Sergio Baldi
23 04 2020
il mio primo viaggio in india parte 5
In tutto questo avevo conosciuto invece una ragazza australiana, viveva anche lei in una capanna vicino alla mia, non ne ricordo il nome ma fu una storiella divertente, dormivo spesso da lei e passavamo molte giornate insieme, ma era un rapporto senza implicazioni particolari, ogni tanto andavamo a Mapusa all’ufficio postale, o a ritirare un po’ dei soldi che avevo depositato in una banca insieme al passaporto per non avere la paranoia di nasconderli nella capanna e così approfittavamo per andare a mangiare in un ristorantino che non fosse il solito chjai shop
Una mattina decisi di fare una camminata sulla spiaggia e mi diressi verso Nord, avevo sentito parlare di un laghetto a pochi passi dal mare e di una spiaggia con pochissime persone, camminai per ore sotto il sole, facendo ogni tanto un bagno per rinfrescarmi e cercando di cogliere dei cocchi dalle palme che crescevano quasi sulla spiaggia per dissetarmi, ma questa fu una cosa molto più difficile di quello che pensavo, dopo vari tentativi trovai una palma abbastanza bassa e ci riuscii; dopo qualche ora arrivai all’estuario di un grande fiume, credo che si chiamasse Chappora, era impossibile attraversarlo a nuoto, troppo largo e troppa corrente, per un ponte dovevo tornare verso l’interno per qualche kilometro ed avrei perso un sacco di tempo, così riuscii ad attirare l’attenzione di un pescatore su una piroga e con molto difficoltà riuscii a fargli capire che volevo attraversare il fiume; riluttante, ma convinto da una manciata di rupie, mi traghettò sull’altra sponda dove ripresi a camminare, dopo un po’ arrivai ad un promontorio e seguendo un sentiero tra le rocce e gli alberi costeggiando piccole casette di pescatori, ma molte abitate da ragazzi occidentali, arrivai alla mia meta: Arambol, era una piccola baia con poca ombra ed un piccolo lago alimentato da un torrente quasi secco che arrivava lì dalla foresta che si stendeva subito dietro la spiaggia, li non c’erano palme o risaie, non c’erano ciaj shop o capanne era solo questa spiaggia e questo laghetto, mi aspettavo di più! Forse solo una decina di persone in spiaggia, mi buttai in acqua e mentre mi rinfrescavo vidi un tipo molto aitante quasi un culturista arrivare dalla foresta con un meraviglioso cane, un pastore tedesco purissimo, si gettarono anche loro in acqua e così sentii il tarzan chiamare e dare degli ordini al cane in italiano, facemmo conoscenza: era un italiano di Firenze che viveva lì da qualche mese col suo cane e parlando mi disse che abitava su una piattaforma che aveva costruito su di un albero, dopo il tramonto ci avviammo verso la foresta , camminammo per una mezzoretta tra i richiami della scimmie e canti d’uccelli ed arrivammo alla sua casa, era una vera e propria piattaforma, anzi una serie di piattaforme che da un metro circa da
terra saliva verso la cima dell’albero, insomma una casa a più piani dove lui ed il suo cane si muovevano con un agilità incredibile, si stava facendo buio e così decisi di tornare sulla spiaggia per dormire, ma “tarzan” mi offrii la sua ospitalità,, cosi dopo ancora qualche chiacchiera un po’ di frutta ed un chillum andammo a dormire. La notte non fu molto tranquilla ,almeno per me, i rumori della foresta mi erano estranei e non mi ci abituavo, così mi svegliai in continuazione, comunque arrivò l’alba.
Decisi di tornare ad anjuna senza passare per la spiaggia, così “tarzan” mi diede indicazioni per arrivare a piedi ad una specie di paesetto, in realtà un agglomerato di case dove c’era un parcheggio di motorisciò e poi un bus fino a mapsa e di lì di nuovo motorisciò fino alla mia capanna.
I giorni passavano velocemente ed anche se non c’era molto da fare, ogni giorno accadeva qualcosa che lo rendeva diverso da quello prima: in una tarda mattinata passata vicino alla mia capanna senti dei canti e vidi una specie di processione, mi avviai verso la spiaggia e vidi che c’era un gruppo di ragazzi giapponesi che portavano dei ciocchi di legno in cima al piccolo promontorio
che divide Anjuna da Calangute; andavano su e depositavano il ciocco che avevano tra le braccia e tornavano giù a prenderne un altro erano una decina, questa specie di processione suscitò la curiosità di molti e quindi ci si cominciava a chiedere cosa fosse successo, e come in una comunità che si rispetti c’è sempre quello informato di tutto anche qui si venne a sapere che un giorno prima era affogato un ragazzo giapponese e che questi erano i suoi amici che gli stavano preparando una pira per cremare il suo corpo secondo la tradizione induista, rimasi colpito da questa cosa così decisi che la sera avrei partecipato a questa specie di rito funebre anche se non conoscevo ne lui ne i
suoi amici. Al tramonto ci ritrovammo in parecchi in cima al promontorio e fu un rito molto toccante, i suoi amici recitarono preghiere e fecero ognuno un piccolo discorso ed anche se parlavano in giapponese e non capissi nulla mi emozionai ed insieme a me anche gli altri che erano saliti su per assistere a questo saluto.
Era così passato quasi un mese dal mio arrivo a Goa e sentivo che era ora di muovermi e poi goa si stava svuotando e stava arrivando il caldo vero e non era più gradevole stare di giorno sulla spiaggia e la notte non si dormiva per il caldo; e poi mi accorsi che erano rimasti solo i tossici o quelli che erano rimasti completamente senza soldi, l’atmosfera non era più la stessa, il paradiso si stava trasformando in purgatorio, si sentiva dire di vari furti nelle case o nelle capanne e di qualche rissa tra i disperati rimasti, la mia amica australiana era già partita da un poco ed io passavo il tempo con Gianna la ragazza italiana ma anche lei era in partenza, così andai a mapsa e mi feci il biglietto per tornare a Bombay (allora si chiamava ancora così) ma questa volta decisi di farlo via terra e con i mezzi pubblici
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Quiero mas porfavor
dai un pò alla volta
Va bene aspetterò con ansia
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