31 – VIAGGIO IN AFGHANISTAN trentunesimo episodio

VIAGGIO IN AFGHANISTAN Trentunesimo episodio

Il musicista era un uomo barbuto forse sulla quarantina, e’ difficile giudicare l’eta’ degli afghani. Ogni tanto fumava la pipa, beveva un sorso di te’ e poi ricominciava a suonare il suo rubab. Mi diede una dritta interessante, mi disse che se mi piaceva la musica a Kabul c’era un quartiere dove vivevano e lavoravano e insegnavano i migliori musicisti afghani. Spesso suonavano per la strada o nelle chai house e ristoranti del quartiere: Kharabat, nella vecchia Kabul.

Non ricordo quale Khan verso la meta’ del 1800 fece venire alla sua corte di Kabul musicisti dal Kashmir e dal Punjab i quali si stabilirono a Kharabat. Inevitabilmente la loro musica e quella afghana, già da secoli fusa con la musica turca/persiana, a Kharabat si mischiarono creando quel sound particolare est/ovest che era la musica afghana attuale, quella che si sentiva ovunque trasmessa da Radio Kabul: una fusione di melodie hindù, turche, russe, gitane, rajastane, persiane e ragas indiani e perche’ no? canzoni di San Remo sovrapposte alle musiche ipnotiche dei Sufi, il tutto al ritmo di tamburi, tamburelli e tablas con a volte le note di un piffero dal suono di un clarinetto ed un organetto a mano che produceva una melodia di fondo. Si sentiva anche molta musica religiosa e classica. La musica era privilegio degli uomini anche se si sentivano spesso alla radio voci femminili.

Radio Kabul era la radio AM nazionale, abbastanza moderna e trasmetteva in Pashto e Dari ma anche programmi in Inglese e Francese.

L’Afghanistan non finiva di stupire, da una parte c’era l’aspetto affascinante medioevale dell’ambiente dove tutto o quasi era prodotto artigianalmente anche con grande maestria e poi c’era l’aspetto tecnologico come la radio o la televisione, tecnologia comunque appartenente ad un passato prossimo. Era anche un paese informato sul resto del mondo, molti afghani parlavano un po’ di inglese e c’era perfino una fabbrica della Coca Cola, che non ho mai bevuto, ma mi sembra costasse un dollaro. Cara considerando che con due dollari si stava una notte in hotel e spesso ci entrava anche la cena.

Prima di lasciare Kandahar tornai al mercato a trovare il commerciante di hashish. Il polline era buono e pensavo di comprarne ancora un po’. Contento di rivedermi tiro’ fuori diversi pezzi e li mise in mostra sul banco. Praticamente mi fece una lezione di hashishologia. Contrariamente a quel che pensavo l’hashish non era fumato da tutti, anzi in ambienti borghesi di classe media era mal visto o appena sopportato. Forse avrebbero accettato che una persona del loro ambiente facesse un tiro o due ogni tanto per rilassarsi un po’, ma vedevano di mal occhio i fumatori abituali. Li giudicavano inattendibili, imbroglioni, pigri a volte violenti. Davano anche la colpa agli hippies di aver fatto crescere il mercato e i prezzi. Nelle classi piu’ popolari c’era il pregiudizio che l’hashish rendesse pazzi. Molti stranieri che fumavano pensavano che tutto era okay mentre non lo era e molte ragazze giravano vestite come se stessero a Londra, in shorts e magliette scollate mostrando le spalle scoperte e questo suscitava un senso di disprezzo/ attrazione negli uomini, considerando che molte donne afghane giravano coperte dalla testa ai piedi. Ogni droga era proibita alle donne non solo l’hashish ma anche il tabacco e l’alcool per non parlare dell’oppio. Una donna che ne faceva uso era subito giudicata di facili costumi e preda aperta e forse accondiscendente. Noi non avemmo mai problemi, anzi direi l’opposto, siamo sempre stati molto attenti nel rispettare gli usi locali, ma non era il nostro primo viaggio in un paese musulmano quindi sapevamo gia’ di che si trattava. Siamo sempre stati ben accolti e considerati ospiti.

Hashish in Pashto si dice Chars ma ci sono molti altri modi di chiamarlo, e i fumatori di hashish venivano chiamati Charsi. Non ho mai capito se il termine Charsi avesse anche uno svolto dispregiativo, forse si e per loro molto probabilmente io ero un Charsi. Il Corano comunque non eproibisce fumare, come e’ invece proibisce bere alcool, quindi viene permesso. Bisognava considerare anche che pur essendo l’Afghanistan un paese musulmano il Buddhismo aveva

lasciato un’orma molto profonda che dava agli afgani un’aria di “vivi e lascia vivere”, ma forse era solo un’impressione.

Sul banco il mercante aveva messo in mostra vari pezzi di hashish. Il famoso Nero Afghano, che tanto piaceva in Europa da Roma ad Amsterdam, non veniva chiamato cosi’, ma veniva chiamato secondo la regione di provenienza. Come il vino in Italia anche l’hashish in Afghanistan aveva le sue qualita’ e localita’ DOC.

