Autobiografia

Non solo tatuatore. Tutti noi quanti abiti differenti abbiamo indossato nell’arco del nostro tempo?

Io ho avuto la fortuna (la mia vita fortunata) di aver rifiutato etichette fin dal principio così da ritrovarmi a vivere vere trasformazioni sospinto dal mosaico delle coincidenze; quasi un gioco. Per fortuna mai travestendomi.

Fino al punto di considerare se dentro di me non ci fosse davvero un angelo, o cosa per lui, assegnato alla mia guida. Ma una protettore discreto foriero di suggerimenti sussurrati, appena accennati, si da percepirli inconsciamente; una parvenza di ipotesi, inseriti in un concatenarsi di accadimenti altrimenti inspiegabili.

Adesso che purtroppo per chi mi legge mi ritrovo a perseguitare i tasti del computer non potendo più regalarmi la lettura delle pagine scritte da altri, torno a considerare il significato delle autobiografie.

Qualcuno, adesso mi sfugge chi, aveva detto che il romanzo è morto e rimane soltanto il tempo delle autobiografie. Raccontare di sé, di quanto si è fatto o di quel che si è pensato navigando nella vita.

Credo non mi resti altro da fare.

Leggere è diventato un’impresa in cui sono perdente grazie ad un nervo ottico andato.

Presente quelli che vi insegnano a leggere velocemente, cogliendo solo i primi aspetti di un vocabolo per passare al successivo in un rapido scorrere?

Ho con rabbia scoperto di averlo sempre fatto e ora che il mio occhio destro, nervi intaccati da metastasi, distorce il campo visivo su quel lato, stravolgo le parole nello scorrere un rigo, così come i righi stessi, o gli spigoli dei mobili sulla destra o uno stipite. Fatica immonda.

In ospedale mi avevano anche dato una benda per coprire l’occhio destro e mia figlia mi aveva subito garantito il regalo di un pappagallo.

Ho preferito non dargli soddisfazione. Quello scemo di Gippi mi avrebbe subito chiamato “Pinuncin”.

L’ultimo libro, non finito, l’ho letto tre anni fa.

Tutti a propormi gli audiolibri ma non ce la faccio proprio: inseguire con lo sguardo un paragrafo, un concatenarsi di parole non è paragonabile a una voce anonima che ti racconta qualcosa.

Me la “pijo ’n der secchio” come diceva il poeta e mi vendico facendo l’amore col fida computer che eventualmente mi sottolinea in rosso lo strafalcione che ho scritto.

E Stefano, col “non solo tatuatore” mi ha dato da pensare.

Una autobiografia. Quella di un tatuatore? Ma no perché anche altro sono stato.

Scriverla non seguendo pedantemente la cronaca degli anni andati in compagnia di me stesso ma piuttosto un collage di momenti e fasi esistenziali fino ad oggi. Il primissimo rischio è che quella gran puttana della memori mi conduca a ripetermi ( vero Paolo? )

Fregandosene della cronologia, ci pensino i posteri, e della mancanza di coerenza.

Quindi: avvertiti. Chi rimanesse in questo gruppo quando vede un mio post sappia di doversi aspettare i famigerati “di palo in frasca”.

Per concludere vorrei far notare che i viaggi di Paolo, quelli di Alessandro, di Sergio e di Dunia, Claudia, Fernando e di Joseph e di quanti hanno preso parte attiva alle pagine del Decameronesocial già sono note autobiografiche. In veste, deliziosa, diversa anche quanto ci ha fatto leggere Lucia.

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3 risposte

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  2. Grazie Pino! Mi dispiace tanto per l’occhio e per la vista…
    Non posso nemmeno immaginare.
    Mi piace l’idea dell’autobiografia, e ne anticipo la lettura.
    Io ci ho provato a modo mio pur non sapendo scrivere e
    cerchero’ di raccimolare altri ricordi dalla mia vita.
    Un abbraccio!

    1. Ciao John. Buongiorno a te. Tu, dici, ci hai provato con i tuoi disegni e qualche nota.E’ la tua storia. Va Benissimo direi. Sei tu comunque.
      Se ti va prova a raccontare e farci conoscere le avventure trascorse. Se ti va, ovviamente.
      Stammi bene e abbi cura di quel vecchio hippy.

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