Sergio Baldi
27 04 2020
il mio primo viaggio in india parte 7
Una mattina al risveglio non mi sentivo troppo bene, ero molto debole e mi sembrava di avere un po’ di febbre, durante la consueta visita al bagno scoprii di che si trattava, pipì color marsala e feci pressochè bianche mi dissero che mi ero preso un’epatite, minchia ero fottuto, in India, lontano da casa migliaia di kilometri, senza una lira, un disastro; passai un paio di giorni realmente depresso e tutto il tempo a cercare di capire come me la fossi presa, visto che non mi drogavo, mangiavo oramai con attenzione, l’unica possibilità era che l’avessi presa attraverso un contatto fisico: Bev! si certamente doveva avermela passata lei! Passati i primi giorni in cui mangiavo solo riso bollito e non mi muovevo dal mio letto, ripresi un po’ di energie, attraverso le solite chiacchiere con altri viaggiatori venni a sapere che erano in vendita delle pasticche ayurvediche tutte a basi di erbe che venivano usate, in dose minime per la protezione del fegato; Liver 52! era il nome di questo prodotto miracoloso, invece delle dose minime io quasi mi mangiavo una scatola ogni 2 giorni, poi con le amorevoli cure di Gael, che mi portava in piscina del riso bollito e degli enormi piatti di spinaci lessi che lei faceva cucinare e sterilizzare dalla donna che curava il suo appartamento, sentivo che piano piano mi stavo riprendendo dal periodo di assoluta debolezza, naturalmente interrompemmo i rapporti fisici e facevo una vita molto morigerata, Michail continuava le vendite anche per conto mio, io non ero ancora in grado di andare girando la sera per Coughtnat Place a cercare qualche acquirente. Dopo una decina di giorni di questa vita e malgrado avessi perso una decina di kili sentivo che le energie stavamo tornando e quindi ricominciavo a fare progetti per il viaggio di ritorno. Una sera a cena a casa di Gael conobbi un americano che faceva l’autista per una compagnia di Magic Bus e stava preparandosi per un viaggio tra Delhi e Kabul, Gael mi chiese se poteva interessarmi, beh la cosa era veramente allettante; lei si mise d’accordo con questo suo amico ed io ebbi così un passaggio gratis sul quel Magic Bus, la partenza sarebbe stata da lì a qualche giorno, non mi ci volle molto per prepararmi, comperai qualche barattolo di quella medicina miracolosa, il Liver 52. Il saluto con Michail fu abbastanza commuovente, anche se ci conoscevamo da poco ci eravamo affezionati l’uno a l’altro, durante il mio periodo critico mi fu molto vicino e senza il suo aiuto per vendere sarei stato completamente dipendente dall’aiuto di Gael, cosa che non volevo! a me erano rimasti in tutto 20 dollari in travel cheque e 20 dollari in contanti ed un pò di tole di fumo, Michail aveva solo il suo fumo e poche centinaia di rupie, così decisi che gli avrei lasciato tutto il mio fumo, non avevo certo intenzione di viaggiare con quello e la metà del mio contante , 10 dollari, certo non era un gran cifra ma era meglio di niente, di lui ho avuto poi qualche notizia, gli incontri anche con altri viaggiatori servivano anche per tenersi aggiornati sui reciproci spostamenti, seppi che viveva con una bellissima ragazza norvegese ed era ancora in giro per l’india, poi più nulla, mi piacerebbe rincontrarlo! Con Gael ci lasciammo con la promessa che in un paio di settimane o prima mi avrebbe raggiunto a Kabul.
E così eccomi di nuovo in viaggio, seduto davanti accanto all’autista, per me quello era il posto più eccitante, avevo di fronte a me uno schermo da 50 pollici attraverso cui mi godevo quei meravigliosi panorami. BMT questo era il nome dell’amico di Gael era un 40enne silenzioso, molto silenzioso e che si faceva un sacco di canne, appassionato di musica aveva solo due nastri “Desire” di Dylan ed uno vecchio dei Rolling Stone, li ascoltammo per tre giorni e tre notti e non ci stancarono mai, come ho amato quelle notti di luna piena passate a guardare attraverso il vetro del bus con l’Indukush che ci scorreva davanti, con i stretti ponti sul fiume Indo sulle strade tutti tornanti che risalivano verso gli altipiani dell’Asia Centrale.