Il migliore era generalmente considerato il Mazari della provincia di Balkh, nel nord del paese. Pero’ il parere del commerciante era che il nero di Shirak, a nord di Kabul, era superiore e piu’ caro e difficile da trovare per la grande richiesta interna e la minor produzione. Forse era una scusa per vendermelo ma effettivamente era migliore. Mi mostro’ tutti e due, con un coltello taglio’ un pezzo di ognuno per vederne il colore all’interno. Il Mazari tendeva al marrone, il Balkh al verde. Se volevo risparmiare c’era il nero di Logar, una provincia a sud di Kabul, il prezzo era molto inferiore ma ovviamente anche la qualita’. Comprai un pezzo di Mazari e uno di Shiraz piu’ un po’ di polline. Il mercante tiro’ fuori la sua bilancia da Ali’ Baba’ e i Quaranta Ladroni e peso’. Prezzo totale 2 dollari per 10 grammi.

Ci mettemmo in viaggio verso Kabul. Non gliela avremmo fatta in un giorno solo cosi’ me la presi comoda. Ogni tanto ci fermavamo a fumare lungo il fiume che scorreva alla destra della strada. A sinistra c’erano montagne e colline aride e pietrose. Sulla riva del fiume c’erano sempre betulle, pioppi e erba fresca su cui sdraiarsi a mangiare il melone e pane e formaggio comprati al mercato. A una fermata fumavamo un po’ di Mazari ad un’altra dello Shiraz. Ad un certo punto arrivo’ la notte e decidemmo di fermarci a Ghazni alla prima chai house per mangiare bere te’ e dormire.

La chai house era fatta a forma di L e noi ci eravamo sistemati nel lato piu’ corto dove dopo cena contavamo stendere i sacchi a pelo e dormire. L’ambiente era molto silenzioso, gli afghani non parlano quando mangiano. Anche li’ la gente era seduta sui tappeti in circolo mangiando Pulao da un piatto in comune. Stavamo mangiando il Pulao anche noi quando fuori si fermo’ un pulmino Volkswagen arancione.

Entrarono due ragazzi capelli lunghissimi e una ragazza. Si guardarono intorno e si vennero a sedere vicino a noi. Solite domande, di dove siete dove andate etc etc. Risultarono essere gli italiani che erano al Khyber Hotel la sera prima arrivati in Afghanistan da un paio di giorni, praticamente non si erano fermati mai da Milano a Kandahar e ora stavano andando a Kabul.

Quando entrarono tutti gli afghani si girarono a guardare incuriositi. Per gli afghani qualcosa non quadrava ma l’afghano sa farsi gli affari suoi quindi la curiosita’ duro’ un minuto e poi ripresero a mangiare in silenzio. Cio’ che non quadrava era che fossero due uomini e una donna. Di chi era la donna? Perche’ la donna e’ sempre di qualcuno. O era di tutti e due?

I tre erano un po’ bruschi e rumorosi. Uno di loro comincio’ a chiedere cosa c’era da mangiare mettendosi le dita in bocca e l’afghano disse qualcosa in Dari e l’altro rispose in italiano. Certo non si capivano ma si guardavano uno nervoso e l’altro rilassato. Finalmente capi’ che c’era solo il riso al pollo e si sedette con gli amici . Dopo un po’ arrivo’ il vassoio comune col il pulao e il pane e l’uva. Cominciarono a mangiare il pane ma non il riso. Ad un certo punto uno disse Ma che dobbiamo mangiare con le mani? La cosa non piacque al nervoso che comincio’ a chiamare l’afghano ad alta voce chiedendo una forchetta … fork, fork.. diceva in inglese facendo segno con la mano. L’afghano tiro’ su le spalle come per dire niente forchetta, mangia con le mani. La scena era esilarante perche’ il tipo insisteva con la forchetta e l’afghano restava immobile a guardarlo finche’ si giro’ e spari’ in fondo al salone. Ormai l’attenzione era tutta su di loro. La ragazza ed l’altro amico avevano cominciato a mangiare con le mani ma il terzo aristocratico si rifiutava. Dal fondo della sala ricomparve l’afghano silenziosissimo e con un inchino ed un ghigno offri’ al tipo una forchettina di plastica bianca che chissa’ dove l’aveva trovata. Tutti gli afghani si misero a ridere trovando la cosa molto comica come se fossero tutti

complici della presa in giro. Dopo cena ci salutammo, risalirono sul pulmino arancione e sparirono nella notte. Ne avrei sentito parlare in futuro.

  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0
  • 0

I miei articoli

BREVE STORIA DEL PRIMO MAGGIO

    La Giornata internazionale dei lavoratori viene commemorata ogni 1 Maggio dalla sua istituzione nel 1889 dal Congresso Socialista dei Lavoratori della Seconda Internazionale.  Le

continua a leggere »

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

The maximum upload file size: 2 MB. You can upload: image, audio, video, document, spreadsheet, interactive, text, archive, code, other. Links to YouTube, Facebook, Twitter and other services inserted in the comment text will be automatically embedded.