Champions contro il Liverpool. L’aereo era un Boing 747, un Jumbo, ed i tifosi quasi tutti toscani (è d’altronde risaputo che la maggioranza dei tifosi juventini, fuori dal Piemonte, si trova in Toscana). C’erano stati dei no-shows e quindi ci erano rimasti svariati biglietti per la partita, che non avremmo più utilizzato per il nostro gruppo. Un tour leader non rinuncia mai ad un po’ di extra, e perciò ci andammo a sistemare, ognuno di noi presso uno dei vari ingressi allo stadio. Contavamo di vendere quei biglietti in più, ad integrazione della diaria. Chissà perché io andai a mettermi vicino all’ingresso carraio, che però aveva anche un ingresso per il pubblico. Quando ormai fuori dallo stadio non era rimasto praticamente più nessuno ed io stavo per raggiungere il nostro gruppo in tribuna numerata, il passo carraio si aprì all’improvviso per fare entrare polizia, vigili del fuoco ed autoambulanze. E me. Sì, perche con quel portone spalancato sul campo da gioco, io non ho proprio resistito e mi sono accodato, a piedi, ai veicoli che entravano. Così mi sono ritrovato sul campo, e subito, alzando gli occhi agli spalti davanti a me, ho visto questa massa di gente che spingeva e premeva su un’altra massa di gente che tentava di mettersi al sicuro. Lo stadio non aveva barriere tra tifosi e campo di gioco, come negli stadi inglesi, ma solo delle transenne controllate da decine di poliziotti belgi. E qui urlo il mio “j’accuse”, perché vista la situazione disastrosa sugli spalti, la polizia belga avrebbe dovuto immediatamente togliere quelle transenne e lasciare sfogare la gente verso il campo. Cosa che invece non fece, o meglio, fece quando ormai era troppo tardi. Fu proprio quando i tifosi furono lasciati liberi di defluire verso il campo, che il triste spettacolo di quei corpi sulle gradinate si rivelò in tutta la sua tragicità. Seguii il mio istinto e cominciai a risalire gli spalti; alcuni corpi erano neri per il calpestio ed il soffocamento, altri no e su quelli cercavo di trovare un segno di vita, una giugulare ancora pulsante (come si vede in una della due foto). Mi sono anche ritrovato ad aiutare i pompieri a spostare i cadaveri (seconda foto), mentre intorno a me c’era chi piangeva, chi urlava, chi inveiva. Quando ormai erano praticamente rimaste solo le forze dell’ordine, mi fu gentilmente chiesto di lasciare il campo, cosa che feci ed uscendo da dove ero entrato passai davanti ad una quindicina di corpi allineati contro un muro (il conto totale dei morti fu di 39, di cui 32 italiani). Ritornato in tribuna numerata, dove erano i nostri passeggeri, mi resi conto che nessuno, lì, aveva idea di quanto fosse successo. Mi ricordo che fui io a dire ad un giornalista di fama, di cui ho scordato il nome, che c’erano stati dei morti, che li avevo visti. Poi la partita si giocò lo stesso e vinse la Juve. Noi, tour leaders Ventana, temevamo che all’uscita, dopo la partita, sarebbe stato difficile riportare i nostri clienti ai pullman, invece non ci furono incidenti o resse, ed è comprensibile, visto lo stato d’animo di chi era allo stadio ed aveva vissuto la tragedia. Scortati all’aeroporto e poi via, verso Torino. Ventana premiò la nostra professionalità con un lingottino d’argento del valore di poche decine di migliaia di Lire, su cui era stata incisa la frase “Grazie. Ventana”. Un sano premio in denaro sarebbe stato sicuramente molto più bene accetto. 🤣

 

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7 risposte

  1. Drammatico. Ricordo soltanto le prime crudeli immagini e poi quando fu deciso di giocare ugualmente la partita spensi la televisione. Merda a connotare i nostri schifosi tempi.

  2. Mi ricordo la partita, ero in Italia e non potevo credere a quel che vedevo in tv e che si giocasse comunque la partita. Conosco la Ventana. Spesso ho avuto suoi passeggeri nei miei Tours negli Stati Uniti.

    1. Io venni negli States, penso proprio fosse con Ventana, come tour leader di un tour on the road. Era un incentive, un prodotto Gastaldi e come tale, la Gastaldi pretese che ci fosse anche un suo tour leader. Avevo cominciato il tour con molti dubbi, sai….due galli in un pollaio….ma il collega si rivelò una persona estremamente amabile e collaborativa ed il tour fu una bellissima esperienza. Toccammo un sacco di località famose e da San Francisco riuscii anche ad operare un optional tour a San Diego e a Tijuana (sempre per l’abitudine a macinare qualche extra 🤣).

      1. da SF a Tijuana? un sacco di miglia…Oggi sconsiglierei di andare a Tijuana. Facile entrare difficile uscire (nel senso rientrare in USA). Le code alla frontiera sono chilometriche a meno che non corrompi qualcuno per passare avanti. La città’ e’ piena di emigranti e rifugiati ed e’ diventata molto pericolosa. (non per i rifugiati ma per droga e traffico armi). Nel tuo tour avevi un appoggio locale? una guida? ti ricordi chi era l’operatore americano? per pura curiosità’… ho fatto la guida free lance on the road per 30 anni… accompagnando italiani, francesi, spagnoli ed altro in tutti gli USA e Canada a volte Messico…quindi anch’io ho venduto biglietti di “non show”, fatto mille optional (alla fine si facevano piu’ $$ con gli optional che con la paga…

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