Il mio primo viaggio in India I

Sergio Baldi

22 04 2020

il mio primo viaggio in India parte 1

lEbbene si! Il treno per andare in India, avevo deciso che avrei fatto il viaggio via terra, volevo prendere uno di quei magic bus di cui avevo tanto sentito parlare e poi in quei tempi non era così importante la meta, ma lo era soprattutto il “viaggio” con i suoi incontri le persone ed i posti nuovi che avrei visto, era vita non un viaggio.

Da Brindisi arrivai di nuovo in Grecia, dove per fortuna il mio nome era pulito, non ero mai apparso in nessun documento che riguardava la storia di Penny ; da Egoumenitza presi un bus dei servizi di trasporti interni per Tessalonicco e da lì con un trenino arrivai al confine turco, la sensazione che provai attraversando a piedi il confine che divideva Grecia e Turchia fu strana, sentivo che stavo piano piano cambiando continente, andavo incontro ad una cultura diversa, stavo cominciando a vivere un nuova avventura , forse la più importante fino a quel momento, dire che ero entusiasta e galvanizzato è dire poco.

Faceva freddo, era inverno, era febbraio ed era un febbraio particolarmente freddo, arrivai ad Istambul con un piccolo bus, avevo gli occhi incollati al finestrino, era la prima volta che vedevo i minareti, ero incuriosito da tutto e da tutti, ad Istanbul presi alloggio in un piccolo alberghetto molto economico vicino a Sultan Amedh Road, vicino al bazar e vicino al Pudding Shop. Il Pudding Shop era un locale ritrovo dove si incontravano tutti i viaggiatori che come me andavano in India o quelli che da lì venivano, un po’ come quel Sikis di Kabul cha aveva ispirato il nostro Cjai Shop di Roma.

Passai i primi due giorni girando per Istambul intabarrato nel mio pesantissimo mantello, quello dei carabinieri a cavallo, la Moschea Blu, il bazar, il quartiere con le case di legno sulle rive del Bosforo, ero affascinato da tante novità, la sera la passavo al Pudding Shop per sapere novità, carpire notizie, conoscere qualcuno. Vicino al Pudding Shop c’erano delle agenzie di viaggio ed in una pubblicizzavano il loro magic bus, 60 dollari il passaggio da Istambul fino a Nuova Delhi, mi informai anche per il treno, avevo saputo che c’era un treno giornaliero che da Istambul arrivava fino al confine iraniano, ma visto il brutto tempo sembrava che la ferrovia fosse bloccata per la neve, e non si sapeva quando sarebbe stata riaperta, non c’era che il bus; cercai di capire se ci si poteva fidare, ho sempre avuto un po’ di sfiducia nei confronti dei turchi, chi sa perché poi visto che era la prima volta che ne incontravo qualcuno, comunque alla fine feci il biglietto; saremmo partiti il giorno successivo all’ora di pranzo; l’indomani ci ritrovammo lì in una ventina di persone, non ne conoscevo nessuno se non di vista, erano quasi tutti clienti del pudding shop ma del bus nemmeno l’ombra, dopo qualche ora di attesa ci dissero che c’era stato un guasto e che la partenza era rimandata all’indomani., con un po’ paranoia aspettai il giorno successivo; il giorno successivo davanti l’agenzia trovammo un vecchio decrepito bus della Mercedes, quel bus aveva sicuramente visto tempi migliori ma c’era , era lì , era una realtà.

Salimmo a bordo, era abbastanza spazioso per avere ognuno di noi un sedile intero a disposizione, ma era gelido, l’autista era un signore corpulento alto e grosso di circa sessantanni, forse meno ma portati male, eravamo nelle sue mani: un viaggio di più di mille kilometri solo per arrivare al confine iraniano e tutto in mezzo alla neve; prima di partire si era piazzato una stufetta a gas vicino al posto di guida indirizzata direttamente sul vetro, più tardi capimmo che quello era l’unico riscaldamento del bus e lo indirizzava sul vetro per evitare che l’aria interna si congelasse sul parabrezza.

Partimmo! Ero in viaggio di nuovo e questa volta diretto in INDIA, Nuova Delhi, Bombay, Goa mi aspettavano!!

Il bus malgrado il suo stato camminava abbastanza bene, ogni tanto ci fermavamo perché l’autista, che poi scoprì essere un ingegnere pakistano, doveva scongelare il liquido dei freni perché

con quel freddo si congelavano facilmente. Con quei bus non c’erano orari fissi, si conosceva la meta ma certo non il tempo che ci avremmo messo; facevamo varie soste al giorno un po’ per fare respirare il motore del bus un po’ per sgranchirci le gambe e per le varie necessità. La notte ci si fermava nei piazzali vicino a ristorantini o nelle piazze dei paesi che attraversavamo, per dare la possibilità a chi lo voleva di prendere una camera per la notte, io e qualche altro dormivamo sempre nel bus, sacco a pelo e mantello erano sufficienti a mantenermi caldo. Ma una notte dovetti arrendermi anch’io, eravamo arrivati in un paesetto tra le montagne, mi sembra si chiamasse Sivas, come al solito stesi il mio sacco a pelo tra le fila dei sedili, e mi coprii con il mio mantello e delle coperte che alcuni dei ragazzi che avevano preso una camera mi lasciarono; mi sentivo al sicuro, ma invece non riuscivo ad addormentarmi: l’aria era gelida non c’era verso di trovare anche se con tutte quelle coperte, un po’ di tepore, alla fine mi arresi anch’io, mi rifugiai in una locanda e presi una camera; la mattina dopo scoprii che la temperatura era scesa a meno 20 !!

