Goa 36

geco affezionato

Tra i commenti all’ultimo mio post la nota di Paolo, il Paci, evocava personaggi e interpreti. 25 anni facendo tatuaggi in quel di Mykonos significa 25 anni di personaggi e interpreti.
Cominciamo dal primo?
La memoria rimane quella grassa badessa padrona di tutto e pur anche quella bimbetta dispettoso che ti nasconde le cose o le sposta per capriccio dove più la diverte.
Adesso che sta per vedere la luce il nostro decameronesocial, tronfio di un it finale, prima di inzepparlo di altre storie da aggiungere a quelle di tassisti californiani e turiste adolescenti, mi fermo a riflettere che la memoria ci ha fatto ritrovare spesso senza esserci mai visti ne conosciuti.
Una generazione dedita al gusto del viaggio?
Mentre il mondo intorno a quei post adolescenti si affannava con la sua merda gli appena adulti (?) si muovevano in ogni direzione come abbiamo potuto constatare da quanto abbiamo scritto.
Questo ci accomuna anche se divisi da chi vuole esserci in prima persona e chi si limita al ruolo di guardone inzuppato, immagino, di… “però anche io”.
E cosa cacchio aspettino quest’ultimi a portarci dentro i loro ricordi, fossero questi privi di accenti, con doppie e punti e virgola mancanti del genere chi se ne frega?
Questo però è un altro aspetto del gruppo. Il più saliente è il legame che ha fatto sorgere fra questi frugatori di memoria, il raccontarsi l’un l’altro storie del passato anche soltanto mostrando un disegno o un quadro fatto in gioventù.
Accomunati? Può essere il filo conduttore che raccolga tutto, commenti compresi, in una pubblicazione cartacea? Idea da sviluppare, evolvere e portare avanti.
Sfido altri settantenni o giù di lì a scoprire amicizie nuove in cotanta età.
Scritto questo farò dono a Paolo di un pugno di personaggi ed interpreti che il mio mestiere mi ha donato a profusione.
Otre al mio mestiere io ho sempre sfoderato con i miei clienti la capacità di dialogare di cui vado fiero; pur essendo tutt’altro che chiacchierone.
Paolo Paci verrà più avanti, ora voglio raccontare ad Alessandradi di storie come ce n’è state tante vista la fauna che ha frequentato il Mykonos Tattoo, per oltre vent’anni il solo nell’isola della trasgressione.
Tatuaggi e situazioni particolari favorite anche dallo stile e l’atteggiamento dei due operatori principali: tutti e due over fifties, probabilmente i più vecchi tatuatori italiani, ancorati alla vecchia tradizione di quando il tatuaggio non era una moda ma un simbolo di rottura e un’affermazione di personalità a cui affidavi la memoria di un passaggio o di un momento.
Jacques Prevert ha scritto che la vita è un romanzo e i tatuaggi ne segnano i capitoli. Un gesto che non può essere affidato ad altri che a uno sciamano. Secondo me. Secondo Gippi: “Sbrighete a fallo. Che chiacchieri? Stai a perde’ tempo e soldi.”
Due maniere differenti di affrontare il mestiere, tutti e due però accomunati dalla concezione che sia un lavoro da artigiano: fare l’artista sulla pelle altrui non ci tentava nemmeno un po’.
Qualche anno dopo che avevo lasciato il bel Salento Gippi mi aveva raggiunto in quello studiolo di cui ci saremmo dovuti vergognare tanto era piccolo e scevro di immagine.
Eppure lì dentro risate ce ne siamo fatte parecchie vedendo passare la fauna che ci capitava.
Un omino alto meno di 1 e 50 che si fa largo tra la piccola folla che riempiva l’anticamera. “Sono il piccolo principe!”, urla. “Sono il piccolo principe e voglio fare un tatuaggio!” Parla solo francese.
Me lo trovo davanti mentre sono alle prese con dei tizi che si accalcano per avere un parere mostrando dei disegni.
“Occorre prendere appuntamento, non vedi? Parla con la segretaria.”
Torna da me dopo aver dialogato sulla porta con Dafne: “Ma io domattina parto!”
Scambio un’occhiata con Gippi e la segretaria. “Ok. Vieni stasera alle 10.” Ma alle 8 è di ritorno ben ubriaco.
Io lascio Gippi che sta tatuando ed esco sulla veranda. Ci saranno 30 persone di tutte le razze che entrano e escono, sfogliano cataloghi, chiacchierano a voce alta.
La veranda affaccia sul punto nevralgico del paese dove fermano gli autobus e da lì si entra tra le case, meglio dire i negozi e i bar.
Il piccolo principe, che mi ha raggiunto, mi tira per una manica. “Eccomi. Sono pronto.”
“Ti avevo detto alle dieci. Adesso non è possibile e poi che tatuaggio vuoi fare?”
“Il piccolo principe! Che sono io. Ho mandato via il mio fidanzato così domani quando arrivo a Parigi gli farò una sorpresa.”
“Non credo”, gli rispondo, “sei ubriaco e io non tatuo gli ubriachi.”
Torno dentro dove Gippi sta finendo e lui mi segue piangendo. “Per favore… per favore… devo avere il tatuaggio…”. Piange con vere lacrime che gli scivolano sul viso abbronzato da quasi quarantenne.
Lo ignoro e a muso duro gli dico di uscire da lì: ho un altro tatuaggio da fare. Mentre sto lavorando lo sento che prova a convincere Gippi.
Finisco e me lo ritrovo davanti che si china ad abbracciarmi le ginocchia continuando con quel monotono “Per favore, per favore.”
Il tempo passa e dopo altro lavoro ce ne vogliamo andare a casa o perlomeno fuori di lì a bere qualcosa.
“E faje ‘sto tatuaggio che vojo annà a dormi’!”
Mo’ anche Gippi mi prega. Lo mando a quel paese poi mi volgo alla piattola transalpina che continua a ripetere che domani mattina partirà: “Dai, sul lettino e scopri il braccio.”
E’ felice ma mi accorgo che il letto è troppo alto per lui così organizzo una sedia uso scala; preparo lo stencil e inizio. Il suo primo tattoo e si muove come un’anguilla.
Io che di esperienza ne ho abbondante metto giù la macchina e mi sfilo i guanti. “Così non è possibile. Ti ho detto di stare fermo ma tu ti muovi. Non lo posso fare.”
“Ma fa male!”
“Appunto… lasciamo stare. Lo farai un’altra volta.”
“No. Va bene. Non mi muovo più.” E si butta giù chiudendo gli occhi.
Guardo Gippi che ridacchia seduto in veranda.
“Fanculo te e lui.” Ma completo quel piccolo principe coi colori dovuti proprio come voleva St. Exupery.
Ha un’aria felice come avesse appena vinto il primo premio, si guarda il braccio allo specchio con un’espressione incredula sul viso. Paga, poi si alza sulle punte dei piedi per baciarmi e anch’io mi levo sulle punte per mantenermi a distanza.
“Au revoir” e esce beato fermandosi un istante a ringraziare e baciare inaspettatamente Gippi seduto in una poltroncina ad altezza bacio.
Il fanculo adesso me lo prendo io ma tutti e due ridiamo: un altro personaggio nella galleria dell’isola.

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