Stavo lasciando l’India, mi preparavo al ritorno a casa, ma non avevo nessuna fretta, avrei molto volentieri continuato a viaggiare ed ero pronto a qualsiasi occasione la vita mi mettesse davanti, in effetti non avevo proprio nessuna intenzione di ricominciare la vita di prima, sentivo che avevo scavalcato il fosso, ora si che mi sentivo pronto a “Vivere” mia vita
Ed eccomi a Kabul, come era diversa ora la città, all’andata era Marzo, tutto pieno di neve ed un freddo cane, ora tarda primavera, era piacevole sedere nelle verande dei piccoli hotel, passandoci chillum o grandi joint e raccontarci le nostre esperienze, gli incontri fatti, i progetti per i prossimi viaggi; oppure passeggiare per Chicken Street, andando a mangiare kebab di montone. Allogiavo all’ Holiday Inn, certo non faceva parte della catena di alberghi americani, ma era un alberghetto economico e pulito. A Kabul incontrai un ragazzo americano, Robin, di famiglia ebrea molto benestante, che avevo visto prima a Goa e poi di nuovo nella piscina dell’Imperial Hotel, con lui passai molte piacevoli serate scoprendo così di avere molti amici in comune; un giorno al ritorno da una delle mie passeggiate trovai ad aspettarmi nella veranda dell’hotel Gael, mi aveva raggiunto per passare qualche giorno insieme, fu una bellissima sorpresa, passammo dei giorni di piacevole e divertente passione, si avevamo deciso che la quarantena da epatite era stata sufficiente. Un giorno il proprietario dell’hotel, che era anche un ricco proprietario terriero, ci invitò a cena a casa sua fuori Kabul, eravamo 5 o 6 persone tra noi c’era anche Gael, ci ritrovammo in una stanza spoglia arredata solo con tanti tappeti sovrapposti e molti cuscini dove noi ci accomodammo, Gael malgrado fosse una donna, mangiò con noi; ricordo molti piatti diversi: montone cotto col riso e l’uvetta, pecora arrosto con chicchi di melograno, verdure stufate, insomma una vera cena tradizionale afgana di una famiglia ricca, da bere il tradizionale te ed in nostro onore qualche birra indiana, il tutto fu servito da un paio di suoi dipendenti rigorosamente uomini; dopo cena Gael fu mandata nella stanza accanto dove, dietro una tenda, avevano mangiato le donne di famiglia mentre noi fummo intrattenuti da suonatori e dalle danze di un vecchio cammelliere che era al servizio del nostro ospite da molti anni, A fine serata un taxi ci riportò all’hotel. Ho veramente un ricordo vivido e pieno di emozioni, un salto indietro in una civiltà tribale dove uomini e donne vivevano divisi, ma
molto ospitali, una società in cui noi dovevamo apparire come mostri, incivili, depravati, ma che alcuni uomini più aperti di altri tentavano di accettare e di capire; certo se penso a come è ridotto adesso l’Afganistan mi vengono i brividi, allora c’erano si le donne in burka ma c’erano anche le ragazze che frequentavano l’università od andavano a scuola con gonne sopra il ginocchio ed i capelli cotonati come da noi negli anni 50. Si ascoltava la musica occidentale ed erano in vendita i video dei film indiani di Bolliwood, poi 30 anni di guerre e di ingerenze occidentali l’hanno ridotta così.
Gael ripartì, i miei 10 dollari in contanti erano quasi finiti, era ora di rimettermi in moto, m’informai del costo del bus pubblico verso occidente e con gli ultimi soldi feci il biglietto, mi rimanevano i travel cheques, la sera prima della partenza durante i saluti col proprietario dell’hotel e gli altri ospiti, Robin mi offrì un piccolo aiuto per il viaggio: 10 dollari! Una piccola cifra per noi occidentali, ma un gran capitale in quei posti, li accettai molto volentieri.
12Tu, Emanuela Limiti, Claudio Bucci e altri 9
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Liv 52
L ho preso anche io per anni
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