Il Decamerone al tempo del Covid19
via social
praticamente l’introduzione del Decamerone
adattata al tempo che stiamo vivendo
Tutte le volte che, graziosissime donne, penso a quanto voi siate per natura pietose, capisco che questa opera sarà , a vostro giudizio, pesante e noiosa, così come il doloroso pensiero della pestilenza che stiamo vivendo, tutti quelli che la portano impressa nel loro tempo e le loro abitudini.
Non voglio perciò che vi spaventi quello che leggerete più avanti, così da continuare a leggere tra sospiri e lacrime.
Questo orrido inizio sia per voi come per i viaggiatori che devono superare una montagna dura e ripida, nella quale si trovi una bellissima pianura, che sembra tanto più gradevole quanto più faticosa è stata la salita. E così, come il dolore segue l’allegria, così la letizia succede alle miserie.
A questo breve disagio seguirà poi la dolcezza e il piacere che vi prometto.
In verità, se avessi potuto condurvi per un sentiero meno aspro di questo lo avrei fatto volentieri, ma sono stato costretto a scrivere molte cose, per spiegare perché esse avvenissero.
Dico dunque che si era giunti all’anno 2020 dalla nascita di Cristo quando nella città di Bergamo e nelle altre bellissime città d’Italia, giunse la terribile pestilenza, la quale, per opera degli astri celesti o per la giusta ira di Dio, a causa delle nostre opere inique, fu mandata come punizione sui mortali.
Incominciata alcuni mesi prima in Cina, provocando la morte di innumerevoli esseri viventi, senza fermarsi, si spostò, ampliandosi, verso Occidente.
A nulla valsero la prudenza e i provvedimenti presi per motivi sanitari, in base ai quali fu emesso il divieto di incontrarsi, abbracciarsi, anche soltanto stringersi la mano, sotto il controllo di ufficiali all’uopo comandati, né sembrò valere il divieto per gli ammalati di uscire dalle loro proprie case. A nulla valsero le preghiere rivolte a Dio da persone devote, né i flash mob da balconi e finestre.
Subito prima dell’inizio della primavera, peraltro particolarmente gentile in questo anno, il morbo cominciò a dimostrare i suoi terribili effetti.
Esso, mentre in Oriente si era manifestata con assoluta e totale chiusura delle aree focolaio per quanto vaste fossero, in Occidente si manifestò diversamente.
All’inizio montò piano un panico diffuso e presto scomparvero dalle farmacie le mascherine che dovevano proteggere le vie respiratorie; si affacciò il timore di rimanere senza cibo e acqua minerale così che si incorse facilmente in scene di assalti ai supermercati. Aperti quest’ultimi, mentre cinema, teatri, ristoranti, bar chiudevano, con personale degli alimentari mascherato e dotato di guanti in lattice oltre a un addetto alla porta per disciplinare le file. Carrelli come Moby Dick mentre una mano adunca artigliava tre confezioni di acqua Panna.
L’amuchina, scomparsa. La carta igienica, solo al mercato nero.
Chiuse le scuole, le discoteche, i pub.
Vietati i cosiddetti luoghi di ritrovo abituale.
Tutti condannati agli arresti domiciliari per il timore di diffondere l’infezione che avrebbe mietuto un’infinità di vittime, falcidiando i vecchietti. Anche quelli cari.
“Preparatevi a seppellire i vostri nonni”, avvertiva il primo ministro inglese. “Siamo prontissimi ad affrontare un’ipotetica pandemia”, rassicurava in televisione quello italiano. Giorno dopo giorno, un intervista dopo l’altra si andavano diffondendo accuse di sciacallaggio o di pressappochismo. “E’ poco più di un influenza”, e addetti ai lavori testimoniavano che in numeri totali questa continua a fare comunque molti più morti. “No. Il Covid19 ha una velocità di contagio più alta e una maggiore capacità di creare sintomi gravi negli infettati”.
L’ignoranza e l’incompetenza regnavano sovrane sballottando gli italiani tra un futuro funesto e un’ipotesi di complotto. Ordito da chi? Gli americani di Trump ovviamente o i Cinesi o i grandi capitali occulti che avevano scommesso su una pandemia. Nel frattempo le borse precipitavano aprendo scenari futuri da mettersi a ridere.
Due partiti in Italia: non al bar, né sull’autobus perché questi non erano i tempi, ma sui social.
“La peste passa dagli infermi agli operatori sanitari, “come fa il fuoco con le cose secche o unte, che gli sono vicine”.