Il bus viaggiava veramente lento, per ora il viaggio era noioso, non si poteva guardare fuori perché i finestrini erano congelati, e quando si riusciva ad aprire un piccolo oblò fuori era solo una distesa bianca di neve, oramai il bus era stato soprannominato Tragic Bus. I compagni di viaggio non avevano suscitato in me molta curiosità salvo forse una coppia, fratello e sorella arabi francesi, lei era molto carina, ma la difficoltà della lingua non mi permise di avvicinarmi troppo. Insomma non vedevo l’ora di arrivare od almeno di uscire da quel freddo, forse l’Iran sarebbe stata meglio

Anche se lentamente, alla fine arrivammo a Tabriz, finalmente eravamo in Iran, lì la situazione cominciò a cambiare, stavamo scendendo dalle montagne ed il clima migliorava assai, non che facesse caldo ma almeno la neve ed il ghiaccio erano scomparsi, in poco tempo raggiungemmo Teheran, la capitale; il bus aveva bisogno di qualche lavoretto e quindi sostammo lì per qualche giorno, al solito c’era una luogo di sosta comune a tutti i viaggiatori da e per l’oriente e noi lì ci fermammo. Era un hotel di vari piani con una grande sala comune dove c’erano il cjai shop e una specie di ristorante e poi vari piani di camere ma tutti corridoi davano su questa sala comune, una specie di casa di ringhiera: L’Amir Kamir Hotel. Teheran la visitai poco, non mi ispirava e poi il nostro posto era in una zona lontana dalla parte storica della città e gironzolare per un quartiere filo occidentale non mi interessava proprio; ma una cosa mi colpì moltissimo: in giro c’erano solo giovani, tanti e tutti vestiti all’occidentale, anche le ragazze che incontravi era in gonna, molte corte sopra al ginocchio , non proprio una minigonna, ma quasi, e quando le guardavi non abbassavano certo lo sguardo come avevo visto fare a tutte le donne incontrate fin lì. Erano molto ma molto occidentalizzate, si sarebbe detto moderne!

All’Amir Kabir ci si radunava a chiacchierare con tutti e lì conobbi Fritz, un tedesco che aveva una specie di compagnia di trasporti, faceva la spola tra la Germania ed il Nepal ed una volta arrivato lì vendeva i suoi bus alla compagnia di trasporti pubblici nepalese; questa volta il suo viaggio comprendeva due bus ed un camion con i pezzi di ricambio per i bus da vendere anch’essi ai nepalesi. Loro viaggiavano in quattro: Fritz alla guida di un bus, una ragazza americana, trenta trentadue anni, di cui non ricordo il nome alla guida dell’altro bus ed un ragazzo tedesco ed uno nepalese alla guida del camion; sostavano lì da qualche giorno e sarebbero ripartiti al massimo in un paio di giorni; io ero molto stanco della lentezza del nostro bus e delle sue condizioni, del clima che c’era nel “Tragic Bus” così mi accordai con l’autista pakistano per riavere indietro parte del mio biglietto e con una piccola aggiunta mi unii ai bus di Fritz. Naturalmente salii a bordo di quello guidato dalla ragazza americana, in questo bus il clima era molto diverso, intanto eravamo molti di meno, eravamo una decina circa, e poi i miei compagni di viaggio erano molto più simpatici, tra loro legai abbastanza con una coppia norvegese, lei bellissima e lui un po’ perso, si faceva un sacco di canne, ma stavano benissimo insieme e con un ragazzo tedesco che faceva questo viaggio per la

terza volta, era un esperto! Insomma eravamo più sciolti, forse sarà stato anche per il clima che era cambiato molto, niente più neve e ghiaccio.a prima parte del mio primo viaggio in india

 

 

15Tu, Franca Cino, Emanuela Limiti e altri 12

Commenti: 9

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Mara Italiani

Cime tempestose

 

Sergio Baldi

eh è molto lungo

 

Mara Italiani

Vai avanti…

 

Guerrino Zorzit

Sergio Baldi

anni 70, gli occhi delle ragazze di Teheran…

 

Pino Cino

occhio non romanzare troppo. e se fai il bravo posto la foto con la borsa. roba di gioventù

 

Sergio Baldi

sai l’avevo già scritto e non è romanzato affatto, è così come l’ho vissuto

 

Pino Cino

quando arriverai al pezzo in india ti posterò quella storica foto. che i giovani sappiano chi erano sti vecchietti

 

Emanuela Limiti

la conosco fanatici

 

Gabriella Castello

La conosco anche io…. confermo i “fanatici” di Emanuela

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