Il mio primo viaggio in India IV

Sergio Baldi

23 04 2020

il mio primo viaggio in India parte 4

 

Franz l’esperto tedesco ci disse che c’erano 2 modi per raggiungere Goa, con i bus, sia privati, più costosi, che i servizi pubblici, più lenti, più economici ed affollatissimi oppure c’era un traghetto che dal porto di Bombay arrivava al Panaji, il porto principale e capitale di Goa; naturalmente fummo tutti d’accordo per prendere il traghetto e facemmo i biglietti.

La mattina presto raggiungemmo il porto ed al molo trovammo il nostro traghetto, beh a chiamarlo traghetto gli si fa troppo onore, era una piccola bagnarola, quasi la scialuppa di salvataggio del traghetto che faceva Palermo Ustica, che vi assicuro era molto ma molto piccolo. Salimmo a bordo e, sempre seguendo il consiglio di Franz, oramai eletto a tutti gli effetti nostra guida., occupammo dei posti sul ponte con le nostre stuoie e sacchi a pelo; pian piano il traghetto si riempi, oltre a noi c’erano solo un paio di “backpackers” gli altri passeggeri erano tutti indiani, chi con famiglia al seguito ed un enormità di bagagli, chi con una bicicletta, e qualcuno addirittura con animali; nel traghetto non c’erano cabine, e quindi tutti si accamparono sui tre ponti, noi, grazie a Franz, eravamo nel ponte più in alto e più spazioso, l’arrivo era previsto per il giorno successivo, presumibilmente in tarda mattinata,

Verso mezzogiorno salpammo, ero al solito emozionatissimo, non provavo nessuna preoccupazione all’idea di viaggiare su una vecchia carretta così affollata, mi ero portato qualcosa da mangiare ma poi con gran piacere scoprii che c’era un servizio mensa a prezzi veramente popolari, servito su dei lunghi tavoloni con le scodelle di metallo inchiodate sul tavolo, scodelle che un inserviente veniva a pulire con uno straccio, sempre lo stesso, quando ti sedevi ad ordinare; la scelta era tra un menù vegetariano ed uno no!

Il tempo era bello, faceva caldo, quindi la nottata passata sul ponte fu veramente piacevole,

viaggiavamo lungo la costa ma non a troppa distanza così per tutto il tempo la scorgevamo, addirittura in certi momenti dopo il tramonto si potevano scorgere anche le fioche luci di qualche villaggio di pescatori, l’alba sul mare fu uno spettacolo unico, con le piccole vele triangolari e nere delle barchette, veramente più piroghe che barchette, in controluce con la luce dell’alba; mi sentivo in un romanzo di Salgari

Arrivammo lentamente a Panaji e di li in bus a Mapusa , la cittadina più vicina alla spiaggia dove avrei dovuto incontrare Pino, la mitica Anjuna Beach, da Mapusa ad Anjuna con un motorisho e poi, seguendo la mappa di Pino, arrivammo al cjai shop dove dovevo chiedere ulteriori indicazioni per trovare dove alloggiava, mi indicarono un gruppo di capanne di foglie di palma da cocco e mi dissero che quella era Little Italy e che Pino era lì, invece era ripartito qualche giorno prima per Delhi, incontrai invece un certo Roberto, un amico di Roma che avevo già incontrato ad ios, che con la moglie ed i figli piccoli stavano partendo e se volevo mi avrebbero lasciato la loro capanna, non era grande ma era solida. Certamente approfittai dell’offerta e con i miei compagni di viaggio ci accampammo.

Goa era stata una colonia portoghese, ed era entrata a far parte della federazione indiana da pochi anni ma aveva conservato tutte le eredità che i portoghesi avevano lasciato, la maggior parte

dei goani è cattolica, nelle cittadine e paesetti della regione ci sono un infinità di chiese tutte molto colorate alla maniera dei templi indiani, la cucina è un misto tra la cucina indiana, la cucina portoghese e quella creola; Goa allora era l’unico stato dove potevi comprare la birra senza restrizioni, questa piccola regione è soprattutto marinara, i goani sono quasi tutti pescatori che vivono in piccoli villaggi sulla spiaggia, sono molto tolleranti e la contaminazione portoghese ha fatto sì che fosse molto facile per gli occidentali eleggere le spiagge di goa a loro parco giochi, un surrogato di paradiso dove vivere tutte le illusioni di libertà di cui si parlava tanto in occidente, nessuna restrizione legale per uso di qualsiasi droga, la libertà di girare in qualsiasi modo abbigliati, anche nudi, una grande libertà di costumi: il paradiso di gran parte dei giovani di quel periodo.

La nostra capanna distava poche centinaia di metri dal mare e da un chiaj shop: “Matilda” che era aperto dalla mattina presto alla sera tardi dove potevi consumare colazione pranzo merenda e cena a base di piatti di pesce, piatti indiani e portoghesi e piatti “internazionali” l’immancabile chai e birra indiana gelata a prezzi veramente irrisori.