Il contagio si diffonde non solo se si parla o si sta vicino agli infetti, “ma anche se si toccano i panni o qualsiasi cosa che era stata da loro usata.”
Le statistiche dicono che a morire sono gli ultra settantenni con patologie pregresse. E’ un’infezione polmonare che fisici debilitati non sono in grado di sconfiggere oggi come un anno o due fa. Tanto allarmismo, tanto rumore, leggi che sanno di stato di polizia a cosa mirano? Guardate cosa ne è delle attività commerciali, le piccole industrie, i bilanci statali, le borse. C’era chi aveva scommesso su questo
Due fazioni. Una prerogativa antica degli italiani. Compresi quelli a cantar l’inno sul balcone.
Così accadde che un martedì mattina, come mi fu raccontato da una persona degna di fiducia, in un post da me pubblicato su Facebook, si ritrovarono sette donne, delle quali nessuna al di sotto dei sessant’anni e nessuna era maggiore di settantuno, unite fra loro da amicizia o parentela, romane, romagnole, liguri, napoletane e comunque italiane, molto belle e oneste.
Non posso dire i loro nomi perché le cose da loro raccontate, essendo oggi le leggi sulla morale ancora beghina, potrebbero arrecare loro critiche da parte degli invidiosi e sminuire la loro onestà.
Però, perché si possa comprendere chi racconterà le novelle nei vari giorni, darò loro un nome fittizio.
Chiamerò la prima Pampinea, che è la più grande di età, la seconda Fiammetta, la terza Filomena, la quarta Emilia, la quinta Lauretta, la sesta Neifile , la settima, a ragione, Elissa ( le fanciulle sono sette come i giorni della settimana, come i pianeti, come le virtù teologali e cardinali, come le Arti Liberali. Sono le nuove Muse, ispiratrici di poesia).
Le sette signore, portate lì dal mouse, dopo aver riflettuto a lungo, cominciarono a chattare.
Iniziò Pampinea: “ Donne mie care” disse “non si fa offesa a nessuno se si usa la ragione nel prendere i rimedi che noi possiamo usare per conservare la nostra libertà e la nostra intelligenza.
Ogni volta che penso al nostro modo di comportarci stamattina, ai nostri sentimenti e al fatto che non facciamo altro che udire di quanti morti o di quanti infettati e pensare a cosa accade nel frattempo in Francia, negli Usa e nel mondo intero, e dobbiamo restarcene nelle nostre case, dove mi sembra di vedere sempre telegiornali o ricevere telefonate intitolate “Che fai?”, “Sto male”.
Vedo, ben chiara, l’inutilità di continuare a chiederci l’un l’altra quanto durerà questo carcerazione domiciliare e vagolare sui social tra un’opinione e una battuta di spirito.
Invece, penso che sarebbe opportuno che uscissimo dalla città e ce ne andassimo a stare in campagna (contado), dove prendessimo l’allegria e il piacere possibile, senza superare il buon senso.
Quest’ultimo paragrafo è di Messer Boccaccio, non mio, 1349 mentre in Firenze dilagava la peste.
Otto secoli dopo potremmo usare computers e telefonini per fuggire dalle mura vuote della nostra casa e della nostra città.
Perciò, quando vi sembrerà opportuno, credo che sia ben fatto prendere le storie del vostro passato o le vostre fantasie e calarci a raccontarle come al più intimo amico con allegria e festa, prendendo quello che questo tempo lugubre può offrire, prima che sopraggiunga il domani che si sta preparando per noi”.
Le altre donne lodarono e approvarono subito il consiglio di Pampinea e desiderose di attuarlo si misero a discutere.
Ma Filomena, di stampo antico, disse “Donne, ricordatevi che siamo tutte femmine e le femmine sono volubili, litigiose, sospettose, paurose, per cui temo che, se non ci procuriamo altra guida che la nostra, la nostra compagnia si scioglierà presto, per questo è opportuno attrezzarci, prima di cominciare”.
Elissa, allora disse “Veramente degli uomini ci vorrebbero. Ma dove li troviamo? I nostri sono roba vecchia; quelli che ci sono ancora. Prendere degli sconosciuti è a rischio”.
Mentre le donne così ragionavano, si iscrissero alla chat tre maschi; venne fuori che avevano più o meno l’etò delle donne. Uno era chiamato Panfilo, un altro Filostrato e il terzo Dioneo, tutti abili con la tastiera e garbati.
Essi provarono una grande sorpresa nel vedere che le donne amate, per fortuna erano tutte e tre fra le sette donne ed altre erano loro amiche.
Come le donne li videro, Pampinea, sorridendo tra sè, digitò: “Ecco che la fortuna è favorevole ai nostri progetti e ci pone davanti uomini in gamba che volentieri ci faranno compagnia nel nostro gioco”.
Neifile, un po’ imbarazzata perché era una delle tre signore da uno degli uomini amata, disse: “Pampinea, dobbiamo stare attente perché si sa che questi uomini sono innamorati di alcune di noi e senza che facciamo niente di male, potrebbero scaturirne critiche e litigi”.
Disse allora Filomena: “Questo non importa; se raccontiamo storie vere e non abbiamo niente da rimproverarci, parli pure chi vuole, ci difenderà la nostra spontaneità.
Se essi fossero disposti a unirsi a noi, come ha detto Pampinea, sarebbe un piacevole di più. Che ci siano voci dell’altro sesso è positivo e il gioco si arricchisce“.
Fu Lauretta che aveva taciuto fino allora a prendere la parola, sempre a schermo, e dire: “Ferme tutte. C’è una soluzione. Le cose che racconteremo saranno squarci di passato di ognuna di noi o fughe nelle fantasie che magari in segreto ci hanno accompagnato per anni. Il pudore di andare fino in fondo. Una favola che avremmo sempre voluto scrivere o magari il racconto del momento più erotico capitato. Spazio a tutto. Anche al porno. Il ricordo di una parentesi triste in cui siamo incappate. La descrizione di una gioia. Qualcosa che ci ha coinvolto o ci ha fatto fuggire.
Chi avrebbe il coraggio di mettersi a nudo davanti a tutte noi e maschi compresi?
Ma la soluzione c’è. L’anonimato.
Siamo al tempo del Corona Virus, chiuse in casa, qualcuna impaurita più di altre, ma abbiamo strumenti che ci permetteranno di giocare come meglio ci aggrada.
Se ognuna di noi se ne va su Gmail e si apre un account con un nome di fantasia è da lì che può spedire i suoi racconti, con la garanzia quindi di non essere individuabile. Nessuno saprà mai chi ha scritto una novella o un pensiero, a meno che non sia la stessa autrice a manifestarsi.”
Fu un contemporaneo agitarsi di “Si!”, “Bell’idea!” sugli schermi dei telefonini, dei computer o tablet che fossero. Praticamente tutte si dissero d’accordo e decisero di chiamare i tre uomini e di domandare se volessero tener loro compagnia in quel gioco.
Pampinea, che era molto amica di Dioneo, fece un sorriso e spiegò il programma chiedendogli di accompagnarle con spirito complice e gioioso.
I tre uomini inizialmente credettero che si trattasse di uno scherzo, poi, vedendo che la donna parlava sul serio, risposero, lieti, di essere pronti a partecipare.
Allora di nuovo prese la parola Pampinea che sulla tastiera compose: “Non ci resta che cominciare. Domani mattina ci rivedremo qui e fino ad allora scordiamoci le mura delle nostre case, o il chiuso del giardino se lo abbiamo, così come il balcone. Affondiamo nelle storie di quel tempo migliore in cui non eravamo costretti a sentir enumerare i morti e gli infettati. Abbiamo internet e televisori che ci portano in giro pel mondo a vedere le stesse miserie. Governanti di ogni nazione che dicono tutto e l’esatto contrario. La bandiera delle borse in crollo che sventola sotto il nostro naso.
La gente è chiusa in casa e non si fanno più programmi per domani perché nessuno sa quando questo domani sarà.
Quanto tempo dovremo passare in questa condizione?
Quindi… fuga a ricordare. O inventare.
Tutte le storie che ci portiamo dentro.
Sono quelli della nostra età che se ne vanno, ma la morte fa parte della vita. Godiamocela ancora.
Scrivete quello che vi pare e mandatelo qui con una email. Quello che vi pare: triste, allegro, fantastico, drammatico, buffo, ironico, romantico, erotico, porno. E’ simile al gioco che si inventò Boccaccio, quindi nessun pudore o limite. Postate qui o rendetevi invisibili inviando a “IlDecameronesocial@gmail.com”
Leggeremo insieme quanto sarà arrivato sullo schermo e insieme ne rideremo, ci commuoveremo, ci ecciteremo.”
Intervenne Filostrato: “Sapete che un mio caro amico è editore e ne potrebbe venir fuori un libro?”
“Dai, andiamo. Ognuno a crearsi un account Gmail e a cercare l’ispirazione. A domani.”, chiuse Fiammetta.
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