Vicino alla nostra capanna ce ne erano delle altre, un piccolo villaggio appunto, nella più prossima ci abitava da sola una ragazza australiana, al centro di questo villaggetto c’era un pozzo, la

riserva d’acqua della nostra piccola comunità; lì ci si incontrava la mattina per farsi la doccia, rigorosamente nudi e senza sapone per non inquinare la falda, per prendere l’acqua per eventualmente cucinare; i bisogni fisiologici venivano espletati in una risaia un poco più lontano. Una risaia dove non esistevano strutture che la identificassero come una toilette pubblica e cosi capitava che la mattina prima o dopo la doccia ci si incontrasse lì accucciati ed in questo modo alquanto bizzarro capitava di conoscerci e chiacchierare dei viaggi e delle esperienze fatte

Il mare di Goa inizialmente mi deluse un poco, ignorantemente mi aspettavo un acqua trasparente, tipo polinesia o sardegna ed invece mi ritrovai in un acqua con un fondale sabbioso quindi pulita si ma non trasparente, subito profonda e con molte pericolose correnti.

Le giornate ad Anjuna scorrevano lentamente, non esistevano orari od obblighi particolari, ognuno si dedicava ai proprio passatempi preferiti, io mi svegliavo all’alba, o quasi, e me ne andavo direttamente al mare, un bel bagno nell’oceano con la vista del sole che sorgeva dietro le palme mi dava lo sprint per una nuova giornata, poi dopo la doccia al pozzo e una sosta nella risaia era ora per la colazione al ciaj shop di Matilda. Questa colazione durava un bel po’ di tempo, sia vista la poca organizzazione del ciaj shop, dove tutto era fatto al momento, sia perché all’ombra delle foglie di cocco si stava freschi e si facevano molte conoscenze, e poi passeggiate lungo la spiaggia, gite nei villaggetti intorno e bagni nell’oceano; il mercoledi era giorno di mercato e così sia gli indiani che i turisti più intraprendenti mettevano in vendita di tutto, dall’artigianato locale alle creazioni di artisti occidentali più o meno scoppiati, dai vestiti rajistani alle creazioni di qualche pseudo stilista occidentale, c’erano i sarti che ti confezionavano pantaloni o gilet in pochi minuti, le donne indiane che vendevano mix di frutta in contenitori di foglie di banano, fricchettoni che si vendevano i loro sacchi a pelo non più necessari, o qualsiasi altra cosa che potesse procurare loro un po’ di soldi per continuare la loro permanenza o per comprare qualche dose di qualsiasi droga immaginabile; insomma un mix veramente unico ed interessante. I clienti venivano da tutte le spiagge intorno e da tutti i villaggi della zona nord di goa, naturalmente c’erano anche “gite organizzate” di indiani che venivano a guardare i fricchettoni, una sorta di zoo! Il mercoledì sera poi si concludeva con un grande party sulla spiaggia. Oramai da alcuni anni su questa piccola baietta era stato costruito un palco che guardava verso il mare, da dove si esibivano musicisti professionisti in vacanza od anche semplici dilettanti, c’era a disposizione un grande impianto di amplificazione e chiaramente un gruppo di dj ben organizzato; al tramonto si accendevano le luci sul palco (alimentato da un vecchio ma ancora funzionante generatore) e la gente che arrivava a piccoli gruppi o da sola si sedeva sulla spiaggia, si formava così al centro una sorta di pista da ballo, lungo i lati di questa pista alcuni

venditori indiani di frutta, di frittelle, di banane fritte accendevano i loro fuochi vuoi per cucinare

vuoi per farsi riconoscere, ad una certa ora cominciava la musica e pian piano tutti si coinvolgevano e cominciavano anche le danze, una specie di rave ante litteram, e i balli e la musica andavano avanti fino all’alba. I party del mercoledì erano come delle prove per il party più atteso, “Il full moon party” li tutto quello che ho detto veniva esaltato, le persone si vestivano in modo più accurato, per le ragazze veli e trasparenze erano un must, ed il numero di persone era sicuramente molto superiore. La mia partecipazione a questi partys era solo da spettatore, non ho mai ballato molto, da questo punto di vista ero, e sono, molto timido e ci riesco solo se molto ubriaco o molto fatto, ma a Goa, contrariamente alla maggior parte delle persone, avevo smesso di farmi le canne e non usavo nessun altro tipo di droghe; era tutto troppo bello e dovevo viverlo lucidamente, dovevo imprimere quelle emozioni profondamente in me, vivere una libertà come quella, anche in quei tempi, era un occasione ed un emozione che non andava dimenticata.

In una capanna vicino alla mia viveva una ragazza italiana, di firenze per la precisione, Gianna, era molto carina, riccia riccia, mora e minuta, ci eravamo simpatici, chiacchieravamo

spesso la mattina quando ci incontravamo al pozzo, nacque una sincera e platonica amicizia, una sorta di fratello e sorella, come ho detto era molto carina ma per me non si accese nessuna lampadina e credo che lo stesso fosse per lei, lasciò Goa prima di me ci salutammo e sperammo di incontrarci da qualche parte.

 

 

12Tu, Claudio Bucci, Gippi Rondinella e altri 9

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Mara Italiani

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